venerdì 5 novembre 2021

Come spiegare a un bambino piccolo perchè la sorella o il fratello hanno smesso di mangiare - Laboratorio del 2 Novembre.

 


In questo momento mi trovo in difficoltà a riportare le tematiche del laboratorio poiché è stato un incontro talmente intenso a livello emotivo che mi è difficile riuscire a descrivere a parole le emozioni emerse, poiché sembra quasi di diminuirne e smorzarne il loro valore. Tutto è cominciato da una domanda: “ come può un genitore, che ha un figlio piccolo, spiegargli quello che sta accadendo alla sorella maggiore che soffre di una malattia del comportamento alimentare? ”

E’ una domanda complessa perché di solito ci si focalizza maggiormente sulla sofferenza che colpisce il figlio o la figlia portatrice del sintomo, dimenticandosi del disagio che può provare un fratello o una sorella che indirettamente ne sono comunque coinvolti. Come spiegare ad un bambino piccolo perché la sorella o il fratello hanno smesso di mangiare? Come proteggerlo dalla presenza della malattia? Sono tematiche complicate, perché vanno a comprendere non solo il rapporto che esiste tra fratelli e sorelle ma anche l’aspetto educativo e di crescita del figlio o della figlia che sono in tenera età o in adolescenza. Un bambino piccolo fa fatica a comprendere ciò che rappresenta una malattia del comportamento alimentare. Risulta difficile per noi adulti, possiamo immaginare quanto sia ostico per lui. Ciò su cui dobbiamo riflettere non è tanto cercare di dare una spiegazione su quella che è la dinamica della sintomatologia alimentare, quanto rispondere alla domanda, che, anche se è formulata attraverso ciò che sta accadendo alla sorella o al fratello, rappresenta una richiesta di aiuto. O meglio, attraverso quella domanda il bambino sta chiedendo alla propria mamma o al proprio papà di essere ascoltato, rassicurato, di non essere lasciato solo ad affrontare quelle emozioni che quella situazione “ anomala” suscita in lui. 

I bambini non conoscono filtri, sono l’immagine esatta della spontaneità e della naturalezza e rimangono destabilizzati di fronte a un comportamento come quello della patologia alimentare. Un genitore in questi casi deve prima di tutto non colpevolizzarsi per quella situazione familiare venutasi a creare, accogliendo quella domanda svuotandola del linguaggio focalizzato sul cibo e riempiendola invece del linguaggio focalizzato sulle emozioni: “ Tua sorella in questo momento ha paura, e quando si ha paura, è difficile riuscire a mangiare”. E cosa fare quando qualche volta il bambino piccolo subisce direttamente la rabbia del fratello o della sorella maggiore? Un tale comportamento non può ovviamente passare inosservato, ma è inutile rimproverare il figlio o la figlia artefice di quel gesto rabbioso, poiché esso non è che la manifestazione esplicita della malattia. Quando però capita un momento di tranquillità, si prova a parlarne con il responsabile o la responsabile di quell’azione, cercando di evidenziare come sia sbagliato sfogarsi in quel modo. Parlarne aiuta non solo a rielaborare l’accaduto, ma soprattutto permette di far emergere le emozioni collegate a quel gesto. Per quanto riguarda il bambino piccolo che ha subito quegli insulti rabbiosi, si può ad esempio andargli vicino, abbracciarlo, spiegandogli che in quel momento, trasformandosi in una sorta di pungiball, ha aiutato il fratello o la sorella a tirare fuori quella paura che sentiva dentro. Questo serve a sdrammatizzare e ad alleggerire l’accaduto trasmettendogli soprattutto amore, comprensione e protezione. 

Spesso non si pensa quanto una famiglia sia lasciata sola ad affrontare queste dinamiche familiari che nascono dalla presenza della malattia del comportamento alimentare. Il sintomo viene visto come un nemico da espellere e non come portatore di un cambiamento. In questa fase è importante che la famiglia venga sostenuta per accettare questo messaggio che la patologia sta inviando, affinché insieme si possa gradualmente accogliere questa richiesta di trasformazione. Come è stato accennato nel laboratorio precedente, un genitore vorrebbe che la malattia sparisse immediatamente restituendogli il figlio o la figlia esattamente come erano prima della sua comparsa. Ma questo è impossibile. Impossibile perché guarire significa anche distaccarsi dal vecchio legame familiare, che non vuol dire rinnegarlo o abbandonarlo. Tutt’altro. Significa al contrario, instaurare una nuova relazione con la propria famiglia. 

Una mamma ha raccontato di come il figlio si fosse allontanato perché spaventato dalla patologia alimentare della sorella. Per anni si era rifiutato di incontrarla e di parlarle. La madre ha dovuto fare un lungo lavoro su se stessa per trasmettere al figlio un modo differente di guardare la malattia e quindi il proprio legame fraterno. Cambiare lo sguardo è essenziale. Chi soffre di una malattia del comportamento alimentare non comunica con le parole, comunica con lo sguardo. È un concetto già accennato in diversi laboratori, ma che va sempre evidenziato. La malattia costringe tutti i membri di quel nucleo familiare a mettersi in discussione e a lavorare su se stessi per ricostruirsi come famiglia.

Una mamma ha condiviso la difficile situazione che sta attraversando. Se per un momento aveva intravisto la luce della guarigione della figlia, questa si è improvvisamente spenta, gettandola in quel baratro che credeva di avere oramai superato. Emozionanti sono state le parole di sostegno di un’altra mamma che, raccontando il percorso di cura della figlia, caratterizzato da tante rovinose cadute e ricoveri, ora è guarita. Sono state parole che hanno saputo trasmettere conforto, vicinanza, comprensione e soprattutto speranza. Non esiste una guarigione indolore. La malattia del comportamento alimentare costringe tutti i membri familiari ad affrontare la propria sofferenza, a rimettersi in gioco, a guardarsi nel profondo. Stasera si è percepita la forza che nasce dall’unione condivisa dei genitori. Quanto la loro diretta esperienza possa essere un sostegno fondamentale per coloro che stanno attraversando quei momenti difficili che inevitabilmente accadono durante un percorso di cura. Solo chi ha vissuto determinate situazioni sa arrivare in modo diretto al cuore dell’altro, e l’emozione che fa emergere è un’emozione che nutre, riempie, arricchisce e crea unione.

La frase della settimana: COME SPIEGARE A UN BAMBINO PICCOLO PERCHÉ LA SORELLA O IL FRATELLO HANNO SMESSO DI MANGIARE?

1 commento:

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