sabato 9 dicembre 2017

Io e il mio corpo, abbiamo fatto pace.



"CIO' CHE AVETE IMPARATO ASCOLTANDO LE PAROLE ALTRUI LO DIMENTICHERETE MOLTO RAPIDAMENTE, CIO' CHE AVETE IMPARATO CON TUTTO IL VOSTRO CORPO LO RICORDERETE PER IL RESTO DELLA VOSTRA VITA." (Gichin Funakoshi)

Ci sono cose dette che possono lasciare il segno, ma ci sono cose che 'respiri' e che ti attraversano che ti cambiano. 
Un cambiamento che arriva anche attraverso la sofferenza fisica, che implica un contatto unico e forte con il proprio corpo è ciò che letteralmente significa 'me lo sento addosso'. 
Ricordo in maniera vivida, quanto le mie estreme difficoltà di comunicazione chiudessero in un nodo le mie emozioni incastrandole nel mio stomaco, e spingendomi a pensare di volerlo eliminare dal mio corpo per scaraventarlo nel posto più lontano. 
Quante volte il mio corpo mi mandava segnali per poter dire che le mie energie erano davvero in dirittura d'arrivo, ma la mia testa non solo si rifiutava di ascoltare, ma addirittura cercava di sostituire quel carburante con la forza ossessiva dei miei obbiettivi malati di perfezione. E lo stremo a cui arrivavo ogni volta che mi punivo con il vomito; guardavo allo specchio i miei occhi rossi, gonfi e sentivo il mio cuore che stava per uscire dal mio petto. Il terrore ogni volta che sentivo lo stimolo della fame, con tutte le strategie che potevo mettere in atto per poterla azzittire. 
Il corpo, il mio corpo 'aggredito' dalle flebo, lontano da me anni luce eppure così vicino. Un corpo che diventava sempre 'più insignificante' proprio perché aveva troppo significato. Troppo 'gonfio', sproporzionato, inadeguato, quindi bersagliato, infamato, distrutto. Cercavo di tenerlo il più possibile distante da me perché il suo ruolo nella mia vita era diventato determinante, non per la mia sopravvivenza ma per la mia distruzione. 
Io e lui così diversi, così estranei. Ora abbiamo fatto pace. Adesso so che grazie a lui posso... Il nostro conflitto mi ha dato modo di conoscerlo e riconoscerlo, di imparare ad emozionarmi e a sentire, percependolo anche come un prezioso veicolo del mio sentire. Punirlo? 
Non sento più 'il bisogno' di punire me stessa.

Rosy

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