sabato 1 febbraio 2020
I residui della malattia
Il giorno dei miei 17 anni mi hanno obbligata ad affrontarti e il giorno della mia festa ho iniziato a farlo, affrontarti perché ho iniziato, sotto costrizione, a convincermi che dovevo fare qualcosa per debellarti.
Oggi a 20 sono qui a pensarti e non ho passato un giorno senza farlo,perche tu non sei più nelle mie gambe, nella mia pancia o nelle mie braccia, ma i tuoi residui sono costanti nella mia mente e tu sei ancora viva nel mio cuore. Non perché tenga a te come una persona cara, ma perché io sono stata te per alcuni anni, tu sei stata la mia identità, la mia migliore amica e, per quanto nociva possa essere stata la cosa, non potrò mai dimenticarti.
Ti penso perché vorrei sentirmi spesso forte come mi sentivo quando c'eri tu, perché quando l'insicurezza mi mangia vorrei tornassi a darmi la potenza che mi davi, perché quando mi sento solo fallire vorrei ci fossi tu a farmi sentire vittoriosa almeno in un campo, e perché quando qualcosa vibra nel mio stomaco, che sia paura, che sia fame, che sia gioia, io mi sento fragile e bisognosa, mentre tu sapevi annullare ogni sensazione.
So che tutto ciò é sbagliato, ma so anche che conoscere e sentire se stessi é molto più difficile di annientarsi.
Spero con tutta me stessa che un giorno andrai via anche dalla mia mente, che quella piccola me nella foto non sarà più un rimpianto ma solo un dolore superato, ma dal mio cuore non uscirai mai.
G.
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