Cara me,
come stai? Non fingere di stare bene se così non è, e non essere quella
che non sei solamente perché gli altri vorrebbero tu fossi diversa. So che sei
stanca, stanca di subire ingiustizie e cattiverie gratuite, stanca di sentirti
sbagliata, di nasconderti, stanca di soffrire e di piangere per quella ferita
provocata dalla violenza che insorge dall'ignoranza delle persone. Devi sapere
che tu puoi combattere l'ignoranza, mostrandoti indifferente dinanzi alla
convinzione, taciturna e sorridente di fronte a chi parla troppo.
Ma non hai la forza di sorridere perché la violenza te l'ha
strappata, ti ha reso debole e inadeguata.
La tua autostima è inevitabilmente calata, hai perso le forze e
guadagnato paure ed ossessioni.
Ti sei imposta la perfezione per non deludere le aspettative altrui ed
evitare che i tuoi sbagli venissero ripetutamente messi in evidenza, ma questo
eccessivo controllo ti ha indebolita ulteriormente, ti ha privato di quelle
poche energie che ti erano rimaste.
Non
hai più visto vie d'uscita, e i tuoi occhi hanno smesso di cercare la luce,
preferendo adeguarsi al buio che riempiva il vuoto intorno a te. Così un giorno
qualcuno ha bussato alla tua porta: l'anoressia.
Ti ha chiesto di farla entrare, promettendo in cambio di
aiutarti, e tu l'hai accolta a braccia aperte, credendo di poterti fidare di
lei. All'inizio ti sentivi protetta, sicura e forte con lei al tuo fianco, ma
più il tempo passava e più ti rendevi conto che niente per te era mai
abbastanza: quel risultato mai abbastanza soddisfacente, quel peso mai
abbastanza basso e quel corpo mai abbastanza esile per accettarti e sentirti
accettata.
Cara me, ti chiedo scusa,
perché ti ho abbandonata e ho lasciato che la malattia ti portasse
lontana.
Sei rimasta sola, con lei.
Lei
sempre pronta a criticarti, a ricordarti cosa non eri, cosa non andasse in te,
quanto eri sbagliata e inutile.
Lei che ti ha illusa, facendoti credere di non meritare
niente, di aver bisogno della malattia per essere felice e per cercare un
controllo in quello che non potevi controllare.
Lei
che piano piano ha emaciato il tuo corpo, ridotto i battiti del tuo cuore,
accorciato il tuo respiro e annebbiato la tua mente.
Lei che ti ha fatto conoscere la rabbia, la stanchezza,
l'infelicità e la depressione.
Lei che ti ha imposto di vedere il mondo in bianco e nero, ti ha presa
per mano e ti ha portata via, da tutto e da tutti, mentre tu, ad ogni passo che
facevi, perdevi un pezzo di te: ricordo il tuo volto, bianco e inespressivo, i
tuoi capelli sottili, i tuoi occhi grigi e scavati che riflettendosi nello
specchio si inumidivano, la tua voce strozzata dal pianto, quel corpo così
fragile, quelle cosce smagrite che tu vedevi enormi, le tue mani che tremavano
per paura che anche un solo grammo in più su quella bilancia da cucina avrebbe
fatto la differenza sul tuo corpo, la tua mente sempre rivolta al conto delle
calorie, il freddo che sentivi, il calore che ti mancava, le notti insonni e la
luce dentro te che piano piano si affievoliva, fino quasi a
spegnersi.
Hai
incontrato lo sguardo della malattia e ti sei guardata dentro attraverso i suoi
occhi: nel tuo cuore viveva ancora una luce fioca, hai ritrovato la speranza, e
hai capito...
Hai capito che ogni briciola rifiutata era un minuto in meno da vivere.
Ogni giorno trascorso da sola era un tuo sorriso che si perdeva.
Ogni
specchio che avresti voluto infrangere rifletteva la bugia dettata dalla
visione distorta dei tuoi occhi.
Così hai mollato la mano che ti legava alla malattia e sei
tornata indietro, raccogliendo passo passo i pezzi di te che avevi perso per
strada.
Ti manca sorridere.
Ti
manca sognare la notte e inseguire i tuoi sogni di giorno.
Ti mancano i giorni in
cui stavi bene e ridevi senza che ci fosse un motivo.
Ma ormai manca poco, sei quasi arrivata a casa. La salita è stata lunga
e faticosa, ma durante il cammino hai ripreso in mano la tua vita e lasciato
paure e fragilità, pur conservando il ricordo dei momenti in cui persone prive
di buon senso hanno riso di te, e non riso con te, hanno confuso la gentilezza
con la debolezza, hanno pesato le parole in modo che ti ferissero, hanno
sottolineato le tue diversità, giudicandole stranezze e non unicità, di quelli
in cui hanno preteso troppo da te, privandoti del diritto di sbagliare, di
quelli in cui ti hanno fatto sentire inadeguata, mentre tu, così spaventata,
non hai saputo difenderti, e hai convinto te stessa di essere come gli altri ti
hanno ritenuta.
Ma io lo so, che ora tu non hai più paura. Me ne rendo conto
mentre ti guardo, quando cammini a testa alta rincorrendo la felicità e
rivelando finalmente quella che sei e quello che veramente pensi, dal giorno in
cui hai capito che puoi sentirti al sicuro sotto quella corazza che hai
costruito convivendo con lei, lottando contro di lei, soffrendo per lei, l'anoressia,
lei che nonostante tutto ti attende ancora sulla soglia, fuori dalla
porta.
Cara me, sappi
che d'ora in poi mi prenderò cura di te e impedirò a chiunque voglia farti del
male di abbattere il muro che tu hai innalzato con tanta premura per
proteggerti.
Cara
me, un giorno ti renderò orgogliosa di quella che sono: io, che ora non ho più
paura.
Ti
voglio bene,
Diletta P.
Queste sono parole di Vita!
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