sabato 9 gennaio 2021

La mia cicatrice

 

Può sembrare semplice raccontare la propria storia, il proprio passato; più complicato iniziare…  Le prime parole sono sempre le più difficili da scrivere. Infatti, ho perso il conto di quante volte ho cancellato e riscritto tutto questo, quante volte sono rimasta ferma a fissare il vuoto perché non trovavo parole.

Ho vissuto anni della mia vita senza più ricordare cosa volesse dire provare delle emozioni, senza più ricordare la forma di un sorriso, il suono di una risata o il calore di un abbraccio ricevuto. Ho distrutto il mio corpo, odiato, massacrato. Ho passato mesi infiniti rinchiusa in pensieri che riguardavano soltanto cibo e calorie. Il resto non esisteva.

Passavo le giornate rinchiusa dentro casa, davanti allo specchio, a pesarmi infinite volte il giorno pensando che quel numero potesse definirmi, rendermi bella. Ad oggi so che quel numero non sono io, io sono Chiara, la ragazza che sorride sempre, sono le emozioni che provo, gli abbracci che ricevo e i sorrisi che sono. Sono tutto ciò che l’anoressia mi ha tolto lasciandomi soltanto il vuoto e la voglia di morire.

Non so esattamente quando è cominciato, ne tanto meno come perchè i ricordi schiariscono, fuggono via e talvolta arrivano solo dei frammenti. Come se il mio cervello avesse cancellato i brutti ricordi da dove tutto è cominciato e faccia fatica a ricordare. Ricordo bene però, la disperazione con cui ho vissuto quegli anni e la disperazione prima di intraprendere con decisione un percorso di cura che mi permettesse di farmi tornare di nuovo il sorriso. Quella decisione mi ha fatto guardare in faccia la realtà e mi ha permesso di capire che c’era qualcosa di profondamente doloroso che mi lacerava dentro e  qualcosa  bisognava cambiare: ricominciare.  Così ho ripreso in mano la mia vita consapevole del fatto che questa esperienza mi ha reso una persona più forte, piu sicura e perche no, più bella.

Mi ricordo di essermi sempre sentita, nonostante l’età, inadeguata nelle situazioni, sbagliata, incompresa. Ho iniziato a sentirmi insicura in tutto ciò che facevo, inacetata, negativa in ogni cosa, ma soprattutto troppo severa con me stessa. Sentivo che mi mancavano certezze, e questa mancanza ha portato a sentirmi una persona insoddisfatta della mia vita, a riempirmi di pensieri negativi fino a suscitare in me una piccola depressione. Mi sentivo vuota dentro e cercavo di isolarmi dal resto del mondo perché restare da sola mi faceva sentire a mio agio e non potevo nascondere il mio malessere, ma soprattutto non dovevo fingere un sorriso. Questo mi permetteva di focalizzarmi su un unico pensiero: “Devo dimagrire” e di non pensare ad altro. (Ad oggi so con certezza che quel “devo dimagrire” non era riferito al corpo, ma alla mostruosità di quello che avvertivo dentro di me a livello emotivo e che non riuscivo a dare un nome, e tutto era più facile spostare i pensieri su numeri, sull’ossessività del proprio corpo… era diventata la mia sopravvivenza, senza quell’appoggio non sarei riuscita a sopportare l’estremo dolore che provavo dentro).

Le persone attorno a me non riuscivano a comprendere il mio mondo perché era troppo incomprensibile, e io stessa ignoravo l’argomento. Ho iniziato a vedermi male allo specchio, non accettavo ogni parte del mio corpo, per questo dovevo punirmi perche io dovevo essere perfetta. Ho iniziato ad essere più legata al cibo, come se il cibo fosse diventato in quel momento l’unica cosa capace di farmi stare bene, era un qualcosa che solo io potevo controllare. Ogni volta che mangiavo, appena i miei genitori uscivano di casa mi mettevo a fare qualcosa per cercare di smaltire quelle poche calorie che avevo ingerito e salivo troppe volte sulla quella odiata bilancia, fino a diventare una vera ossessione. In quel momento non sapevo cosa stessi facendo perché non mi rendevo conto della situazione che mi stava sfuggendo di mano, e non avendo più una sicurezza di niente, l’unica sicurezza di cui potevo essere certa era il cibo che portavo alla bocca, io dovevo controllare il cibo e mi ero posta degli obblighi, obblighi che alla fine sono diventati delle ossessioni: mangiavo il cibo che mi ero imposta il giorno prima, tagliavo il cibo in parti uguali e il cibo doveva essere posizionato in un certo modo, ma soprattutto doveva essere caldo. Dentro di me avevo il freddo e il cibo era l’unica cosa che fosse in grado di scaldarmi. Dopo mangiato andavo subito a pesarmi di nascosto e andavo a guardarmi allo specchio per vedere se ero dimagrita o ingrassata e davanti a quello specchio ci passavo le giornate, fino a quando ho iniziato ad avere una percezione distorta del mio corpo. Il cibo era diventata la mia dipendenza, la mia ossessione e mi sentivo potente nel momento in cui rinunciavo a mangiare e arrivavo alla sera con il senso della fame.

Mi sentivo leggera, vuota e percepivo nello sguardo dei miei genitori la paura, il terrore, e il senso di impotenza che non gli faceva dormire la notte. E questo mi faceva stare ancora più male perchè io in quel momento mi rendevo conto di quanto soffrivano nel vedermi, ma non ero capace a reagire o parlare. E soffrivo anch'io. Tante bugie, fiducia che inizialmente ho cercato di dargli ma che infondo non sono mai riuscita a dargli perché i miei pensieri su cio che non dovevo mangiare erano più grandi di qualsiasi altra cosa e più grandi dell’amore che i miei genitori mi stavano dando. Ho sofferto con loro in silenzio perche non avevo più la certezza che il giorno seguente sarei stata ancora in vita.

In quel momento scrivevo, scrivevo per mettere nero su bianco ciò che non potevo urlare al mondo perche nessuno sarebbe mai riuscito a capirmi: “Mi sento persa, mi sembra di navigare in un mare tempestoso e disperso, senza luce. Perche la luce l’ho spenta io. Vedo gli altri che con tutta fierezza mangiano di fronte a me un pezzo di torta o qualcosa che io non sono in grado di buttare giu e nel mentre penso con tutta tristezza che quel morso al quel pezzo d torta non potrò mai darlo. Non riesco a trovare la serenità, alterno giorni di rabbia e tristezza, troppi pensieri che mi uccidono la mente, troppe pressioni alle mie spalle e troppi occhi puntati addosso che mi soffocano. Non riesco ad essere felice, ma che cos’è la felicità? Non riesco a sorridere nemmeno se mi sforzo, non riesco a stare senza pensieri e il mio cervello è attaccato costantemente a qualcosa che mi genera ansia, angoscia e affanno, e sento che presto impazzirò perché non ce la faccio pù.”

Molti non sanno tutto quello che c'è dietro ad una semplice parola, o meglio, molto spesso viene sottovalutata, e lo ammetto io stessa prima di ciò ne sottovalutavo.. poi le cose cambiano e la vita ti mette di fronte a certe esperienze.

Sono poche le cose certe che ho imparato dalla vita: la prima sicuramente è che ogni momento, bello o brutto che sia passa, non si sa come ma passa e sta un po a te decidere come farlo passare.  La seconda è che a volte la vita fa davvero paura e la terza che le cose più belle sono quelle inaspettate che credevi fossero negative all'inizio. Con cio voglio dire che so esattamente come ci si sente quando non sai come rialzarti, quando ti manca l'aria e ti scoppia la testa di pensieri negativi. Fa paura l'idea di amarsi, di rispettarsi ma è proprio da li che inizia piano piano la svolta, con tanta, tanta fatica.

Questa è la mia cicatrice, a volte brucia ma so che non può riaprirsi.

 

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