lunedì 29 luglio 2019

Ora non ho più paura




Cara me,
come stai? Non fingere di stare bene se così non è, e non essere quella che non sei solamente perché gli altri vorrebbero tu fossi diversa. So che sei stanca, stanca di subire ingiustizie e cattiverie gratuite, stanca di sentirti sbagliata, di nasconderti, stanca di soffrire e di piangere per quella ferita provocata dalla violenza che insorge dall'ignoranza delle persone. Devi sapere che tu puoi combattere l'ignoranza, mostrandoti indifferente dinanzi alla convinzione, taciturna e sorridente di fronte a chi parla troppo.                                                                                      
Ma non hai la forza di sorridere perché la violenza te l'ha strappata, ti ha reso debole e inadeguata.                                                                     
La tua autostima è inevitabilmente calata, hai perso le forze e guadagnato paure ed ossessioni.                                                                             
Ti sei imposta la perfezione per non deludere le aspettative altrui ed evitare che i tuoi sbagli venissero ripetutamente messi in evidenza, ma questo eccessivo controllo ti ha indebolita ulteriormente, ti ha privato di quelle poche energie che ti erano rimaste.                                          
Non hai più visto vie d'uscita, e i tuoi occhi hanno smesso di cercare la luce, preferendo adeguarsi al buio che riempiva il vuoto intorno a te. Così un giorno qualcuno ha bussato alla tua porta: l'anoressia.                                                                                                                               
Ti ha chiesto di farla entrare, promettendo in cambio di aiutarti, e tu l'hai accolta a braccia aperte, credendo di poterti fidare di lei. All'inizio ti sentivi protetta, sicura e forte con lei al tuo fianco, ma più il tempo passava e più ti rendevi conto che niente per te era mai abbastanza: quel risultato mai abbastanza soddisfacente, quel peso mai abbastanza basso e quel corpo mai abbastanza esile per accettarti e sentirti accettata.  

Cara me, ti chiedo scusa, perché ti ho abbandonata e ho lasciato che la malattia ti portasse lontana. 
Sei rimasta sola, con lei.
Lei sempre pronta a criticarti, a ricordarti cosa non eri, cosa non andasse in te, quanto eri sbagliata e inutile.                                                  
Lei che ti ha illusa, facendoti credere di non meritare niente, di aver bisogno della malattia per essere felice e per cercare un controllo in quello che non potevi controllare.                                                                                                                                                                                        
Lei che piano piano ha emaciato il tuo corpo, ridotto i battiti del tuo cuore, accorciato il tuo respiro e annebbiato la tua mente. 
Lei che ti ha fatto conoscere la rabbia, la stanchezza, l'infelicità e la depressione.                                                                                                       
Lei che ti ha imposto di vedere il mondo in bianco e nero, ti ha presa per mano e ti ha portata via, da tutto e da tutti, mentre tu, ad ogni passo che facevi, perdevi un pezzo di te: ricordo il tuo volto, bianco e inespressivo, i tuoi capelli sottili, i tuoi occhi grigi e scavati che riflettendosi nello specchio si inumidivano, la tua voce strozzata dal pianto, quel corpo così fragile, quelle cosce smagrite che tu vedevi enormi, le tue mani che tremavano per paura che anche un solo grammo in più su quella bilancia da cucina avrebbe fatto la differenza sul tuo corpo, la tua mente sempre rivolta al conto delle calorie, il freddo che sentivi, il calore che ti mancava, le notti insonni e la luce dentro te che piano piano si affievoliva, fino quasi a
spegnersi.                                                                                                                                                                                  
Hai incontrato lo sguardo della malattia e ti sei guardata dentro attraverso i suoi occhi: nel tuo cuore viveva ancora una luce fioca, hai ritrovato la speranza, e hai capito...  
Hai capito che ogni briciola rifiutata era un minuto in meno da vivere.                                                                                                                
Ogni giorno trascorso da sola era un tuo sorriso che si perdeva.       
Ogni specchio che avresti voluto infrangere rifletteva la bugia dettata dalla visione distorta dei tuoi occhi.                                                            
Così hai mollato la mano che ti legava alla malattia e sei tornata indietro, raccogliendo passo passo i pezzi di te che avevi perso per strada.       
                                                   
Ti manca sorridere.
Ti manca sognare la notte e inseguire i tuoi sogni di giorno.
Ti mancano i giorni in cui stavi bene e ridevi senza che ci fosse un motivo.  
                                                                                                              
Ma ormai manca poco, sei quasi arrivata a casa. La salita è stata lunga e faticosa, ma durante il cammino hai ripreso in mano la tua vita e lasciato paure e fragilità, pur conservando il ricordo dei momenti in cui persone prive di buon senso hanno riso di te, e non riso con te, hanno confuso la gentilezza con la debolezza, hanno pesato le parole in modo che ti ferissero, hanno sottolineato le tue diversità, giudicandole stranezze e non unicità, di quelli in cui hanno preteso troppo da te, privandoti del diritto di sbagliare, di quelli in cui ti hanno fatto sentire inadeguata, mentre tu, così spaventata, non hai saputo difenderti, e hai convinto te stessa di essere come gli altri ti hanno ritenuta.              
Ma io lo so, che ora tu non hai più paura. Me ne rendo conto mentre ti guardo, quando cammini a testa alta rincorrendo la felicità e rivelando finalmente quella che sei e quello che veramente pensi, dal giorno in cui hai capito che puoi sentirti al sicuro sotto quella corazza che hai costruito convivendo con lei, lottando contro di lei, soffrendo per lei, l'anoressia, lei che nonostante tutto ti attende ancora sulla soglia, fuori dalla porta.                                                                                                                                                                                                               
Cara me, sappi che d'ora in poi mi prenderò cura di te e impedirò a chiunque voglia farti del male di abbattere il muro che tu hai innalzato con tanta premura per proteggerti. 
Cara me, un giorno ti renderò orgogliosa di quella che sono: io, che ora non ho più paura.             
                                                                         
Ti voglio bene,   

Diletta P.

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