giovedì 15 febbraio 2018

La bulimia era un alibi



Continuando il percorso che sto facendo per tornare a ‘casa’, nella mia anima, sentivo sempre più forte il bisogno di affrontare il problema alla radice e provare a cercare l’origine del malessere che mi ha portato a rifugiarmi nella malattia dei DCA per 20 anni.
Fin da bambina mi sono creata una realtà ‘mentale’, l'amore dei miei genitori mi ha tenuta legata a terra, però come un palloncino non riuscivo a stare nella Vita, a sentirmi parte dell'Universo... c'ero ma in una mia dimensione... ‘nella testa’... finché sono andata all'asilo e alle elementari è andato abbastanza bene... l'impegno e le relazioni erano limitate... poi però la ricerca di identificarmi in qualcuno... ero rigida mi imponevo dei comportamenti imitando gli altri, non riuscivo a capire come si ‘doveva’ fare per avere amici, ridere, scherzare, anche piangere, emozionarsi... vivere.
Che fossi particolarmente sensibile l'avevano capito tutti, tranne me... così è continuata la separazione dalla realtà, dal mio corpo e l'evitamento delle emozioni di qualsiasi tipo... vedevo gli altri migliori a prescindere... i capelli di una compagna, i gesti di un'altra, il camminare in un modo e continuavo a cercare ruoli...
Cominciando a prendermi cura di me e ad amarmi, ho trovato finalmente il coraggio di guardarmi dentro, prendere contatto con me stessa, e provare, con estrema paura, a ri-sentire quel vuoto che era tutta me stessa.
Stavo e sentivo vuoto… una voragine nera… paura, panico…. avvertivo me piccola piccola. Ferma, immobile, tutta rigida, incapace di muovermi, paralizzata dalla paura, paura pura.
Non dolore o sofferenza, ma paura.
Ho percepito perfettamente il desiderio provato di tornare nella pancia della mia mamma e ho sentito rabbia nei suoi confronti perché facendomi nascere mi aveva... rifiutata, spinta fuori…. scaraventata alla vita... e non c'era ad abbracciarmi (le avevano fatto il cesareo e per qualche giorno sono rimasta sola)... mi è mancato il suo calore immediato, il suo abbraccio, il contatto con la mia mamma.
Mi aveva‘gettata’ alla vita e lasciata sola... non sapevo dove fosse avevo paura.
Quell'abbraccio immediato così importante, quello mi ha pietrificata…. non c'è stato. Il suo darmi alla Vita l'ho vissuto come un abbandono, come se mi rifiutasse, non mi voleva più dentro di lei, al caldo protetta e sicura, amata, legata fisicamente a lei.
Per questo ogni difficoltà è senso di abbandono, ogni dolore una paura che non sapendo gestire giustifico come fosse una mia colpa, per insicurezza mi identifico come la responsabile e fa meno paura dell’idea di non essere voluta.
Quando cercavo il trauma che giustificasse l’onta che sentivo…. immaginando mille cose terribili....non c'era niente... allora ho allontanato lo sguardo, ho guardato più da lontano e ho visto che quel vuoto non era enorme, l'addome di quello spirito famelico non era enorme e il collo non era troppo piccolo da impedirgli di saziarsi, era solo una dispercezione. Come quando mi fissavo i fianchi e li vedevo enormi rispetto a tutto il resto... non sono uno spirito famelico con un ventre enorme, il mio vuoto è quello che può contenere una bambina che ha solo tanta paura di crescere e cerca un manuale di istruzioni perché per i primi giorni non ha avuto la mamma ad abbracciarla e a rassicurarla e si è spaventata irrigidendosi e impedendo così all’amore, alla comprensione e a tutte le cose tenere di arrivare a lei.
Non ho un'onta da scontare....
Ho capito che ‘l’onta’, la vergogna era la bulimia ed era un alibi che mi raccontavo... non è diverso dall'anoressia, è un sintomo ma mi stavo di nuovo identificando... avevo di nuovo bisogno di un ruolo, perché non so chi sono, e un alibi per rimandare ancora il momento di accettarmi con le mie fragilità e ammettere che posso crescere da qui e ora... senza rimandare! La paura di Vivere è ancora talmente tanta che trovavo un ulteriore scusa con me stessa... non posso crescere, non sono degna, ho un'onta, non posso farmi amare, chissà poi cosa succede se mi lascio andare... ecco il problema della bulimia... accettare che ho saputo lasciarmi andare dopo anni di restrizione e di regole rigide che non erano me stessa, erano identificazioni in ruoli che creavo perché avevo paura e non sapevo come si faceva a essere semplicemente Micaela... invece ora vedo quel periodo come la dimostrazione che posso anche io lasciarmi andare, ma con equilibrio e in modo salutare... lasciarmi andare alla Vita!
Sel'anoressia mi dà idea della capacità che ho di essere forte e sapere stare alle regole, la bulimia è potermi lasciare andare…alle emozioni anche provare piacere, come tutti, nella felicità ordinaria... con la giusta misura, in armonia... Non vedo più la bulimia come vergogna, ma come un sintomo analogo all’anoressia, ho sofferto di entrambe... e per la PRIMA volta ho il coraggio di parlarne....
Non c’è un'onta nella mia vita, qualcosa da dover scontare o un dramma da scovare.... forse semplicemente una serie di situazioni mi hanno portata a vivere come un palloncino per aria, tenuta per fortuna dall’amore di mamma e papà... che ora sento tutto.
Non è facile ammettere con me stessa questo...
E' un po' una delusione non avere una 'motivazione' (di nuovo un 'ruolo in cui etichettarmi')... se non una estrema paura di vivere, una ricerca del manuale di istruzioni della Vita, che forse era tutto in quel mancato abbraccio alla nascita...
Forse per me non ci vogliono anni di percorso per vedere dentro e capire qualcosa di nascosto... ci vorrà tanto tempo per trovare gli equilibri, imparare ad ascoltarmi, sentire cosa mi fa stare bene... essere anche ironica delle mie debolezze... so che tendo a identificarmi per sentirmi sicura... ma avendone coscienza è già qualcosa a cui prestare attenzione... posso tenermi un palloncino in casa per ricordarmelo.
Ho anche pensato che brutta figura... non ho un trauma, un'onta, un'etichetta..
Ma cosa devo dimostrare? E a chi? Anzi per fortuna ... se poi mi sto sbagliando e sentirò che c'è altro chiuso nel cuore, verrà fuori... dai nodi non si scappa quando cominci a essere ancorata a terra... e ora lo sono! Ci sono, qui nel mio corpo, e questo per me è già una VITTORIA... non penso più al risultato, a vivere il ruolo perfetto, a fare felici gli altri, la felicità è dentro, come per tutti, e la sento... tutto viene di conseguenza...
Il manuale per essere Micaela è tornare a casa ed essere semplicemente me stessa, ascoltarmi e accettarmi come sono, senza aggiungere o costruire cose nuove, ho tutto dentro… posso aggiungere cultura, esperienze, persone ecc ma questo è crescere non aggiungere al mio essere, c'è già tutto così come deve essere... trovare un equilibrio nella mia integrità e farlo con gli altri, in mezzo agli altri non nel mio palloncino... ma nel mio corpo.... nella Vita ordinaria, e continuando a curare l'anima, ad amarmi con equilibrio e saggezza alzare ogni tanto lo sguardo e avere una visione d'insieme...
Insieme agli altri perché non mi devo vergognare di nulla! e tutti possono aiutarmi a non tornare nel palloncino… perché nessuno si salva da solo!

Micaela

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