lunedì 9 gennaio 2017

Sono sazia, grazie.




Ogni tanto basterebbe alzarsi dal momento di presenze, di parole che vengono ad accarezzarci e dire: “Sono sazia, grazie.”
Dovremmo farcelo bastare quel tempo che gli altri ci dedicano, quei secondi, quei minuti, quelle ore. E' il loro dono quotidiano, senza troppi fiocchi.
Troppe volte, invece, restiamo affamati di una fame insaziabile. Siamo un cuore con uno stomaco senza fondo. Restiamo in apnea, sentiamo rimbombare il silenzio dentro. Non smette di gorgogliare questo cuore. Non tollera un'ora di digiuno. Si perde nel ticchettio del nulla, trema spaesato, smarrito, sudato all'idea di non ricevere amore a piene mani.
La paura rende ciechi, genera buio.
Abbiamo costantemente bisogno di attenzioni. Sempre più. E non sono mai abbastanza, forse perché siamo noi a non sentirci abbastanza.
E non bastano i sogni che ti si muovono dentro, non basta tutto il caos del mondo e della tua quotidianità a riempire quell'angolo di silenzio che resta dopo. Dopo la presenza, dopo il calore. Ci resta il freddo.
Forse basterebbe sedersi e respirare, guardare il tempo, gli occhi di chi sceglie il nostro fianco come posto per viaggiare, lato corridoio certo, ma pur sempre il nostro fianco per mescolarsi a noi, alla nostra giornata.
Dovremmo imparare ad essere riconoscenti per gli abbracci, anche se non saranno mai il numero che vorremmo.
Dovremmo semplicemente ringraziare per quella mano che ci stringe fino alla prossima fermata. Per poi ritrovarla ancora due fermate dopo.
Invece vorremmo essere il posto in prima classe di qualcuno, quello lato finestrino dal quale donargli tutte le sfumature del mondo, i colori. E sentirlo sempre lì, a condividere ogni angolo di cielo con noi.
Dovremmo bastarci da soli, senza pretendere un posto dentro qualcuno nel quale essere imbattibili. Non lo siamo. Non c'è qualcuno o un posto nel quale diventiamo imbattibili. Siamo fragili, invece.
Cristalli di ghiaccio con dentro tutta la forza del sole.
Per esserlo basta alzarsi e dirsi semplicemente: Sono sazia, grazie.


Rossella 

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