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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

domenica 26 aprile 2020

Tu non sei...


C’era qualcosa di misterioso, di insidioso in me; un qualcosa di inafferrabile, impalpabile, eppure così oppressivo. La mia mente mi diceva che quel “qualcosa” non era altro che “vuoto” da colmare ma tutto ciò che ho fatto è stato generare altro vuoto dentro di me: “non mangiare”, “corri”, “non fermarti difronte alle emozioni, accelera, fuggile”, sono stati i miei motti, e in un certo senso lo sono ancora oggi. Perché la mia mente lo percepiva un “vuoto”? E perché ancora tutt’oggi, dopo 5 anni di autolesionismo ininterrotto continua a farlo? Cos’è il “vuoto” se non la parte complementare del “pieno”, se non il suo opposto e quindi la sua definizione? Cera un qualcosa di misterioso dietro quella porta, tra gli scheletri nell’armadio, qualcosa che attrasse sempre più il mio interesse. Giorno dopo giorno quel mistero alimentava la fame di me, era la mia forza: più quel numero decresceva in modo indiretto rispetto alle ossa che sporgevano e maggiore era l’adrenalina che scorreva nelle mie vene. Velocemente sono precipitata nel vortice, senza accorgermene, orgogliosa e fautrice di un’onnipotenza inesistente. Si stava generando troppo vuoto intorno a me, o forse era quello che io stessa lasciavo tra me e gli altri; c’eravamo solo io e la malattia. La “piccola Alice”, un giorno stanca dei digiuni iniziò a mordere dei piccoli biscottini invitanti (<<eat me>> sembravano sussurrarle insistentemente) e osservò che attimo dopo attimo la sua ombra diventava sempre più imponente. Non poteva di certo continuare quello strazio, quelle privazioni eterne, così trovò un compromesso che apparteneva allo stesso mostro che era l’anoressia, fatto di vuoti affamati e “full” disgustati che trasformarono la routine del cibo in un immancabile appuntamento notturno. Ora siamo in 4, il cerchio si allarga pur restringendosi: ci sono io, le due facce della malattia e il bagno. All’improvviso quest’estate qualcosa cambiò: come un angelo qualcuno scese accanto a me, senza parlare, solo essendo presente mi ha dato un input vitale, riuscivo addirittura a percepire piccoli crampi di fame di vita. Fu l’ennesima illusione. Ormai mi trovo qui, nel labirinto di specchi che mi confonde e mi rimanda immagini slabbrate e deformate; ovunque mi trovo non so dove andare, sento echi, e poi fruscii e vedo ombre correre affianco a me. Mi fermo, senza possibilità di cambiare, cammino, sperimentando nuove mete, forse ancora troppo lontane da quella che è la bramosia di vita. Mi sono preclusa di vivere, ed ora tutto è passato senza essere stato vissuto, continuo a precludermi di vivere il presente divorando me stessa e rigettandomi nell’angolo più squallido e deserto, senza un passato adolescenziale, senza un presente e con un futuro inafferrabile e indefinito. Tu che stai leggendo non sei sola, tu che stai scrivendo non sei sola, tu che stai ascoltando non sei sola; tu, non sei né bianco né nero, sei tu: luce che riflette ogni colore e fortezza di ogni sfumatura di cui sei ignara. Tu, si proprio io, proprio tu che stai lottando la mia stessa battaglia, tu che non hai mai avuto tutto ciò come nemico ma che ne hai molti altri; noi…siamo nero sbiadito fino al blu protettore, angeli lilla speranza, fino al bianco puro e vergine. Abbi il coraggio di osare, abbi la forza di vivere; perché tu sei.

Giorgia


lunedì 20 aprile 2020

Schegge in tempesta


L’odio per te è tale
da non permettermi di non pensarti.
Sarai fiera nel vedermi adesso
in un corpo di schegge
di schegge di vetro tagliente
ormai macerie del mio essere
Mi hai rubato tutto e dato niente
ti sei presa ogni forma e dimensione
ogni sogno, ogni ambizione
e mi hai gettato nel tuo abisso inspiegabilmente affascinante
Hai voluto aver ragione,
hai bramato vincere,
hai desiderato rendere quelle coste frastagliate,
hai trasformato ogni cosa in un pianto
Hai dato peso solo a te stessa
convincendomi che si potesse essere come un petalo di rosa
Volevi liberarmi dai problemi
Ignara del fatto che mi rendessi Il problema

E ci sei riuscita, ci stai riuscendo, ma non ci riuscirai più

Ecco, ora ho imparato ad odiarti
un odio assai profondo che si cela nel cuore
ma s’intravede dagli occhi
Occhi stanchi di guardare il mondo con invidiosa indifferenza;
di essere sommersi da lacrime ;
di vedere gli altri vivere
mentre io esisto solo dietro una finestra
Non per molto ti ho amato
cieca dalla tua follia e dalle mille promesse…
Ma quel tempo è bastato per intrappolare la mia anima nelle tue grinfie
In quel oscuro vortice di dolore
che ancora vedo girare nei miei giorni di tempesta.
Mai riuscirò a perdonarti
nè il tuo nome sarà pronunciato senza ripugnanza alcuna
dalle mie labbra nostalgiche di sorriso

Come hai fatto a illudermi in tal modo?
Giurare che col tuo aiuto tutto sarebbe stato facile?
Promettermi il comando al timone della vita,
esaltando il controllo perfetto su ogni aspetto?
Hai voluto che conducessi la mia barca
solamente per potermi far naufragare
dalla bufera della tua meschinità
Poi hai sottratto la forza,
ti sei presa ogni parte migliore di me
e mi hai lasciato le briciole più insignificanti
magari deridendomi alle spalle…
Questa tua allegria mi ha reso inerte alla passione
facendomi scortare il modo di sorridere
Passiva, dura, rigida…
non cedere alle emozioni mi aveva dato l’idea di superiorità…
…ma bastava un soffio, un leggero tocco per farmi crollare:
come una crepa nel muro
che pian piano si spezza in infiniti granelli di polvere
così la crepa si stava aprendo nel mio cuore di pietra.

Intanto a che serve piangere adesso
se so che resti indifferente…
Allora non spreco una lacrima di più- non un’ulteriore parola
Per me sei L’odio
E io per te sarò un ricordo
Sì, l’energia la troverò
so che risiede da qualche parte in me
Voglio levigare le schegge che ora mi feriscono
Abbandonare il timone della nave
Uscire dalla finestra
Piangere di gioia
Nutrirmi di vita!


Eliana


giovedì 16 aprile 2020

"La bellezza nasce dai limiti"



Non so tanto da dove cominciare in verità.
Io non sono molto brava ad esprimere le mie emozioni ma adoro scrivere e voglio provare a raccontarmi, a raccontare un po’ quella che è la mia storia, cosa è la mia vita con un disturbo alimentare.
Allora, intanto una breve presentazione: mi chiamo Giulia, ho 17 anni e soffro di un disturbo alimentare da 4 anni.
Un bel giorno, dopo un lungo periodo di abbuffate, ho chiesto a mia mamma di portarmi da una nutrizionista con l’obiettivo di: farmi dare una dieta, seguirla e uscire dal circolo vizioso del ”mangia ogni cosa che ti passa davanti agli occhi” e ritornare all’obiettivo dei 40 chili.
Ecco, le cose sono andate un tantino diverse da queste.
Quando mi sono seduta davanti alla dottoressa ci è voluto una frazione di secondo da quando ho nominato “Ana” a quando lei ha scritto su quel foglio DCA.
Mi ricordo questo momento come se fosse ieri.
Ecco, possiamo dire che da quel giorno forse la mia vita ha cominciato a cambiare.
Sono stata mandata da una psicologa,Manola,che ad oggi considero il mio angelo custode e davvero penso sia una delle persone migliori che io abbia mai incontrato nella mia vita.
Sono in cura da lei da quasi un anno, ci ho messo tanto tempo per riconoscere di avere un disturbo alimentare e forse anche ora a volte stento a crederci fino in fondo.
Diciamo che tutto è cominciato a scuola, in prima liceo, e ora che sono in 4, posso davvero dirlo: queste scuola mi ha distrutta ed è il motivo principale del mio dca.
Ho partecipato ad una conferenza sull’anoressia, e ho creduto davvero potesse essere la soluzione a tutti i miei problemi: io ho sempre lottato contro il mio corpo, non mi sono mai piaciuta, ho sempre desiderato di essere magra come le mie compagne di classe, e invece sono sempre stata paffutella e golosa.
In Ana credevo di avere trovato tutto.
Sono dimagrita di una decina di chili poi è finito tutto e ho cominciato ad abbuffarmi.
Alcune volte vomitavo, altre volte prendevo lassativi, e ultimamente facevo molto esercizio fisico.
Ero, e lo sono ancora ma forse un po’ meno, completamente in un altro mondo.
Poi di un giorno all’altro è come se mi si fosse sbloccato qualcosa, come se qualcosa fosse cominciato a scongelarsi grazie all’infinita pazienza di Manola e a tutte le sue parole che mi hanno scaldata e hanno fatto sciogliere quel qualcosa che da tempo era immobile.
E così poche settimane fa credo di aver un po’ ricominciato a vivere: sono andata da Manola e le ho detto ”Basta. Sono stufa. Sono stufa di Ana”.
E forse finalmente, dopo mesi e mesi, comincio a seguire la strada giusta.
Diciamo che l’ho fatta un po’ breve la storia, ma 4 anni sono stati davvero lunghi: mi sono costruita un mondo tutto mio isolandomi da tutto il resto, ed ora è davvero difficile ricominciare, è difficile perché è come se mi stessi buttando nel vuoto, non conosco niente del nuovo mondo.
Però, la sensazione che ho in questo giorni è straordinaria, mi sento viva, per la prima volta mi sento viva.
Sono euforica, ho voglia di fare trecentomila cose.
Certo ci sono i momenti di debolezza, soprattutto per quanto riguarda la scuola, e a volte sono tentata di tornare indietro.
Non è una passeggiata ed è solo l’inizio, ma sono fiduciosa di poter arrivare ad essere davvero felice, ad accettare il mio corpo e condurre una vita sana.
Ho paura perché non so cosa mi aspetta e Ana è ancora presente nella mia testa, però voglio farcela perché voglio vivere, davvero, e non rincorrere un obiettivo che non potrò mai raggiungere.

“La bellezza nasce dai limiti” (A. D’avenia)

Manola

lunedì 13 aprile 2020

Alle sue gambe



È rannicchiata sul letto, le ginocchia al petto e le braccia distese lungo i fianchi, il volto girato a destra. Il suo sguardo assente è fisso sul muro, quasi volesse penetrarlo e scappare via, guarda il nulla e tutto. Si stringe con forza il ventre, vorrebbe spezzarsi a metà, lasciare lì quelle gambe pesanti, aprire la porta-finestra e poter fluttuare tra le nuvole grigie di quella giornata uggiosa. Ma la porta-finestra è chiusa, le tende non lasciano passare nemmeno quei pochi raggi di luce che sfuggono alle masse gonfie delle nuvole, e lei è lì intera, spezzata dentro. Non può fare a meno di sentire quella voce spessa e possente che dai visceri le urla e le dice di uscire, perché lei ha fame. Esce. Questo è il suo vuoto, lo sente nelle gambe, pesanti ma vuote al tempo stesso. Vorrebbe lasciarle lì quelle povere gambe, bastarde, che camminano sole, orchestrano i passi. Vorrebbe tornare indietro, cambiare strada ma loro continuano imperterrite la loro folle corsa. Questo è il suo vuoto, che riempie con massi pesanti, mastica lentamente questo piombo che si è portata alla bocca. Ingoia velocemente e sente quel vuoto che voleva colmare ingigantirsi. Il masso continua a scendere, le gambe sempre più pesanti, non riesce più a muoverle. Quelle povere gambe, bastarde, la bloccano lì dove è.

Lei non ha memoria di un mattino leggero, di un mezzogiorno spensierato, di una notte tranquilla. Ricorda solo la persistente oscillazione dei suoi folli pensieri, le sue traballanti decisioni, mascherate da ferme prese di posizione per un futuro che non esiste. Quel “da domani” che maledettamente ritorna come un pendolo a prendere a schiaffi la stessa fermezza col quale viene pronunciato; è una culla di morbida seta che la accarezza, le dà l’illusione di una totale ma fulminea felicità, prima di scaraventarla di nuovo nel baratro della realtà.Eppure, l’aveva scritto di non farlo più. Quella piccola agendina blu era un pozzo dal quale qualsiasi persona avrebbe potuto pescare l’ordine e il rigore con i quali organizzava il ritmo delle sue giornate. Appena posati sulla pagina, quei pochi grammi di inchiostro imperavano su qualsiasi cosa, persino sulle sue volontà. Quelle righe a penna nera orchestravano le sue giornate, vigili inesperti in un traffico confuso di azioni illogiche. E poi bastava un imprevisto, un evento che non doveva accadere perché fuori dal programma, ed ecco che tutti i semafori dell’incrocio diventavano verdi di colpo, simultaneamente, e le auto sfrecciavano nelle loro direzioni, incuranti di chi avessero davanti, di fianco, dietro. Lei stava lì, nel mezzo di quel groviglio che lei stessa aveva creato tracciando linee troppo dritte, immobile e incapace di spostarsi per mettersi in salvo.

Sofia


giovedì 9 aprile 2020

Fragile ed incantevole gabbia di cristallo


Al centro un ragno,
il nemico,
il mio omicida
e un unico compagno
che mai abbandona me,
il coraggio.
Cammino lievemente
tra i misteriosi ed innevati
sentieri del labirinto,
adagio, poi più veloce,
infine l’affanno.
La forza diviene ancora più energica,
inflessibile, inarrestabile.
Io, inconsciamente ossa
mentre aspetto che il ragno mi divori.
Un morso,poi l’altro.
Capace di bruciare la mia mente,
ma impotente di colpire il cuore.


Non esiste forse morte più dolorosa?
Eppure rimango in bilico,
ed è meglio che cadere.
Il nemico permane, nell’interno,
causa del sorriso
non più rivolto verso l’alto.
Per molto tempo ho paragonato
la mia vita ad un incontrollabile dolore.
Ma non è mai troppo tardi
per tendere la mano e lasciarsi andare,
accompagnare quel sorriso
nella diritta via smarrita
per poter uscire dall’anoressia, 
da quella fragile ed incantevole
gabbia di cristallo.


Caterina

lunedì 6 aprile 2020

Caro te...prova ad essere me...



Quanto fa male stare al mondo! Bloccare le emozioni, smettere di sorridere, vedere il bello negli altri e rispecchiare su di me ogni difetto. Proibirsi della compagnia, della libertà e della felicità. Non accettarsi mai, elaborare teorie assurde, convincersi di esse e conviverci quotidianamente. Starci bene nel male, assecondarlo e dargli voce. Ma quanto è brutto? Rifiutare ogni forma di aiuto, vivere in una bolla, isolarsi e sentirsi invincibili. Forti e deboli, severe e dolci, grandi e infantili, indistruttibili e facilmente distruggibili. Il beneficio di tutto questo? Ancora non l'ho trovato, ma sicuramente c'è. Qualche volta mi sento bloccata, non ho uscite, intrappolata da me stessa, con un riscatto troppo alto da assecondare, sprofondo nelle mie incertezze e non riesco a dare voce alla parte migliore di me. Ho il terrore dell'autocontrollo perché non sono in grado di gestirmi e di prendere decisioni per me stessa. Continuo a ripetermi che non sarà per sempre, ma allo stesso tempo penso che non riavrò mai la mia vita! Vorrei svegliarmi domani, senza più pensieri. Senza più sensi più di colpa, senza più un rigido controllo e senza più malattia. Essere una sedicenne come le altre, che ama la vita e che vuole godersela. Ma non funziona così! Purtroppo nemmeno la sofferenza dei tuoi cari ti aiuta a reagire, fa male ma non sovrasta la malattia. Pianti e suppliche non servono, non ti scalfiscono ma rinforzano lei... subdola e maligna. Lei che è pura fantasia... perché questa fantasia è tanta fantasia! Non crede a nessuno, la teoria è una sola... la sua. Davanti all'evidenza non abbassa le difese , ma le alza di più e ti convince. È così brava a farti cadere giù con lei, a farti sentire speciale e ad avere attenzioni senza fare niente. Lei così critica non può sbagliare mai, è la discendente della perfezione e dell'ambizione. Ma quando smetterà? Alterni due parti di te? Non sai più chi sei, cosa vuoi, dove sei! Ma perché vivere così a metà? La ragione, la razionalità mi portano a voler uscire da tutto questo... ma la paura! Si, la paura mi porta ad avvicinarmi sempre di più a te, perché non so più come si vive senza. Non ricordo cosa vuol dire essere malata, non ricordo cosa si sente e cosa si prova. Mi perdo nei miei pensieri, confusione...questo è ciò che ho in testa! Parole a caso, e tanti buchi neri.... VUOTO!
Ho bisogno di qualcuno che mi porti alla realtà che mi convinca a fidarmi... ad allontanarmi dalla malattia. Ma tutto gira intorno a lei... ogni posto, ogni cosa...! ho difficoltà a fidarmi, ho molta difficoltà...! e poi c'è lui... il CAMBIAMENTO! Perché devo farlo... per uscirne va fatto...! Magari non evidente, ma profondo, interno che si rispecchia nell'esterno. Quanto lavoro di testa, tutto questo ragionamento è costante... riempie le mie giornate. Si, perché ci penso. 24H su 24h... senza smettere mai! Questo mi soffoca, mi blocca, mi fa stare male. Purtroppo non si può pulire la mente, non si può entrare dentro e togliere la polvere. Togliere le preoccupazioni e mettere altro. Ma cos'altro... come potrei colmare un domani i vuoti della malattia. Ma soprattutto un domani un domani se ne andrà???
Sono ripetitiva forse, ma provate ad entrare in tutto questo meccanismo... come si può vivere con questo peso sulla testa! Come si può essere spensierati con tutto ciò... spero di essere stata il più chiara possibile! Ma soprattutto spero di avervi fatto entrare nella mia continua confusione e di avervi fatto sentire ciò che provo. Ciò che soffoco e che giorno dopo giorno soffoca me!

Agnese

venerdì 3 aprile 2020

Oggi posso vincere



Me la ricordo ancora quella sensazione. Subdola, ingannevole, intrigante al tempo stesso. Ricordo ancora il momento della pesata, quando quella voce mi ricordava quanto ero brava. Potevo essere brava anche io se solo quell'ago scendeva sempre di più.
Come facevi ad essere così potente? Voce impetuosa e dolorosa. Come hai fatto a prenderti i miei pensieri? Voce assordante e affascinante, strana, a tratti ammaliante. Seduttrice. Cura e antidoto, in certi momenti. Perchè sai essere garbata quando vuoi. Perchè sai ricompensare. Perchè sai ingannare. Ma poi ti riveli per quella che sei. Porti via felicità, spensieratezza, amore. E ti vesti di calcoli, numeri e restrizioni.
Sei arrivata quando meno me lo aspettavo. Ma in fondo a te, non ti si aspetta mai. Arrivi di nascosto. Quasi in punta di piedi, senza far rumore. Poi esplodi. Con la tua forza stravolgente. Voce che urla. Racconta. Irrompe e travolge. Di fronte a te non sono nulla. O meglio, non lo ero. Perchè oggi io combatto e sto vincendo.
Ogni tanto mi sembra di sentirti ancora. Te ne andrai mai del tutto? Forse no. Mi terrai compagnia sempre. Mi cullerai sempre un po' qundo sarò fragile. Ed io te lo lascerò fare. Ma saprò domarti. Ne sono certa. Saprò combatterti ed urlerò più forte.
Sarai un ricordo da non dimenticare. Ti porterò dentro per ricordarmi che posso ancora vivere. Ricorderò che mi hai annientata per non lasciartelo fare di nuovo. Mi spezzerò altre volte ma tu non ci sarai. Te lo prometto.
Non ti chiamo per nome. Perchè non ce la faccio, ancora. Perchè mi fai ancora paura. Perchè così, se non hai un nome, posso dimenticarti.
Ricorderò il suono della tua voce. Perchè questo sei per me. Una voce. E quando non ti sentirò più ricorderò che posso sorridere ancora. Che ci si può dimenticare di te. Delle tue ossessioni, del tuo volere, delle tue pretese. Ricorderò che si può vivere senza di te, e convivere con le emozioni. Ricorderò la forza di chi non mi ha abbandonata, dimostrandomi che si può essere anche più forti di te. Ricorderò la vita che mi hai tolto ed avrò fame...finalmente...ma di progetti.
Perciò voce cara, fedele. Portati via. Perchè oggi posso vincere.

Anonimo