sabato 30 settembre 2017

Parole per guarire.



Fine settembre 2013 - fine settembre 2017: 4 anni, sono passati 4 lunghi anni dall'inizio della mia terapia. E solo negli ultimi giorni, in occasione di questa ricorrenza, ricordo un episodio, un avvenimento che a modo suo si è poi rivelato essere terapeutico e che mi ha insegnato che è davvero possibile trasformare gli ostacoli in opportunità, anche quando ci si ritrova impantanati nel buio più profondo della malattia.

Era il 2015, una mattina di pioggia di metà aprile, la mia psicoterapeuta era impossibilitata a fare i nostri colloqui, a causa di un incidente. Non appena venni a saperlo, un nodo mi strinse talmente forte la gola che non riuscivo a trattenere le lacrime, scendevano ininterrottamente. Il mio istinto, quell'istinto di sopravvivenza che (per fortuna) prende il sopravvento nei momenti critici del percorso, mi suggeriva che dovevo fare qualcosa, qualcosa per fermarle, qualcosa per salvarmi.
Io che fino ad allora avevo rifiutato qualunque approccio o tentativo di avvicinamento, mi sentivo persa, abbandonata, completamente sola. Ero distrutta. "Come un castello di carte travolto da una tempesta di sabbia", scrissi poco dopo.
Quella mattina, mi tornò in mente un bigliettino da visita che la Dottoressa mi aveva lasciato e su cui aveva appuntato il suo indirizzo e-mail: "Mi scriva Sandra, ogni volta che vuole", mi disse all'inizio del nostro percorso insieme; era ormai già passato più di un anno.
Ma io, in realtà, non avevo mai scritto nulla, di me, su di me, non ci ero mai riuscita prima.
Com'era possibile che esistessero davvero parole per dare un senso a quel dolore che mi portavo dentro?
E invece esistevano, esistono. Lei che sin dall'inizio aveva tanto insistito sul valore e sull'importanza della parola, delle parole, nel momento in cui queste parole tra di noi erano venute a mancare, lei era riuscita a tirarle fuori dal profondo della mia oscurità, una dopo l'altra.
Solo quella mattina, solo allora, trovai il coraggio di scrivere, di mettere per la primissima volta nero su bianco quello che provavo. L'urgenza di comunicare il mio dolore era diventata tale, dopo anni e anni di silenzi che avevano accompagnato l'arrivo della malattia, che non potevo più soffocare quel disperato grido d'aiuto che portavo dentro. Per anni lo avevo nascosto dentro, camuffato agli occhi altrui per la paura del giudizio; ero un'adolescente, intorno a me c'erano continuamente occhi che misuravano, che sop-pesavano, la mia bellezza, la mia preparazione, il mio valore. Davo per scontato che avrebbero capito: i silenzi pieni di tutto e di niente, gli sguardi persi nel vuoto, a contemplare una sofferenza che a poco a poco stava strappando leggerezza alla mia gioventù.
Avevo finalmente trovato una "compagna di viaggio" capace di accoglierlo, di ascoltarlo, quel grido, con tutto l'amore e le attenzioni che solo una relazione terapeutica efficace sa restituire.
Avevo bisogno di aiuto, e fu quella la prima volta in cui mi resi davvero conto che "da sola" non ce l'avrei fatta, non sarei sopravvissuta alla violenza della malattia senza un aiuto esperto. Scrissi quelle parole di getto, con una franchezza a me ancora del tutto sconosciuta.

Ricordo ancora oggi, a due anni e mezzo di distanza, la grande emozione che provai nel ricevere la risposta a quella prima email: "Cara Sandra, nessuno riesce da solo, tutti abbiamo bisogno di compagni di viaggio e di riferimenti che ci aiutino e ci incoraggino nel percorso…".
Credo che in fondo già allora il mio inconscio sapesse che quello sarebbe stato l'inizio di un lungo e intenso dialogo, al fianco della mia guida, con la mia parte più intima, quella più bisognosa di ascolto e di attenzioni per poter ricominciare a vivere, per guarire.
E così, un po' alla volta, ho imparato che ci sono parole che possono davvero rimarginare le ferite e riappacificare gli animi.

Non sottovalutare mai la forza delle parole
possono ferire, come missili, armi da fuoco, per annientare il nemico.

Non sottovalutare mai il peso delle parole, 
possono diventare aria, da respirare, ossigeno, per vivere. 

Non sottovalutare mai il valore delle parole, 
possono essere carezze, per accogliere chi ci vuole bene, chi ti vuole bene.

E, soprattutto, non sottovalutare mai te stessa
vali molto di più di quanto la malattia ti fa credere.  

Sandra

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