mercoledì 27 febbraio 2019

Mai demordere!



Ciao, mi chiamo Ilaria, sono una ragazza di 21 anni di Venezia.

Sono qui per testimoniare e raccontare la mia storia….

Tutto è iniziato quando avevo 17 anni, forse avevo qualche chilo di troppo, perché non sapevo di avere già problemi alimentari (fame nervosa).

Sono sempre stata una ragazza solare, ma per colpa del bullismo il mio carattere e cambiato radicalmente, ho costruito una maschera per difendermi, ero forte fuori ma dentro fragile.

Poi è crollato tutto, e la mia fragilità ha preso il sopravvento, portandomi a un peso di 40 kg nel giro di pochi mesi.

Oltre al problema alimentare, ho avuto problemi psichiatrici, voci che mi dicevano di non mangiare e di morire, portandomi a una grave depressione.

Per mia fortuna la mia famiglia ha subito capito la gravità della cosa…e ha contattato subito un centro DCA, che mi ha seguito per i primi mesi in ambulatorio senza risultati…cosi dopo tre mesi e mezzo di attesa sono entrata in un centro/comunità. E ci sono rimasta sei mesi e mezzo, è stata dura ma piano piano ho ripreso a vivere.

Spero che la mia storia aiuti tutte le persone che soffrono come ho sofferto io.

Il percorso per la guarigione è lungo con alti e bassi, ma non si deve mai demordere!!!!

E’ tutto in salita, si!!! L’importante è avere vicino una famiglia che ti aiuta e crederci sempre fino alla fine…


Ilaria Vanzan

 

domenica 17 febbraio 2019

Ognuno di noi è prezioso



Carissimi amici,
vi ringrazio per la grande occasione che mi date permettendomi di raccontare la mia testimonianza: è davvero importante per me ricordare un periodo così pieno di dolore, di lotte ma anche di rinascita. Proprio così: rinascita!!!! Vorrei testimoniarvi che non è assolutamente vero quello che, spesso, si sente dire alla televisione e cioè che non sia possibile uscire dall’anoressia nervosa: il mio scopo è, invece, quello di mostrarvi che non solo dall’anoressia si può uscire ma anche che le ferite, il dolore, la sofferenza diventano, oserei dire, una ricchezza, quasi degli occhiali che ti fanno guardare in modo diverso, e cioè in modo più vero e profondo, tutte le persone che si incontrano. 

Fin da bambina ho sempre sentito in me un senso di inadeguatezza: mi sentivo debole, fragile, incapace, mi sembrava di non meritare nulla; alle elementari mi vestivo tutta di un colore, ricordo bene che il mio scopo era quello di non essere guardata, vista; pensavo di non meritare lo sguardo di nessuno. Tutta questa fragilità è scoppiata in terza media quando, senza davvero averne piena consapevolezza, ho iniziato a privarmi anche del cibo. Giorno per giorno, in modo sempre più invadente, nella mia mente ha preso piede la voce perfida dell’anoressia che mi comandava a bacchetta: non so come mai, ma non riuscivo ad oppormi a tutti quei pensieri che mi dicevano, fondamentalmente, che facevo schifo e pensavo che solo dando loro seguito avrei finalmente trovato la pace. Invece, il dar retta a quei pensieri mi ha condotta in una gabbia, al cui solo pensiero ancora oggi sento una forte paura; una gabbia che si figurava come piena di sicurezze contro la grande paura che, invece, mi  faceva la vita ma che, in realtà, distruggeva la vita stessa: ho iniziato ad eliminare dalla mia alimentazione sempre più cibo fino ad arrivare a mangiare un pomodoro e due fette di cetriolo al giorno. Con dolore ricordo anche la mia iperattività (…) quando non correvo, invece, guardavo libri di ricette, gustando con gli occhi tutto quel cibo che a me era negato. Ricordo, però, in quel periodo di aver letto le cronache di Narnia e di esserne rimasta molto colpita; mi chiedevo: “E’ possibile essere felici come lo erano Lucy, Edmund, Peter e Susan quando stavano assieme ad  Aslan? Esiste davvero un mondo in cui c’è un bene ultimo capace di sconfiggere tutto il male? Capace di rimarginare le nostre ferite?”

Ci si ammala di anoressia non per una questione estetica, non per un capriccio. Si tratta, infatti, di un problema molto più profondo: sono le domande sul significato della vita che vengono coinvolte, è il non sentire il proprio valore, è l’attesa di uno sguardo che ti dica “tu vali; sei preziosa e punto”. L’anoressia è dover essere sempre produttivi, è una gabbia che ti fa sentire sempre sbagliata, sempre in torto, è una voce che ti dice continuamente che sei tu la causa dei mali del mondo. Ma non è l’anoressia ad avere l’ultima parola, cari amici. La prova concreta di questo è che il cuore continua a domandare, a desiderare.
In quel periodo proprio quando la malattia sembrava aver preso possesso di me al punto da condizionare ogni mia scelta quotidiana, il mio cuore continuava a desiderare, a sperare. Il 9 agosto del 2010, ad un anno dal mio ricovero, ma ancora nel pieno della lotta, scrivevo: “Ho voglia di cantare canzoni di montagna, e di andare in gita. Ho preso un libro che riporta le lettere che Lewis scrisse ai bambini. I bambini sono la cosa più bella che esista assieme a queste montagne ed io non vedo l’ora di essere felice, felice come il sole che splende, voglio essere felice come un bambino che fa la merenda, come chi è così felice che canta e non sa perché”. Oppure, durante un altro periodo difficile scrivevo questa lettera a Dio: “Tu che mi vedi, che sai la fatica che sto facendo, Tu che mi capisci, Tu che conosci tutte le bugie che dico per non mangiare, ecco mi rivolgo proprio a Te: ho paura a chiedertelo ma aiuta me,Elena e tutti quelli che soffrono, fa che le persone imparino a voler bene a se stesse, fa che l’anoressia sparisca dalla faccia della terra; ti prego fammi vivere, non sopravvivere!!”

L’11 settembre del 2009 sono stata ricoverata d’urgenza all’ospedale di Padova per “Anoressia nervosa e malnutrizione grave” . Da quel giorno è iniziata la mia lotta contro questa bestia. Sono stati anni di dura battaglia per sconfiggere quei pensieri che mi stavano distruggendo. Ma è stato nel 2012, tre anni dopo il mio ricovero, che ho iniziato a voler reagire pienamente: ricordo di essere andata ad un concerto di canti napoletani di un amico dei miei. La cosa che più mi affascinava era il suo modo di esprimere la bellezza, mi colpiva perché le sue canzoni parlavano al cuore, risvegliavano tutti i desideri, le domande e le paure che avevo nascosto da anni. I giorni seguenti continuavo a ripetermi alcune frasi che mi avevano particolarmente stupita: “Dove reposa? Dove reposa? E’ la bellezza di tutte le cose!!!” oppure “Ma ammore vero no, nun vota vico” che significa “ma l’amore vero non cambia strada”.  Ecco è stato proprio questo che mi ha aiutata a guarire: una bellezza, un bene su di me che non cambia strada, ma mi abbraccia in continuazione, un bene e una bellezza capace di vincere le mie ossessioni.
Dopo il concerto sono diventata amica del cantante, Gianni, che ho scoperto essere un laico consacrato a Dio: la cosa che più mi colpiva era il fatto che mi volesse un bene gratuito, mi stimava e apprezzava senza chiedere nulla in cambio, ricordo di aver mangiato la mia prima pizza con lui. Grazie all’amicizia con Gianni ho iniziato a ritornare a frequentare i miei amici, a camminare assieme a loro, a sostenerci l’un l’altro. Non dico di essere guarita solo grazie alla loro amicizia, perché per sconfiggere l’anoressia è necessario un lavoro personale sostenuto quotidianamente  da medici e psicologi esperti, tuttavia posso affermare che è stato uno sguardo di bene, qualcuno che mi diceva “Non buttarti! Tu vali” che mi ha aiutato a reagire, a ribellarmi contro quei pensieri cattivi che mi stavano facendo buttare via anni preziosi della mia vita.
Io sono cristiana (scusate, non lo dico per creare dei muri o per convincervi ma ne parlo affinché possa risultare più chiaro quello che dico) e la compagnia di questi miei amici, il bene che continuamente mi dimostrano, che io credo essere il bene di Dio, sono state e sono delle armi potentissime contro qualsiasi pensiero che mi vuole ridurre a non avere valore. Stare con questi amici mi ha aiutata e mi aiuta perché loro si prendono il permesso di vivere e di godersi la vita: dallo studio, al tramonto, alla pizza; tutto per loro è un dono. Desidero stare sempre più con questi amici così da poter vivere le cose come un dono, per imparare a perdonarmi e a volermi sempre più bene.

Oggi guardo il mio passato con occhi nuovi: le ferite, il dolore, il senso di angoscia che mi prende, a volte, quando ripenso a quei momenti non hanno la meglio, infatti, sul desiderio grandissimo che ho di andare da tutti a dire: “Guarda che tu sei uno splendore! Io sono contenta che tu ci sia! Tu vali!”. La lotta contro l’anoressia, la scoperta delle cause che mi hanno portata alla malattia mi hanno aiutata ad immedesimarmi maggiormente con gli altri, ho scoperto che spesso dietro al comportamento di ognuno si nasconde un desiderio enorme di essere amato, guardato, stimato, tutti, infatti, ognuno con la sua storia, le sue gioie, le sue ferite, abbiamo nel cuore un’attesa grande di essere amati e di poter fiorire. TUTTI NOI SIAMO FATTI PER FIORIRE!!!!! 

Care amici e amiche, non mollate!! Continuate a lottare per la guarigione, non date ascolto a quelle voci che vi comandano! Vi assicuro è possibile tornare a pranzare senza sentirsi in colpa, è possibile non dover andare a correre ogni giorno! Voi valete più di mille calorie! Voi valete! Il mondo ha bisogno di voi e vi assicuro che la vita senza anoressia è proprio bella! Perché noi siamo fatti per questo: io, voi, noi, tutti siamo fatti per cose grandi!!!
Vi abbraccio con la speranza di potervi incontrare un giorno e fare un pezzettino di strada con voi.
Coraggio! Avanti tuttaaaa!!!!! Io faccio il tifo per voiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!! 

Teresa