domenica 14 aprile 2019

L'A B C sbagliato



Cara Elisabetta, 
in questa fresca serata di silenzio, senza luna e con delle nuvole a disegnare strane figure nel cielo, ti scrivo per dirti che non è stata colpa tua.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. È morto papà, un tumore inguaribile: “E’ volato in cielo”, ti hanno comunicato quella mattina nebbiosa. Freddo pungente. Tu, bimba, che avevi appena imparato a scrivere, hai creduto di esserne la causa. “Pensiero magico infantile”, ti hanno detto anni dopo, ma tu, cerbiatto indifeso quale eri, avevi interiorizzato l'idea di essere portatrice di morte. Impugnata una falce, hai indossato un saio nero e hai ricoperto i tuoi boccoli con un velo scuro: eri la Nera Mietitrice. Hai smesso di parlare, dovevi scomparire.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. È il giorno del tuo decimo compleanno e tua madre, bussando alla porta della camera, dice di avere una sorpresa per te. Illusa e speranzosa, sei uscita dal rifugio, e, subito, tra le sue mani, hai notato un cesto colmo di dolcetti. Freddo pungente. Indossata una maschera, con il ghiaccio al posto del sangue, hai ringraziato sorridendo ed hai accostato le sbarre della tua cella, senza sbatterle, dovevi essere una bambina rispettosa. I tuoi occhi, che urlavano a squarciagola, sono passati inosservati. Avevi fame, di altro. Desideravi un abbraccio. Una pioggia di lacrime amare ha iniziato a solcare il tuo viso.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. Hai aspettato a lungo la fata turchina o un principe azzurro con un cavallo bianco, ma la speranza si è man mano affievolita fino a scomparire. Allora hai accettato caramelle da uno sconosciuto e sei salita sulla giostra. Si sono accese le luci. È partita la musica. Il marchingegno ha iniziato a girare, sempre più velocemente. L'inizio dell’apocalisse. Un frutto del peccato basta per una settimana. Questa è la tua lucida follia. Fai trenta giri del campo e stai meglio.Ti convinci di avere il controllo, ma è il controllo che ha te. Diventi sempre più piccola. Le vertebre pungono. Il maglione che indossi sembra appeso ad una gruccia. Chiudi gli occhi. Ti ritrovi con lo stomaco gonfio. Flash. “Cos’è successo?”. Flash. Non lo sai, vuoi solo liberarti. “Vado a fare una doccia”, dici. Esci dopo un'ora, distrutta.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. In cerca di una parvenza di normalità, vai in giro per negozi e ti sembra di essere al Luna Park. Specchi deformanti ovunque. Ma non sei in un parco giochi, sei nel mondo reale. Lanci un muto urlo disperato. Vuoi scendere dalla giostra, non è più divertente, ma non puoi. Sei incastrata in un incubo. Doveri ed oneri. Obblighi e dettami. Il piacere è negato, abolito. Perdi capelli come perdi amicizie, apri il cassetto e non ci sono più sogni, smarrisci la voglia, la voglia di vivere. “Occupa una piastrella”, ti dici. “Non meriti nulla, sei un peso”, ti ripeti. Inizi a giocare a tris sulle tue braccia.
Cara Elisabetta, ti scrivo per dirti che, sebbene nella tua vita sia mancato il linguaggio dell'amore, non è la soluzione giusta continuare a mendicare attenzioni parlando attraverso il tuo corpo, non è la soluzione giustacontinuare a torturarti in cambio di una mollica di affetto. Tu sei una piuma con il piombo alle caviglie. Tu sei il cigno che riflette elefanti di Dalì. Tu sei la ragazza di cristallo. Delicata e preziosa.
Prenditi cura di te.
Con affetto, te stessa. 

Elisabetta


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