lunedì 14 dicembre 2015

La guarigione

La guarigione sta, forse, anche nell'assecondare la tempesta e poi lasciare che passi? Come accettare di fare un giro di montagne russe per poi fermare la giostra. Meglio, riuscire a fermarla. Questa è la differenza.
I digiuni hanno fame di abbuffate. E' un cane che si morde la coda. Sappiamo che nel momento in cui rifiutiamo il cibo, quel rifiuto chiede il conto 24, 48 ore dopo eppure lasciamo che accada consapevoli di quanto la debolezza scateni la fame famelica della malattia. Siamo spettatori di noi stessi, ci scrutiamo per agire meglio, per non lasciarci affondare più, per capire cosa ci porta a barcollare e come riprendere l'equilibrio. La guarigione agisce nel momento in cui la malattia sferra solo un colpo, lo incassi, ma poi la metti con le spalle al muro. Fai in modo che si sieda nel suo angolo e se ne stia cauta.
E' una iena, ma sappiamo domarla ormai. Il punto di forza è questo.
Ora, riusciamo a guardare negli occhi la sua fame, riusciamo a guardare quello che ci fa. Quando ci prende la mente nelle sue mani e la sentiamo. E' una questione di attimi, perché nel momento stesso in cui sentiamo che agisce su di noi riusciamo a liberarci dalla sua morsa.
Imparare a domare la tempesta, è questo il punto. Far tornare la calma interiore.
Non può più nulla e la consapevolezza di ciò ci permette di guardarla agire per poterla fermare. Come se la vedessimo dall'esterno per la prima volta, come se ci piegassimo per un attimo illudendola che può vincere. Eppure è solo un tattica. Un modo per distrarla, disarmarla e sferrare il colpo che ci permetterà ancora di riprendere in mano noi stessi.
La guarigione sta nel guardarsi, scusarsi per tutte le volte che abbiamo creduto di non essere abbastanza, per tutte le volte che abbiamo attribuito al cibo la facoltà di parlare per noi, di essere parole, di essere il dolore. Poi scusarsi, ancora, e promettersi di non lasciarsi mai. Promettersi le parole. Il gusto. Se stessi.

Rossella Assanti

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