lunedì 17 settembre 2018

Il peso della leggerezza


Reputo che un cambiamento interiore debba essere accompagnato da un cambiamento esteriore. Che sia nello sguardo, con quel nuovo bagliore negli occhi, o con la sua perdita. Oppure nel tono di voce, ora vivo e attivo, ora spento e dimesso. E vi è un cambiamento a livello fisico. 
Ho fatto dei miglioramenti nell'ultimo periodo, e li chiamo miglioramenti perché mi sento e mi vedo meglio, su questo non c'è dubbio. Ho più forza per affrontare le lezioni di danza e dare il massimo per sentirmi appagata, e comincio a capire quando la mia fame è fame nervosa o solo pura e semplice fame. 
C'è un ma. 
Guardarmi e sentirmi in un corpo diverso, non necessariamente ostile, solo diverso da come l'ho conosciuto negli ultimi anni. Mi ripeto, é un bene, visto che un nuovo riflesso significa una nuova Elisa, un'Elisa che sto costruendo a fatica giorno dopo giorno. 
È un bene che non riesca più a stringermi il braccio o la coscia in una mano, o che non mi si notino più tanto le ossa delle spalle. Una piccola, direi microscopica parte di me però si sente disorientata, confusa, estranea in casa sua. Questo è il motivo per cui appena vedo la bilancia e penso di pesarmi, mi viene un groppo in gola ed abbandono subito l'idea, perché non so davvero che reazione potrei avere, e nel caso fosse negativa non voglio permettermi di buttare all'aria quel poco che ho conquistato, o se non altro quella carica che mi sta facendo tener duro nel mio percorso. 
Perché ci sentiamo così? Perché siamo terrorizzati dall'idea di stare bene? 
Ieri l'ho capito. 
Confondiamo il concetto di stare bene con quello di dimenticare ciò che abbiamo passato. "Ottimo, ora sono normopeso, normo è normale, sono tornato normale" 
E prima cos'ero allora? 
Sottopeso, schiacciato dai miei demoni, sommerso dalle mie angoscie e paure. 
Ma la domanda principale è: il dolore che ho provato era reale, oppure adesso che sto bene si è cancellato, è come se non fosse mai esistito? No. 
Dobbiamo essere onesti con noi stessi, ricordate? Quello che ognuno di noi ha vissuto è stato reale, altroché, altrimenti mi viene da pensare che non ci ritroveremmo in questa situazione. Siamo stati male, e nessuno può dire il contrario. 
Qui arriva il punto di svolta, un pensiero che non é superficiale ma, come direbbe Calvino, è "leggero": siamo disposti a sacrificare il futuro per un cazzo di passato che un futuro non ce l'ha?? 
Se mi chiedete come riesco ad andare avanti, come faccio ad accettare il normopeso, ebbene questa è la mia risposta. Sto accettando un nuovo futuro e sto accettando una nuova Elisa che sarà apprezzata e, perché no, amata per ciò che ha da offrire, e non per quello di cui ha bisogno.

Elisa

 

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