Sorridere, amare, gioire…
che bello sarebbe se potessimo - a comando - decidere il sentimento o
l’emozione su cui volerci sintonizzare! Purtroppo non è così semplice! Neppure
le più belle favole narrano di storie unicamente positive, infatti dietro un
lieto fine spesso si celano tormentate vicende. Ebbene… è così che voglio
credere che sarà la mia vita: forse la tempesta che vivo ogni giorno, ormai da
anni, è solo il naturale percorso che serve e che prelude un magnifico finale.
È vero, è difficile credere costantemente a questa ipotesi; non sempre riesco
ad essere coerente con le mie idee, ma per fortuna in mezzo a tanti - troppi -
momenti di negatività e pessimismo a volte si fa largo un piccolo spiraglio di
luce che chiamo speranza e che mi permette di andare avanti nell’attesa che
prima o poi qualcosa cambi nella mia vita - o meglio, nella mia mente - e che
magari un giorno svegliandomi riuscirò a guardarmi con occhi nuovi. Si, perché
è tutto lì il problema: non tanto l’immagine riflessa allo specchio, quanto
invece il filtro dei miei occhi; un filtro “arrugginito”, distorto e da
sostituire… un filtro che mi fa vedere solo il peggio, il brutto, il nero di
un’immagine che di per sé sarebbe invece un arcobaleno di colori.
Convivere quotidianamente
con le proprie sensazioni non è mai semplice; non lo è per la gente comune e
men che meno lo è per me, per noi, per tutte quelle persone che vivono,
soccombono o lottano contro un disturbo alimentare. Come si può aver voglia di
fare qualcosa quando nella tua mente continua a martellare l’idea di te che non
vali niente!! Credo che per molti di noi sia proprio da questo disagio e senso
di inferiorità rispetto al resto del mondo che nasce il bisogno di sentirsi
unici, forti, di assumere il “controllo” sull’unica cosa che possa dipendere da
noi: il cibo, il peso… il nostro corpo! Ci nascondiamo erroneamente dietro la
convinzione che il cibo è il nostro primo nemico o, al contrario, il nostro
unico amico e in un caso piuttosto che nell’altro, finiamo esclusivamente col
farci del male. Sì… perché è inutile dire che il problema alimentare, in
qualunque modo esso si manifesti, non può che arrecarci dolore - fisico e
mentale - lasciandoci cadere in un baratro, sempre più giù, sempre più lontano
dalla realtà e da ciò che sarebbe giusto perseguire; eppure, esso assume un
aspetto tanto “amichevole” nei nostri confronti da farci sentire al sicuro
quando ci sta accanto: il problema alimentare, diventa il nostro fedele
compagno di vita! Si tratta però di un compagno un po’ “scomodo”: geloso,
possessivo, ci vuole tenere solo per sé, ci porta ad isolarci da tutto e da
tutti fino a che noi, povere vittime, completamente infatuate da questo “amore
proibito”, diveniamo burattini da manovrare a suo piacimento: non siamo più noi
ad avere il controllo né della nostra alimentazione né, a lungo andare, della
nostra vita. Così, quella forza e quella supremazia che pensavamo di avere
all’inizio, finiscono per perdersi strada facendo e nella maggior parte dei
casi, ce ne rendiamo conto quando è ormai troppo tardi.
Tante volte, nei miei
momenti di lucidità, quando l’ansia, la paura e lo sconforto - ormai compagni
di vita - mi danno un po’ di tregua, mi soffermo a riflettere sul motivo per
cui la mia vita in un certo momento abbia preso questa brutta piega; perché,
nonostante la consapevolezza di quanto stare così mi faccia soffrire, non
riesco a dire “basta”, a tirar su le maniche una volta per tutte e ricominciare
a vivere.
E dire che ci ho provato
diverse volte a guarire!!
Eppure c’è sempre qualcosa che mi blocca nel percorso: per quanto duro
esso sia, per quanti passi avanti io riconosca di aver fatto, c’è sempre quel
momento di smarrimento che mi fa sentire “sbagliata” nel voler cambiare; e
“presuntuosa” nel voler provare a non ascoltare i mille pensieri che
incessantemente frastornano la mia mente. E così, in un niente si torna
indietro… mesi di sacrifici si perdono in un baleno e prima che io possa
accorgermene ciò che avevo riguadagnato mi sfugge di mano, ritornando punto e a
capo, nell’ombra più totale. E di nuovo pianto, tristezza, umore depresso… dove
va a finire la gioia di vivere? Dove vanno a nascondersi quella forza e quel
coraggio che mi inducono ad andare avanti nonostante tutto?
Tante domande… Poche
risposte… Ma forse è così che deve andare; forse chi vuole davvero guarire da
un disturbo alimentare deve prepararsi ad affrontare un lungo e tortuoso
viaggio, dove non si va in prima classe ma probabilmente in autostop; dove non
si sosta in un hotel a cinque stelle ma nelle bettole… Tuttavia, fra i tanti
viaggi che nella nostra vita avremo la possibilità di fare, quello verso la
guarigione resterà di certo il più memorabile e significativo poiché, nel
momento in cui saremo arrivati a destinazione, riceveremo il dono più prezioso
che sia possibile desiderare: ritornare a vivere, ovvero… sorridere, amare,
gioire!
Maria Cognata
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