Ti alzi una mattina, ti guardi allo specchio, ti trucchi
soddisfatta: hai nel tuo beauty la migliore cosmesi: lavori, guadagni e non
vuoi rinunciare a ciò che ti piace.
Palestra. Abiti semplici. Un filo di eye liner, il cane che ti lecca i
piedi. E quindi? Cosa c’è che non va? Ti sei svegliata tardi, perché comunque
da anni il risveglio è sempre difficile, perché quella cappa depressa ti
sorprende appena apri gli occhi, non lo sai perché, sarà perché vivi sola, sarà
perché a colazione hai voglia di dolce ma poi sai che se cominci così la
giornata è persa… pensi a tutte le cose che devi fare come se fossero impegni
pesantissimi…e che magari sì, questa mattina starai a casa...crogiolandoti un
po’ nel tuo malessere muto. Non parla, il tuo malessere. La bocca la apre solo
per mangiare. Già. Lei, Mia. Da sette mesi è tornata ma è stata così silenziosa
da rimettere sul contorno della tua figura otto chili in più… da settembre.
Ottobre…dicembre…febbraio… l’altra mattina ti sei svegliata, era una mattina
più o meno come questa, qualche settimana fa. Un'alba chiara, nella quale hai
capito che lei c’è di nuovo, che ti lasciata in pace qualche mese ma poi
silente, approfittando del fatto che hai finalmente incontrato l’amore dei
cinquant’anni vero e profondo, del tuo bel lavoro, delle cose che ti piacciono
e che quindi ti distraggono… ecco lei ne ha approfittato… andando ad aprire
quel vuoto ancestrale che tu, nei mesi passati, negli anni, hai sempre pensato
fosse colpa delle cose che non vanno come vuoi. Ma ora? Ora tutto va come vuoi.
Eppure lei è lì. Appena entri in casa ti aspetta con la prima cosa mangereccia disponibile,
accompagnata magari da martini bianco, e tu ancora col cappotto addosso,
ingurgiti. Sei scollegata da te stessa. Sono settimane che hai cominciato a
mangiare male, senza controllo… che ti sfianchi in palestra per bruciare
cioccolata fontina biscotti…due giorni a barrette, un giorno a panettone. Ti
senti sciocca perché sciocco è questo tuo conflitto con il cibo ma poi pensi
che potrebbe essere l’alcool, il gioco, lo shopping.. qualsiasi cosa che
riempia…sì ma cosa? Quel vuoto ancestrale, appunto, la carezza, l’attenzione,
la coccola, il vizio dell’infanzia non concesso, esser cresciuta troppo presto,
il cibo mangiato di nascosto… dì la verità, ti sei accorta di esserci ricascata
quando l’altra sera ti sei chiusa in bagno con il cibo. Per strafogarti di
nascosto? Ma da chi, se non dal cane che ti guarda coi lucciconi mentre mangi perché
ne vuole un po’ anche lui? Eccoci dunque, di nuovo in campo, tu e lei… lei ed
io. Perché è come un grande campionato a gironi lungo una vita, questo con Mia
che non si ferma mai. Cara…Mi hai incontrata all’uscita della scuola 38 anni
fa, e non te ne sei più andata. Ora ti conosco, non ti ascolto, ma tu cambi
strategia. A te ho affibbiato l’immagine del dolore e invece no, ti presenti
nei momenti di gioia, quando io sono poco attenta…e gusti, gestualità, quantità
vanno a riempire… quel vuoto dentro il quale guardare è impresa biblica per
ogni umano. Si ricomincia. Un tempo mi sorprendevi a dire “non ce la faccio”
adesso dico “va bene, sei tornata, ma io sono in gamba e non mi freghi. Vaffanculo.
Ti prenderai la soddisfazione effimera di qualche imbarazzo davanti a
grammature scappate dal controllo salutare che ho imparato. Ma poi te ne
andrai. Perché è solo questione di tempo, ma vinco io”.
Albachiara
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