mercoledì 11 novembre 2015

Ritornare a vivere



Sorridere, amare, gioire… che bello sarebbe se potessimo - a comando - decidere il sentimento o l’emozione su cui volerci sintonizzare! Purtroppo non è così semplice! Neppure le più belle favole narrano di storie unicamente positive, infatti dietro un lieto fine spesso si celano tormentate vicende. Ebbene… è così che voglio credere che sarà la mia vita: forse la tempesta che vivo ogni giorno, ormai da anni, è solo il naturale percorso che serve e che prelude un magnifico finale. È vero, è difficile credere costantemente a questa ipotesi; non sempre riesco ad essere coerente con le mie idee, ma per fortuna in mezzo a tanti - troppi - momenti di negatività e pessimismo a volte si fa largo un piccolo spiraglio di luce che chiamo speranza e che mi permette di andare avanti nell’attesa che prima o poi qualcosa cambi nella mia vita - o meglio, nella mia mente - e che magari un giorno svegliandomi riuscirò a guardarmi con occhi nuovi. Si, perché è tutto lì il problema: non tanto l’immagine riflessa allo specchio, quanto invece il filtro dei miei occhi; un filtro “arrugginito”, distorto e da sostituire… un filtro che mi fa vedere solo il peggio, il brutto, il nero di un’immagine che di per sé sarebbe invece un arcobaleno di colori.
Convivere quotidianamente con le proprie sensazioni non è mai semplice; non lo è per la gente comune e men che meno lo è per me, per noi, per tutte quelle persone che vivono, soccombono o lottano contro un disturbo alimentare. Come si può aver voglia di fare qualcosa quando nella tua mente continua a martellare l’idea di te che non vali niente!! Credo che per molti di noi sia proprio da questo disagio e senso di inferiorità rispetto al resto del mondo che nasce il bisogno di sentirsi unici, forti, di assumere il “controllo” sull’unica cosa che possa dipendere da noi: il cibo, il peso… il nostro corpo! Ci nascondiamo erroneamente dietro la convinzione che il cibo è il nostro primo nemico o, al contrario, il nostro unico amico e in un caso piuttosto che nell’altro, finiamo esclusivamente col farci del male. Sì… perché è inutile dire che il problema alimentare, in qualunque modo esso si manifesti, non può che arrecarci dolore - fisico e mentale - lasciandoci cadere in un baratro, sempre più giù, sempre più lontano dalla realtà e da ciò che sarebbe giusto perseguire; eppure, esso assume un aspetto tanto “amichevole” nei nostri confronti da farci sentire al sicuro quando ci sta accanto: il problema alimentare, diventa il nostro fedele compagno di vita! Si tratta però di un compagno un po’ “scomodo”: geloso, possessivo, ci vuole tenere solo per sé, ci porta ad isolarci da tutto e da tutti fino a che noi, povere vittime, completamente infatuate da questo “amore proibito”, diveniamo burattini da manovrare a suo piacimento: non siamo più noi ad avere il controllo né della nostra alimentazione né, a lungo andare, della nostra vita. Così, quella forza e quella supremazia che pensavamo di avere all’inizio, finiscono per perdersi strada facendo e nella maggior parte dei casi, ce ne rendiamo conto quando è ormai troppo tardi.
Tante volte, nei miei momenti di lucidità, quando l’ansia, la paura e lo sconforto - ormai compagni di vita - mi danno un po’ di tregua, mi soffermo a riflettere sul motivo per cui la mia vita in un certo momento abbia preso questa brutta piega; perché, nonostante la consapevolezza di quanto stare così mi faccia soffrire, non riesco a dire “basta”, a tirar su le maniche una volta per tutte e ricominciare a vivere.
E dire che ci ho provato diverse volte a guarire!!                                                                                                     Eppure c’è sempre qualcosa che mi blocca nel percorso: per quanto duro esso sia, per quanti passi avanti io riconosca di aver fatto, c’è sempre quel momento di smarrimento che mi fa sentire “sbagliata” nel voler cambiare; e “presuntuosa” nel voler provare a non ascoltare i mille pensieri che incessantemente frastornano la mia mente. E così, in un niente si torna indietro… mesi di sacrifici si perdono in un baleno e prima che io possa accorgermene ciò che avevo riguadagnato mi sfugge di mano, ritornando punto e a capo, nell’ombra più totale. E di nuovo pianto, tristezza, umore depresso… dove va a finire la gioia di vivere? Dove vanno a nascondersi quella forza e quel coraggio che mi inducono ad andare avanti nonostante tutto?
Tante domande… Poche risposte… Ma forse è così che deve andare; forse chi vuole davvero guarire da un disturbo alimentare deve prepararsi ad affrontare un lungo e tortuoso viaggio, dove non si va in prima classe ma probabilmente in autostop; dove non si sosta in un hotel a cinque stelle ma nelle bettole… Tuttavia, fra i tanti viaggi che nella nostra vita avremo la possibilità di fare, quello verso la guarigione resterà di certo il più memorabile e significativo poiché, nel momento in cui saremo arrivati a destinazione, riceveremo il dono più prezioso che sia possibile desiderare: ritornare a vivere, ovvero… sorridere, amare, gioire!

Maria Cognata



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