giovedì 2 luglio 2020

Piccoli passi.



Tutto ciò che emerge durante i laboratori con i familiari è una fonte inesauribile di preziose riflessioni, che nascono da un confronto diretto tra i familiari che stanno affrontando o hanno affrontato un disturbo alimentare vissuto da un proprio familiare, (figlio, figlia, fratello, sorella...) e coloro che hanno vissuto e superato la malattia. Da qui la nostra idea di dare un seguito e soprattutto una forma a tutto ciò che si viene a creare durante questi incontri. Sono riflessioni e condivisioni che provengono da esperienze vissute. Abbiamo pensato possano essere utile non solo a chi ha partecipato al laboratorio, ma anche a coloro che vogliono approfondire e cercano in qualche modo un sostegno per comprendere un po’ di più queste malattie e non sentirsi soli.

La volta precedente, abbiamo toccato varie tematiche. Eccovi il piccolo riassunto dell’incontro.
Abbiamo iniziato ponendo l’accento sul bisogno di ascoltare, anche se non si può intervenire direttamente perché vicino c’è la propria figlia/o. Gli incontri, data la situazione Covid, avvengono in piattaforma, e parlare in questo caso diventa difficile, ci si sente bloccati, innaturali, impossibilitati. Del resto, non è piacevole nemmeno per la propria figlia/o sentire che il proprio genitore parla di lei con altri. E qui, se ci pensiamo bene, è qualcosa che accade a ognuno di noi. Però, questo fa riflettere e fa capire che c’è comunque bisogno di trovare una via di comunicazione. Comunicare è importante per tutti, e, sotto certi punti di vista, il disturbo alimentare è una sorta di comunicazione, un linguaggio che occorre imparare a tradurre per sapere cosa rispondere.
Si è arrivati così a puntare l’attenzione su quanto sia difficile sostenere l’eterno conflitto che si instaura con i propri figli. Certo, i conflitti aiutano a crescere in determinate fasi evolutive...ma quando c’è un disturbo alimentare tutto diventa molto più complesso. La comunicazione diventa a senso unico, e il più delle volte porta a una strada senza sbocco.
Allora, forse più che mettersi un una posizione di conflitto è più importante porsi in una posizione di confronto. Il confronto apre la via a una sorta di dialogo. Ma come fare? Occorre venire in un certo senso a patto con le proprie paure più profonde. Ed è per questo che è importante dare voce a ciò che provoca angoscia, impotenza, solitudine. È importante non chiudersi ma avere la possibilità di poter parlare della propria esperienza, come avviene durante gli incontri, così da poter arrivare a quel distacco che permette poi di confrontarsi con il proprio figlio/a, arginando la forza del conflitto.
Ed ecco arrivare una domanda che spesso ci si pone: ma quali sono i segnali che fanno intravedere la guarigione? Non ci sono specifici segni. Il percorso di guarigione è costituito da tante e diverse tappe, uniche per ogni persona. La guarigione non avviene improvvisamente. Anzi, guarigione e malattia camminano parallelamente per tanto tempo.
Tutto inizia con un solo binario, quello della malattia, poi diventano due...paralleli...malattia e guarigione... e alla fine si uniscono e si ritorna a un solo binario, quello della guarigione. Ciò che fa veramente la differenza durante tutto questo percorso sono i piccoli passi che si fanno ogni giorno.
E allora diventa necessario e fondamentale puntare l’attenzione sui piccoli passi, piuttosto che focalizzarsi su quello che ancora c’è ed è visibilmente presente, poiché la guarigione in realtà getta le sue basi su questi importanti (e spesso sottovalutati) piccoli passi.
Quindi, la parola con cui si conclude il laboratorio e che ci porteremo appresso per tutta la settimana non può che essere: PICCOLI PASSI.

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