domenica 8 luglio 2018

Io corro contro anoressia e bulimia.


Anoressia, due donne morte nel Foggiano. Comunità psichiatrica scossa, servono centri specializzati. Due vittime in poche settimane, la prima era una studentessa universitaria, l’altra una cinquantenne.”

Sembra che la possibilità di vivere non sia così scontata in quest’epoca. La possibilità di fare esperienze, studiare, avere amici, innamorarsi e anche soffrire per gli amori che finiscono, la possibilità di viaggiare, esplorare, avere figli, la possibilità di sdraiarsi su un prato a guardare le stelle e ringraziare Dio solo per il fatto di essere vivi. La possibilità di fare progetti, sognare il futuro, pensare a come sarà la propria vecchiaia, la possibilità di fallire, cadere e rialzarsi, la possibilità di ammalarsi e ricevere le cure necessarie a guarire. La possibilità di diventare grandi e scontrarsi con le sfide che la vita ci mette di fronte, di guardare i cartoni animati con i propri bambini, la possibilità di sposarsi e mettere un lungo abito bianco da conservare con amore. La possibilità di conoscere un’infinità di persone che arricchiranno la nostra vita e che a volte ci faranno incazzare, di prepararsi a fare un lavoro che ci renderà felici e che magari renderà felici tante altre persone. La possibilità di piangere per le ingiustizie subite e la possibilità di cambiare. Cambiare tutto, cambiare vita, cambiare il proprio futuro. La possibilità di fare l’esame di maturità e di non dormire tutta la notte per la paura di non riuscire e di gioire come non mai di fronte ai successi. La possibilità di amare ed essere amati. 
La possibilità di essere una donna, rotonda e formosa, femmina e madre, o single libera e ribelle, in carriera o in una casa piena di figli, la possibilità di godere delle cene opulente e delle bontà della nostra terra, di mangiare. Che mangiare è vivere. C’è qualcosa che questo nostro mondo teme…qualcosa che schiaccia le donne fino a ridurle a corpi inanimati, corpi morti che non possono più fare nulla. 
Così uso la strada attraverso la quale sono passata, la strada di privazioni e sbarre mentali, rinuncia e morte dell’anima, perché posso sorridere e ascoltare le canzoni più belle che siano state scritte, posso studiare, parlare, fare l’amore…posso correre. E siccome nulla di tutto ciò era scontato, alle donne che non possono dedico i miei passi. Uno dopo l’altro, i miei chilometri sono per voi, per chi non ce l’ha fatta, per chi è in lotta. 
I disturbi alimentari sono una delle piaghe sociali più terribili del nostro tempo, rubano tutto, tutta la vita dalle mani, uccidono e se pensate che la società non abbia responsabilità, andate a vedere un giornale di moda o le passerelle o le blogger di Instagram. Rispondo alla magrezza richiesta da questo mondo malato con le mie gambe forti, allenate a macinate chilometri, allenate a percorrere la vita come meglio credo. E io ho pensato che, alla fine, dopo tutti gli anni incatenata, ora voglio viverla correndo. 
Svegliamoci, che c’è bisogno di solidarietà, di amore, di prese di posizione, di smettere di guardare solo noi stessi e iniziare a guardare le persone che ci passano accanto. Per dare loro un nome, perché nominare significa donare la vita, anche a chi l’ha persa o non l’ha mai avuta. 
Colonna sonora: I want to break free, Queen.
Chi aderisce a questa corsa con me?
Dedico il mese di luglio a correre contro l’anoressia e la bulimia, forse non cambierà nulla, forse da una piccola cosa ne nascerà una grande, ma non è così importante…io corro al posto di chi non può più farlo e questo mi basta. 

Ogni giorno racconterò un pezzo della storia di Emma, è una storia inventata. Ma così vera, come solo le storie che raccontiamo possono esserlo. 

SENZA NOME
Si chiama Emma.
Ma non è che abbia proprio un nome. E non si può dire che proprio esista. Esiste in un modo tutto suo, esiste non esistendo, può esistere solo perché non esiste più.
La sua non vita è difficile.
La sua non vita è faticosa.
Vive la non vita di una ragazza anoressica.
Non mangia. Non beve. Non esce. Non ama. Non sorride. Non parla. Non guarda. Non sente. Non sogna. Non desidera.
Non respira, quasi più. Respira piano piano, soffia quel che rimane del suo spirito. Soffia fuori un po’ di dolore e inspira quel che basta per non morire, almeno per quel giorno.
A volte le capita, dall’isola segreta del letto su cui è sdraiata, di ricordare e ricorda il cibo che mangiava ma non perché ha fame, perché sognava. Mangiava e rideva e un senso trovava, quel senso che le sue giornate popolava. Era allegra, appassionata, intelligente e un po’ sfrontata. Sembrava tutto volto al bene, prezioso il tempo scorreva nelle sue vene.
Dice lei: “il mio letto è l’isola che non c’è, sono un bimbo sperduto attaccato a un tubo. Dov’è Peter Pan a far da padre e una Wendy madre? Mi serve un uncino con cui giocare e favole da ascoltare. Mi serve un nuovo modo per riprendere a volare”.
Che fantasia ha. Non fa progetti, che non c’è forza per poterli sostenere, ma i rimasugli della bellezza che ha incontrato, anche in un cartone animato, riempiono di immagini quella testolina appoggiata sul cuscino più duro che sia mai stato creato.
E’ pazza, dice qualche amico che non ha più, che schifo, dice l’amica di sua madre all’amica di suo padre, ma perché non mangia e basta, dice la vicina di casa della nonna, povera stella adesso vogliono fare le diete e si piacciono così, prego per lei, dice la catechista che l’ha cresimata.
“Ma vaffanculo”. Dice lei assonnata.
“Quante parole sprecate, quanta aria buona solo ad essere evaporata, tolta a me che muoio soffocata. Ogni parola vana che il mondo profana, è un minuto rubato, alla mia non vita che gira a vuoto in un cielo rannuvolato, e mai trova la destra della seconda stella, verso un sole che da tanto su di me non sorge più, ora è blu”.
Emma non è mai nata. Ma cosa dici, ci ho parlato, è arrivata, con l’ambulanza, intubata. Non parlava ma c’era, l’ho vista.
Ma non l’hai guardata.
Non è stata Battezzata, non ha acqua tra gli occhi e muore disidratata.
E’ uno di quei fiori che di notte si chiude. E senza bere un po’ di gocce e di sole di aprirsi solo s’illude. Meglio chiusa, per qualcuno.
Chi la vuole magra, chi la vuole nuova, chi non è mai andato a prenderla a scuola e non ha visto gli sguardi irritati di alcuni compagni cattivi, che non si vede ma son disperati.
Sei grassa, balena, dovresti rifarti la faccia rotonda, sei brutta, roba immonda. Dice lei, nella mente: ”ma che vi han fatto di male gli animali, la balena la mucca e il cane. Sto crescendo e ho tanta fame e a casa non manca mai il pane. Io son sola, tra quelle mura di ghiaccio e ho paura ed è quella che sazio, quando apro il frigorifero e mangio fino a vomitare, tutto quello che non c’è più e che non posso più amare. Vorrei riempire le mie guance di baci, ma tra le mani ho solo dolci e tagli mai curati. E’ per questo che noi umani siamo così sconsolati.
Tu vedi il sederone, di quello che mangio al posto dell’amore. Io vorrei solo un po’ di comprensione, che qualcuno vedesse oltre l’impressionante dimensione, che io, ragazza culona, non ho un Nome. Mi chiamano cicciona.”
#iocorrocontroanoressiaebulimia
Federica

1 commento:

  1. Bellissimo, e del tutto vero.
    Fa male leggerlo, ma è proprio perché colpisce al centro il bersaglio.
    Penso che mi farà davvero bene continuare a leggere il seguito, nonostante tutto.
    S.

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