domenica 28 ottobre 2018

Dolce, meravigliosa Libertà.


“Arriva un momento in cui ti guardi alle spalle e non vedi solo sofferenza inutile ma vedi tutti i frutti nati da essa. Arriva un momento in cui, nonostante tutto il dolore attraversato, ti senti fortunata ad avere avuto la possibilità di fare un lavoro così profondo su te stessa, di esserti dovuta scontrare con una grande difficoltà che, anche se era iniziata come oscurità opprimente, ora è diventata calda luce del sole. Arriva un momento in cui il tuo cuore si scioglie in un dolce sorriso perché capisci che a vincere sei stata tu!
Allora ogni cosa acquista un enorme valore, anche la più piccola, anche la più banale. Tutto sembra diverso, e non perché sia il mondo esterno a essere cambiato ma perché sei cambiata tu. Inizi a vedere la poesia nascosta in ogni cosa, ad ascoltare la melodia luminosa della vita, a non dare più nulla per scontato. Sei felice, sei felice di essere libera, sei felice di poterti godere la meraviglia che hai attorno. Sei felice di essere viva!”
(tratto dal libro “Dolce,meravigliosa libertà”)

Gli occhi pieni di sole, il cuore pieno di affetto, l’anima piena di luce e la vita che lentamente riacquista un senso: questa è la vera rinascita. 

Rinascita significa libertà. 
Significa riuscire a trasformare una sofferenza che opprime, che distruggere, che non lascia respirare, in sofferenza che arricchisce e che apre la strada ad un meraviglioso cambiamento. 
Significa scoprire di essere ricchi di risorse per affrontare qualsiasi situazione. Forti come un uragano ma anche fragili come un battito d’ali. Resilienti come le piante che sotto la forza del vento si piegano ma non si spezzano, come alberi che cambiano le foglie a seconda delle stagioni ma mantengono forti e salde le loro radici. 

Rinascita significa dolcezza. 
Significa scoprire nuove prospettive attraverso cui guardare la realtà, significa conoscersi e riconoscersi in un mondo di cui prima non si voleva più fare parte. 
Significa scegliere di splendere come il sole, anche quando il dolore sembra voler spegnere ogni fiamma rimasta accesa. Decidere di utilizzare il fondo dell’abisso per prendere la spinta e nuotare verso la superficie. Lasciare che sulla sofferenza, sulla malattia, sull’oscurità sia la vita a vincere. 

Rinascita significa meraviglia. 
Significa saper sfruttare in modo costruttivo la difficoltà e saper cogliere nella crisi quello che di buono può portare. Significa poter finalmente riabbracciare la vita, riabbracciare questo dono prezioso faticosamente riconquistato per proteggerlo con dolcezza. Con la volontà di trasmettere un messaggio di speranza, ho deciso di racchiudere l’essenza della mia rinascita il un libro, “Dolce, meravigliosa libertà”. 
Mi auguro che la luce contenuta in esso possa raggiungere anche i cuori rimasti al buio, rimasti soli, rimasti bloccati in quel luogo di dolore dove la parola “felicità” ha perso qualsiasi significato. Che possa raggiungerli e contagiarli, dipingerli di bellezza, convincerli a lottare. 
Lottare per riconquistare la dolce, meravigliosa libertà che meritano. 
Lottare per riconquistare se stessi. ​
Lottare per riconquistare la Vita.

Elena

 

lunedì 22 ottobre 2018

Riconoscimento


Ho passato anni nel buio più totale, a essere un vegetale senza alcun tipo di emozione. L'unica soddisfazione che sentivo era la percezione di essere un dio, era quel peso della bilancia che volevo veder scendere a tutti i costi, era il senso di onnipotenza che provavo tutte le volte che avevo vomitato. “Ma ti vedi? Sei troppo magra! Sei uno scheletro!” Ma io non potevo vedermi, non potevo sentirmi perchè lei, la bulimia, mi aveva preso tutto!! Tanti anni passati a cercare il medico giusto, la pastiglia giusta per farmi guarire senza successo.... 
Ma a un certo punto arriva la cura: la psicoterapia di gruppo, dove non c'è un farmaco ma si guarisce dando voce al disagio interiore. Finalmente quell'urlo nel silenzio viene ascoltato e prende forma. La maledizione si allontana da me con molta fatica perchè non riesci a staccarti dalla malattia, perchè comunque lei è stata una stampella sicura e forte dove io mi sono aggrappata per tanto tempo.... E' strano dirlo, ma è come se, in un certo senso, lei mi abbia protetto. Poi il bruco che strisciava per non sentire le emozioni e paure diventa farfalla...svanisce l'illusione in cui vivi durante la malattia e per la prima volta arrivano le emozioni che avevo cercato di anestetizzare. 
E inizia il lavoro duro: ci sei tu e ci sono gli altri che non sono un piatto di pasta, ci sono gli altri con cui relazionarsi e non è sempre semplice. Ad un certo punto riesci a dare un senso a tutto, viene fuori gratitudine anche semplicemente per essere in vita, anche se provata duramente, sento gratitudine. Ma questo sentimento non basta, nel momento in cui esci dalla malattia ti scontri con le difficoltà e la quotidianità e il mio passato, la vulnerabilità delle mie emozioni non mi aiutavano, facevano crescere in me tanta rabbia......Cadevo continuamente ma così, cadendo e rialzandomi, diventavo sempre più forte. Poi grazie all'aiuto della mia Fede (Buddhismo) ma grazie soprattutto alla dottoressa Do che mi ha sempre sostenuto e aiutato, ho capito che la rabbia deve trasformarsi in vita, in sentimento propositivo, per cercare di costruire qualcosa e non distruggere. La parola che spiega meglio quello che vorrei è RICONOSCIMENTO. Non si possono lasciare le cose così, non posso immaginare una ragazza che si nasconde dietro al suo male o che si vergogni. Non posso pensare a un genitore disperato che ogni giorno vede consumare la propria creatura senza sapere cosa fare. Abbiamo bisogno di essere riconosciuti per tornare a vivere. Basta con questa morte, vivendo il frastuono dell'urlo nel silenzio. Vorrei una possibilità per me, per le altre, ma allo stesso tempo anche tu che stai di fronte a me, ti concederai una possibilità per conoscermi e capirti di fronte a me.

Anja

 

lunedì 15 ottobre 2018

Una vita senza numeri


Le nostre vite sono attorniate da numeri. 
Quel numero sulla bilancia, quel numero sul foglio del compito in classe, quel numero nel quadrante dell'orologio. Ovunque numeri. 
Puntiamo così tanto alla perfezione, a pretendere che in quel numero ci sia il nostro valore, la nostra dignità, ad illuderci che se abbiamo potere su di esso, lui non avrà potere su di noi. E dove prima nella nostra mente c'erano ricordi di momenti felici, di immagini proiettate nel futuro, di sogni ancora da realizzare, ora al loro posto ci sono solo fredde e apatiche cifre, che non comunicano niente se non un'instabile sicurezza. Così tutte le cose che ci caratterizzano, che ci rendono noi, svaniscono all'improvviso, spodestate dai numeri che ci danno certezza, la certezza che i sogni non erano stati in grado di darci. Però anche i numeri che crediamo amici ad un certo punto ci tradiscono.
Sì, perché anche loro cambiano, anche loro mutano, e non si può basare la vita su qualcosa di apparentemente stabile, perché é la stessa nostra Terra che non sta ferma, figuriamoci le cose che esistono su di essa. Le quantità hanno un valore diverso a seconda della scala con cui vengono lette, duecento grammi equivalgono a due etti, e teoricamente il numero due non può essere uguale a duecento; stesso discorso per l'ora, adesso qui sono le 23, ma in Australia è già un nuovo giorno che ha lasciato dietro sé le presunte perfette lancette dell'orologio. In tutte queste cifre ci riconosciamo perché non siamo più capaci di riconoscere noi stessi, né davanti allo specchio né quando proviamo a guardarci dentro, e pensiamo così di avere in mano la situazione, perché quel numero lo vediamo scritto nero su bianco, abbiamo la sicurezza tangibile che esista, a differenza della nostra esistenza di cui non siamo più tanto sicuri. Ed è questo il nostro sbaglio, dubitare del nostro valore. Dimenticare che fuori dagli schemi c'è altro, c'è la Vita, la Nostra Vita. Non sarà precisa, puntuale, sicura o stabile, ma è Vita. 
E vi assicuro che al mondo é l'unica cosa perfetta.

Elisa

 

sabato 6 ottobre 2018

Ascoltarsi.


Per "guarire" ci diamo moltissimi ordini, passeggiate, non mangiare oltre un certo limite, sopportare il vuoto, riempirlo velocemente e poi nasconderlo col silenzio.
Torniamo a letto incredule di averlo fatto, ci arrabbiamo e mortifichiamo e poi un'altra voce ci dice che domani sarà diverso!
Lottiamo contro di noi oltre che con il male!
Perché non ci ascoltiamo.
Perché non accettiamo le nostre ombre e dobbiamo splendere luce sempre.
Abbiamo bisogno di riflettere la nostra immagine e di vederci belle per sentire che ci siamo, viviamo, che la giornata vale la pena viverla!
E quando il riflesso non ci dice questo, allora non vale la pena niente, noi non siamo quella persona, ci sentiamo lontane da noi stesse!
Viviamo sempre attaccate al riflesso più bello di noi, ne abbiamo bisogno per accettarci!
Ma noi non stiamo in quel riflesso, in ciò che mangiamo, nel riscontro che abbiamo da parte degli altri!
Noi stiamo dove non è permesso a nessuno di entrare a meno che non gli apriamo noi.
Noi stiamo dove non c'è immagine, ma colori.
Noi siamo nella luce di un arcobaleno e nel buio della notte!
Non c'è specchio o bilancia, né regole e buoni propositi, ci siamo noi, nudi di ogni nostro artefatto!
Si guarisce quando ci si ascolta! Quando finalmente ci si sente liberi da dinamiche perché l'unica grande verità è quella che abbiamo accolto dentro di noi, l'unico riflesso che ci trasmettiamo è ciò che siamo dentro!
Ed il mondo non ci fagocita più, abbiamo la nostra strada da percorrere.

Clara


venerdì 5 ottobre 2018

Le emozioni senza voce


Volevo condividere con voi la mia storia. La voglio chiamare ‘le emozioni senza voce’, perché è così che sono davvero i disturbi alimentari. 
Sono emozioni represse che emergono sotto forma di questi mostri. Si, perché i DCA sono mostri, sono subdoli e ti fanno credere di non essere mai abbastanza, di non meritare nulla. 
Ti fanno sentire sola anche in mezzo a mille persone, ti fanno credere che sia meglio stare sempre sole, crogiolarsi nel nostro dolore. 
Vorrei ricordare il preciso momento in cui ho deciso di non mangiare più. 
Vorrei averlo scritto a caratteri cubitali sul calendario ‘SOFIA NON MANGIA PIÙ’. Magari se l’avessi fatto, mi sarei fermata prima di tutto questo, prima della mia morte interiore. Non ricordo nulla di quando la malattia mi ha preso tra le sue braccia, ricordo solo il freddo in piena estate, gli sguardi altrui e i continui pianti. Queste erano le mie giornate. 
Ho intrapreso il percorso in equipe, ho ricominciato da me, mi sono ripresa la mia vita. 
Sto lottando con le unghie e con i denti. 
Sto cercando di amarmi, almeno la metà di quanto mi amano quelli che mi stanno attorno. 
La malattia mi ha portato via tanto, ma mi ha mostrato la forza che ho dentro, la mia caparbietà e mi ha dimostrato quanto valgo. 
Quindi, in conclusione, lottate. LOTTATE sempre, che la vita è molto più bella se si è liberi da schemi e paranoie.

Sofia