giovedì 10 dicembre 2015

Riemergere dall'inconsistenza



Tre pensieri scritti nel pieno della malattia…
Vorrei essere.
Vorrei essere proprio così: diafana, trasparente, percepibile a fatica. Confondermi e sparire nello spazio intorno a me e mostrarmi nuovamente quando quello che posso offrire è di nuovo un sorriso. È inutile esistere il resto del tempo, è troppo pesante per se stessi e per gli altri.
Il rischio però, diventa quello di non ricomparire mai più.
E sarebbe un rischio? No piuttosto una scelta, non abbiamo scelto noi di “essere”, forse, se avessimo potuto, avremmo scelto di “non essere” o di non essere così, o di non essere sempre, di essere a volte, qualche volta sì e qualche volta no, di essere solo in alcuni momenti e tutto sarebbe… ancora più spaventoso.
Forse si deve essere sempre altrimenti non si sarebbe mai e forse si deve essere tutto altrimenti non si sarebbe niente.
Mi capita spesso di pensare “vorrei essere fatta di aria”, mi sentirei così libera, così leggera, così incredibilmente parte del tutto. Ma in fondo sarei nulla.
Allora penso di poter essere qualcosa di diverso ma di ancora più leggero e sfuggente. Vorrei essere fatta di un materiale simile al fuoco. Di fuoco e polvere. Perché il fuoco? Perché è libero, sfuggente, non si può prendere, rinchiudere, segregare, toccare. Forse, solo sfiorare. La polvere serve a darmi la percezione di me stessa, quando voglio esistere aumenta, altrimenti brucia via. E il fuoco, che tende incessantemente a protendere verso l’alto, mi libera di ogni fastidiosa sensazione di attrazione gravitazionale. Ma non è fuoco caldo. La sua anima è ghiacciata. Brucia solo se si prova a toccarlo. Troppo in profondità, con troppa violenza. Altrimenti ha un bisogno disperatamente immenso di essere scaldato, e di voler smettere di bruciare la polvere, di raccogliere tutta la cenere e di nascere nuovamente e riemergere dall’inconsistenza.
Pensiero per il 25esimo anniversario di matrimonio dei miei genitori… in clinica… ripensando alla mia infanzia e agli attacchi di panico che mi straziavano durante la notte…
“Mamma scusami.
Papà perdonami.
Sorellina mia, tu non c’entravi niente.
Mamma, io e te di fronte al nero, io e te di fronte alle mie angosce. Io che mi aggrappo a te, tu che mi prendi in braccio e mi aiuti ad aprire gli occhi, piano piano, e mi spieghi che non bisogna avere paura, che tutto si può affrontare, insieme. Mamma chi sono io e chi sei tu? Chi è che ha paura? Chi è spaventata di più dalle mie angosce tra me e te? Vorrei tanto mettermi così accanto a te. E sentirmi dire che non c’è niente, che i mostri non esistono, che nessuno nel pieno della notte cercherà di pugnalarmi alle spalle, che posso rilassarmi e chiudere gli occhi, e addirittura cambiare posizione nel letto, che casa mia è un posto sicuro, che non devo rimanere sveglia per proteggere mia sorella e voi, che dormite nella stanza accanto; non devo porre attenzione a ogni minimo, flebile rumore. Dimmi che domani mattina sarete ancora tutti vivi e che anche io lo sarò. Ti prego, dimmelo. Muovendomi potrei perdere la concentrazione e allora sarebbe la fine. Morirei e non potrei salvare nessuno di voi. Sto sudando ma ho freddo. Non posso spostare le coperte. Sorellina ti prego svegliati e dì a mamma di portarti un bicchiere d’acqua. Mamma accendi la luce e racconta le favole a Silvia, mi piacciono tanto, mi piacciono quelle che racconti sempre... la signora con la brocca di latte, mi piace come dici brocca, e quella del topolino o il bue e la volpe, mi piace tanto il suono della tua voce, parli così bene…
Ma io non ti ho mai aiutata, non ti ho mai chiesto aiuto, non ti ho mai dato la possibilità di essere la mia mamma. Mamma, scusami, non ti ho permesso mai nemmeno di essere la mamma di Silvia.
Sono una ladra. Ho rubato a te e a papà due figlie e a Silvia due genitori. E cosa vi ho dato in cambio? Che oggi, giorno del vostro 25esimo anniversario di matrimonio non sono con voi, non farete nulla perché, come dice papà, avete altro a cui pensare. Questo altro sono io. No, questo altro siamo noi, è vero, dobbiamo pensare ad altro.
Mi dispiace, avrei voluto metterci di meno a liberarmi di questo cancro. Ma è un cancro della mente, fa parte di me, non so da dove attaccarlo.
Mamma, papà, sento che ci sto riuscendo, non so bene come ma voglio restituirvi tutto ciò che vi ho tolto.
Provo tanta rabbia. Un po’ verso di voi ma, soprattutto, verso me stessa.
Tanta rabbia nei confronti di quella stupida bambina orgogliosa che credeva di essere onnipotente e di poter salvare il mondo. Ma chi ti credi di essere?
Tanta compassione verso quella ragazzina incapace di esprimersi.
Tanto odio verso quella ragazza che ha pensato bene di affidarsi a lei, alla sua migliore amica, alla sua arma più potente… l’anoressia.
Tanta pena verso quella giovane donna che non voleva riconoscersi come tale e giocava con il cibo e con il suo corpo, e non sapeva come scappare da se stessa.
Tanta rabbia, compassione, odio, schifo, nei confronti suoi. Lei, quella parte di me che vuole uccidermi, che gioisce nel sentire il dolore, che esulta quando scopre che ho le ossa bucherellate…sono più leggere, tra poco elimineremo del tutto anche quelle, sta andando tutto a meraviglia. Follia. Penso delle cose orribili.
È lei che cerca di fare del male a tante fragili ragazze che non capiscono con che cosa stanno giocando.
Mamma, lei fa parte di me, ma da adesso in poi sarò io quella figurina che si aggrappa alla tua spalla, e tu l’altra figura che si metterà insieme a me, di fronte al nero. Si mamma, d’ora in poi te lo permetterò, ti permetterò di spiegarmi che per vedere meglio basta solo accendere la luce, lo sai, io preferisco le candele…
Non importa quale luce sceglierai o se riuscirai a trovarne una, la cosa importante è che staremo insieme, mamma e figlia.
Tanti auguri mamma.
Tanti auguri papà.
Oggi è la vostra festa.
Godetevela tutta.”


Francesca Fabiani

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