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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

martedì 31 marzo 2020

Al Corpo...



Caro corpo,

non riesco ancora a capire...sei mio amico o no? sinceramente non mi hai mai fatto nulla di male, sono io che ne ho fatto a te. Ti ho odiato, mi facevi schifo tanto da ferirti, tanto da ucciderti lentamente. Tu non hai scelto me e io non ho scelto te; sei l'involucro della mia anima ma ultimamente litigate spesso voi due, anima e corpo. Dovreste smetterla di farvi la guerra, tanto ne uscite entrambi vinti...una battaglia a testa, punto a punto.
Ma avete ragione lo so, sono io l'ago della bilancia, il punto decisivo.
Scusami corpo per quanto ti portavo a correre anche se tu non ce la facevi, scusami se ti ho urlato di sparire, se ti ho costretto ad odiarti.
E tu, anima, perdonami se ti ho esclusa per un po' ma pensavo non esistessi più, ti credevo sparita e quindi ti ho sostituita. Non sono stata una brava supplente però...ti ho ammutolita, ti ho resa di ghiaccio, scontrosa, infelice.
Forse è ora di fare pace, con tutti e due.
Forse non adesso, non del tutto, ma voglio iniziare. Voglio diventarti amica, corpo, voglio che tu sia me e io sia te...una cosa sola.
E tu, anima, ci possiamo incontrare, possiamo fonderci assieme, possiamo iniziare a conoscerci.

Anna 

 

lunedì 30 marzo 2020

Amica/Nemica mia



Cara amica, come stai? Ti ricordi di me? 
Solo ora, mentre scrivo, mi rendo conto di quanto tempo sia passato dall’ultima chiacchierata insieme. Non parlo spesso di te, sai? Mi piace ricordarti come l’amica/nemica che mi ha fatta crescere e diventare la persona che sono, con tutte le mie insicurezze e le mie paure, ma comunque forte e sorridente. La nostra era un’amicizia particolare, diversa rispetto alle altre che avevo; non sei entrata nella mia vita con un “ciao” il primo giorno di scuola e nemmeno durante una serata in qualche modesto locale della mia piccola città. Ero un’adolescente come tante altre, una ragazza vivace e piena di voglia di scoprire. Amavo i miei amici, la scuola che frequentavo, il pattinaggio artistico e tutto ciò che avevo intorno. Poi improvvisamente qualcosa cambiò, forse con una banale barretta al gusto cioccolato di cui la confezione ne esaltava l’efficacia come “sostituto dei pasti e perdita di peso”. Ancora oggi non mi sono spiegare come, amica mia, mi sia ritrovata ad essere completamente affascinata e coinvolta dal tuo mondo, ad avere interessi e pensieri che mai avevo ritenuto importanti. Nonostante tu fossi così invisibile e impercettibile agli occhi, eri sempre presente nella mia quotidianità, in ogni momento della giornata tu eri con me. Mi facevi sentire importante e capace di controllare tutto. Mi facevi sentire viva. Invece mi stavo spegnendo. Piano piano. Giorno dopo giorno. Abbiamo trascorso insieme i mesi estivi, ti ricordi?I pasti e le porzioni diminuivano, il peso anche. Mentre le bugie a mamma e papà aumentavano, come il tempo giornaliero dedicato all’esercizio fisico e al conteggio delle calorie ingerite. Non passò molto tempo quando la mia vita era cambiata radicalmente; l’ambiente scolastico non mi piaceva più,il pattinaggio era solo un ricordo accantonato, e avevo abbandonato le mie vecchie amicizie per crearne una nuova, unica, tanto intrigante quanto dannosa. Ricordo bene il giorno in cui tentai di non ascoltarti, fu il giorno in cui nella mia vita si presentò la seconda amica speciale di questo orrendo pasticcio; era lei che ad ogni sgarro e ad ogni senso colpa mi spingeva a buttare fuori tutto ciò che avevo dentro. Così insieme alle schifezze mi liberavo anche delle paure e delle preoccupazioni. Sai, si dice che gli anni dell’adolescenza siano i più belli e spensierati, i migliori da ricordare. Ma non era così che volevo ricordare i miei anni d’oro, avevo già perso momenti preziosiritenendo importante ciò che con i miei sedici anni e con la mia superficialità consideravo tale. Volevo recuperare tutto il tempo, le amicizie e i sorrisi persi. Soprattutto volevo recuperare me stessa. Tu mi sei stata accanto sempre; il mio cambiamento, la voglia di uscirne, la ricaduta e la svolta finale. Oggi però lo so, nessuna barretta può sostituire un pasto in termini di nutrienti, nessun numero sulla bilancia può determinare l’umore e nessun pensiero o giudizio altrui vale più della propria felicità. Ognuno è speciale per la persona che è, difetti compresi, perché sai come si dice… i pregi sanno amarli tutti. Ora a distanza di anni mi sento di ringraziarti, e di salutarti per sempre. Tu che mi hai fatta stare bene e male come nessun altro al mondo, lasciamelo urlare… ho vinto io! Contro te, contro tutto e tutti, ho decisamente vinto io!

Addio amica/nemica mia.
                                               Non più tua,
                                                     Dada


 

domenica 29 marzo 2020

Io non sono te, Anoressia



Questa lettera è per te, anoressia. Non so da dove cominciare, avrei talmente tanto da dirti.
Mi hai tolto troppe cose. Piano piano, senza farti sentire.
Mi hai fatto credere che, per essere forte, avrei dovuto dimostrare a me stessa di riuscire a perdere peso, di controllare il mio corpo, di bruciare calorie, di mangiare sempre meno.
Mi hai strappato l’amore. Mi hai tolto lo sport. Mi hai privato della spensieratezza, della spontaneità.
Mi hai tenuta prigioniera dentro ad un tunnel buio, senza via d’uscita.
Perché continui a tormentarmi? Non ti voglio più.
Ti sei nutrita della mia energia, rafforzandoti.
Io credevo di avere tutto sotto controllo, ma era una totale illusione.
La verità è che tu mi hai sempre ingannata.
Mi hai accompagnato per mesi ed è così difficile lasciarti andare via. Mi sembra di abbandonare per sempre una parte di me.
Mi accoglievi a braccia aperte, sei stata la mia unica ragione di vita.
Adesso, però, voglio porre fine a questo tormento, ti farò passare tutto ciò che hai inflitto a me.
E’ così complicato, ritorni quando meno me lo aspetto e sei talmente persuasiva che, spesso, rischio di cadere nuovamente tra le tue braccia.
Eppure so dove vuoi arrivare. Lo so benissimo, lo hai già dimostrato a tante, troppe persone.
Continui a garantire che mi renderai felice come nessun altro potrà mai fare. Mi prometti tante cose.
Però, mi trascini verso l'oscurità e la tristezza, mentre io voglio la vita. Tutti meritiamo di vivere e di trascorrere il tempo che ci è stato donato, in libertà.
Non posso permetterti di portarmi via la vita. Di fare scelte al posto mio. Di sottrarmi ogni emozione. Di accecarmi. Di farmi restare sola  con te, isolata dal resto del mondo, all’interno di una malattia.
Io non sono te. Io non sono l’anoressia. Io sono Sara.

Sara


sabato 28 marzo 2020

Abbracciare il dolore


Cara Giorgia,
 
Ti scrivo questa lettera poiché, proprio adesso, riesco a vederti.
Oggi ti vedo, nella tua completezza, con tutte le tue peculiarità, con i tuoi pregi e le tue debolezze, con i tuoi grandi occhi blu che adesso riescono a sorridere davvero.
Oggi ti chiedo scusa, per il modo in cui ti ho maltrattata, per averti messo a dura prova, per aver pensato che quella vita, così dolorosa, non valeva la pena di essere vissuta.
Ma tu, cara me, non mi hai mai lasciato sola.
Grazie a quel corpo che, nonostante le sue fragilità, mi ha sempre sostenuto.
Scusami, se per capire chi ero ho dovuto metterti alla prova.
Scusa se il corpo era diventato l’unico strumento per “esserci”, per essere vista pur volendo scomparire del tutto.
Scusa, se tutto il controllo che non riuscivo ad avere nella mia vita, l’ho riversato su di te, su quel controllo maniacale di numeri, calorie, misure, che mi faceva sentire così forte ma che, per tutti questi anni mi ha resa schiava.
Ero convinta di controllare io quei meccanismi malati, di avere un controllo sul mio corpo, per poi realizzare che era la malattia, i pensieri, che mi tenevano in gabbia.
La vita era fuori, la vita nella malattia non era presente, la scelta non lo era, la coscienza non lo era.
Potrei anche chiederti scusa per tutte le occasioni che abbiamo perso ma, non voglio farlo. Senza questo lungo tunnel buio non saremmo mai arrivate dove siamo adesso. Senza aver attraversato le tenebre, non potremmo vedere la luce.
Oggi, guardo quella donna fragile con estrema tenerezza e compassione, oggi la tengo per mano, non le chiedo di sparire.
Oggi, che quei kg in più non sono numeri ma sono salute, energia, vitalità, gioia...oggi la proteggo, la ringrazio per aver resistito, la abbraccio per tutto il dolore che abbiamo attraversato e le prometto che d’ora in avanti ci sarà solo la luce.

Non posso promettervi che sarà semplice, è doloroso, è difficile, cadrete, penserete di voler tornare indietro ed i primi mesi sarà una lunga lotta interiore.
Ma, posso promettervi che ne vale la pena, che tutto quello che definivate vita era solo un inferno in cui eravate imprigionati. Vi renderete conto che non avevate il controllo su nulla ma che la malattia controllava tutta la vostra vita.
Aprite gli occhi, alzatevi, prendete coscienza, solo quando lo vorrete davvero riuscirete a reagire.

Giorgia


lunedì 23 marzo 2020

Il mio domani senza te, Anoressia



A te che ci sei stata nei momenti bui, mi hai dato la forza, facendomi sentire invincibile.
A te che mi hai dato uno scopo, la motivazione e la costanza.
A te che mi hai fatto credere di essere migliore.
A te che sei stata per anni l'unica per me, mentre io una delle tante. Una ragazza con debolezze e  insicurezze in cui hai trovato una porta socchiusa da cui entrare e ti sei conquistata il tuo posto. Vedo come lo stai difendendo, come ora sei tu a lottare per me e per non lasciarmi andare. E’ giusto che ti dica che ogni tuo sforzo sarà vano. Ho preso la mia decisione e voglio combattere, merito la felicità che tu non sei.
Mi dicevi che insieme eravamo migliorie io mi sono fidata mentre tu demolivi i miei sogni e le mie speranze, rimpiazzandoli con la tua presenza e le tue idee. Mi hai spinta sull'orlo di un precipizio tendendomi solo un dito a cui aggrapparmi per non sprofondare ma cercavi solo di tenermi prigioniera;mi hai fatto perdere di vista tutto intorno a me, non sapevo più chi fossi, sapevo solo chi eravamo io e te. Quando finalmente ho iniziato a lasciar andare quella tua mano prepotente ho trovato persone che nemmeno conoscevo, che sono state tenute al tuo braccio, che hanno avuto il mio stesso coraggio e ci siamo attutiti la caduta a vicenda.
Scivolando via da te mi hai riempita di graffi, ho ferite infette, e tu sei ancora sopra di me che mi tendi la mano, mi chiedi di ripensarci, mi prometti un futuro migliore.
Non ti mentirò, tu condizioni ancora i miei pensieri e le mie emozioni. Ma sto lottando e anche se ci sono momenti  in cui la tentazione di tornare da te è forte e avrei motivi per farlo, penso a quelli in più per cui non devo. Tu non puoi darmi un futuro, ma solo una ricompensa: la morte. Forse non oggi, non domani, ma dopo mesi o anni è esattamente li che arriverei. E' quello il tuo modo di premiare chi non ti lascia e assicurarti che le persone stiano sempre con te.
E’ difficile, doloroso e mi manchi.
Ma tu mi hai annientata, togliendomi tutto. Mi ripetevi  costantemente che non valevo niente, che sarei sempre stata sola, mi urlavi nel silenzio cose che mi distruggevano dall’interno lasciandomi credere che provenissero da me.
Ora voglio urlarti che io valgo, che sono quella che sono e ho diritto a sogni, speranze, gioie.
Non è colpa mia, non lo è mai stata. E' colpa tua.
Oggi io sono qui per dirti che non ci sarà più un futuro per noi.
Non ci sarà più un noi.
Tu sei come una nuvola sopra la mia testa che mi segue ovunque, hai presente quelle dei cartoni che fanno sempre piovere sopra lo sventurato? Tu fai così, mi segui e non mi molli, ma io ho iniziato a sollevare il volto e ho visto che il sole splende e l’aria profuma. Ho visto persone che mi porgono un ombrello, come hanno sempre fatto da quando mi sto bagnando del tuo grigiore. Ti rendi conto quante cose mi hai fatto perdere in questi anni? Ho lasciato offuscassi tutto e tutti sprofondando nel senso di colpa e nell’insicurezza.
Ho ricordi di giorni in cui ho creduto di averti scelta e averci perfino guadagnato. Tutte illusioni.
Ma ho deciso di lottare contro di te, e lo farò ogni giorno finché non sarai fuori dalla mia vita. Guarirò da te ANORESSIA.
Dicono che tutto il male che siamo costretti ad affrontare, tutte le guerre dove crediamo di cadere in battaglia, servono a qualcosa. Non so dirti quale sarà il qualcosa che mi porterai ma ora,cara ANORESSIA, so cosa fai, come ti aggrappi e distruggi, e se proverai a rinsaldare quella presa su di me, io non lo permetterò.
Di solito si saluta con un “a presto”, ma capirai perché non ho la minima intenzione di farlo.

D.

domenica 22 marzo 2020

Soffrire "dentro" ai tempi del coronavirus


                                              Ph. Credits: Tatiana Mura


Anche quest’anno, è arrivata, puntuale la primavera: mandorli e peschi in fiore, il primo tepore, il coro degli uccellini… Ma non ce la possiamo godere appieno, perché, reclusi in casa, siamo tutti in quarantena forzata da diverse settimane ormai. La vita quotidiana sembra stravolta, non c’è più tempo per correre, per uscire, per festeggiare.
Bisognava fermarsi: lo dovevamo alla terra, lo dovevamo a noi stessi, sempre troppo occupati da una sfinente routine, ossessionati dal fare e dimentichi dell’importanza di ciò che davvero è importante, il nostro ben-essere psico-fisico.
Nonostante i segnali d’allarme, siamo andati avanti imperterriti, a tutta velocità, come treni in corsa.
Bisognava fermarsi per evitare lo schianto, per evitare il collasso. D’improvviso, stop.

Messi alle strette e privati delle nostre libertà, iniziamo solo ora a renderci conto del valore di tante piccole cose, di tanti gesti, piccoli ma infinitamente preziosi, come una stretta di mano o il rito del caffè al bar, una passeggiata al mare o l’abbraccio di un caro amico; già, è proprio vero che si comprende il vero valore di una cosa solo quando ci viene sottratta. E allora il rimpianto che ne consegue può essere un prezioso monito, se lo sappiamo elaborare, se possiamo trasformarlo in un insegnamento utile per vivere un domani migliore.

Pur con il massimo rispetto per tutte le persone che lottano tra la vita e la morte e con cordoglio per tutte le vittime di questa drammatica pandemia, in questo momento non riesco a non fermarmi a riflettere su quanto ancora invisibile, impercettibile, sia la sofferenza psichica. Che la salute mentale sia considerata una salute di “serie B” lo andiamo costatando già da molto, purtroppo. Ma che nessuno in quest’emergenza collettiva si stia occupando e pre-occupando di chi è preda di una sofferenza interiore, viscerale, spesso invisibile ad occhio nudo, è un’altra amara constatazione che mi ritrovo a fare in questi giorni.
Penso a tante e diverse forme di disagio, soprattutto, alla violenza domestica, ai disturbi psichici e psicosomatici, alle disabilità -fisiche e psichiche- che cozzano contro le misure restrittive a cui tutti, indistintamente, siamo sottoposti in queste settimane e per un tempo non ancora ben definito. Restare h24 con le proprie difficoltà e con quelle di chi ci si ritrova accanto, è una sfida a cui molti non erano preparati e purtroppo poi quando si sta male chiedere aiuto può essere tremendamente difficile.
Stiamo tutti vivendo un terremoto emotivo che ci lascia nudi di fronte alla nostra vulnerabilità di esseri, e di essere, umani in questo pianeta chiamato terra. Per fronteggiare quest’emergenza, siamo tutti (chi più e chi meno) chiamati a gestire un importante carico emotivo, ognuno all’interno delle proprie mura domestiche, mentre cerchiamo disperatamente un modo per alleggerirlo, per renderlo un po’ più tollerabile e un po’ meno doloroso.
Se solo ci rendessimo conto di quanto importante è restare in contatto con tutte queste emozioni represse, che si scatenano e ci mandano in subbuglio.
Se solo imparassimo a fare loro spazio e ad ascoltarle con pazienza e attenzione, smettendo di trascurarle, di trascurarci.
Se solo comprendessimo che il senso più profondo di questa battaglia contro un minuscolo ma pericolosissimo virus è in noi, siamo noi, e che l’unica possibilità che abbiamo per sconfiggerlo è riprenderci la nostra umanità, il nostro essere fragili e vulnerabili, “semplicemente” e “imperfettamente” umani. Pensiamo sempre che a noi no, non toccherà, e stiamo imparando invece che potrebbe toccare proprio anche a noi o ad uno dei nostri cari: ché la sofferenza non guarda in faccia nessuno, arriva e traccia segni indelebili, arriva e lascia preziosi insegnamenti, arriva e talvolta, purtroppo, se ne va portando con sé chi cade nella sua trappola.

Sarà che l’ho imparato in 10 lunghi anni di lotta contro un altro mostro, il disturbo alimentare (senza dubbio meno letale e non contagioso come il coronavirus, ma altrettanto subdolo e diffuso) che lentamente ti spegne, ti isola e ti allontana dalla vita e dai tuoi cari ogni giorno un po’ di più, ma non riesco più a tollerare che si volti lo sguardo alla sofferenza, di qualunque natura o entità essa sia. Tutti meritiamo rispetto, meritiamo attenzione, meritiamo assistenza e meritiamo amore, anche a distanza.

La quarantena non è una vacanza, né un tempo immobile e sterile: è certo una misura preventiva e contenitiva, ma è soprattutto un’occasione preziosissima per restare in noi, con noi, per guardarci dentro e ascoltarci, per guarire le ferite che ci portiamo dentro da troppo tempo e che a lungo ci siamo illusi di poter ignorare, trascurare, persino dimenticare. E’ il momento di fare di necessità virtù…se non ora, quando?
In ognuno di noi c’è qualcosa di irrisolto, di inascoltato, di doloroso, con cui dover fare i conti e liberarsi da qualunque male, da qualunque ferita, da qualunque malattia implica sempre un faticoso lavoro di ri-elaborazione e di ri-scoperta di se stessi, che passa prima di tutto attraverso l’ascolto; l’unica vera “arma” che ci permette di capire e di ritrovare chi siamo veramente, quell’identità più pura che il male, la malattia, il dolore, sembrano averci strappato di mano.
La sofferenza assume un valore se ci orienta a costruire, a ri-costruirci, a crescere nel nostro rapporto con l’“io” e con l’altro.
La sofferenza va accolta, non ostentata.
Il dolore va elaborato, non represso.
L’anima (non solo il corpo) va nutrita, non soffocata.

Vorrei ricordarla così questa quarantena, come il tempo del silenzio e dell’ascolto, del ricordo e della crescita, del contatto intimo e degli affetti ritrovati e fortificati.

R-esistiamo.
Lo sconforto, l’incertezza e la paura passeranno.
Torneremo ad avere le nostre libertà e le abbracceremo con più ardore che mai.
Torneremo a sorriderci, a stringerci la mano, ad abbracciarci e lo faremo con più consapevolezza e umanità di prima.
Ne usciremo, perché prima o poi quest’emergenza finirà. E ne usciremo tutti più umani.
Ma nel frattempo non smettiamo di volerci bene e, soprattutto, di dircelo. Per dirci l’amore che proviamo, ogni momento è quello buono: anche domani, anche oggi, anche adesso.

Sandra




 

sabato 21 marzo 2020

Marzo di ri-nascita


E' un marzo strano, oggi per esempio è il 16 ed io penso al mio compleanno, al concetto che ha sempre rappresentato per me.
Sono chiusa in casa, ma ad essere onesta, per me non è così assurdo. Mi ci sono rinchiusa da sola, in tempi non sospettati di virus. Mi ci chiudevo un po' malata, a detta di qualcuno e un po' pazza.
Da quando è successo che qualcuno bussasse insistentemente alla mia porta, ho incorniciato quel sogno e l’ho appeso tra i desideri e le illusioni.
Sembra facile entrare, ma non lo è. Il fatto è che in pochissimi seguono le misure di sicurezza. Entrano portatori di vaccini, figli sognati e sorrisi, ma quando escono, perché sempre escono, si portano dietro più di quanto avevano offerto. Si portano dietro un pezzo di te, ed io vorrei solo se ne accorgessero.
Arriverà il giorno in cui tutti usciremo, ed io, forse, resterò in casa ancora un po’, per lasciare il tempo a chi mi ha preso dentro di sé, di venirmi a trovare.


Dopo aver scritto questo pezzo di diario-poesia l’ho sigillato con “collezioni di illusioni, fedele a me stessa”.

Ebbene, questa, spero comprensibile metafora, è una confessione. Ho sofferto e in parte ancora soffro di DCA. Non ho mai raccontato la mia storia se non attraverso la mia poesia e oralmente a quei pochi di cui mi sono fidata.
Oggi sono qui per me stessa: per iniziare a raccontare, e per gli altri. La mia esperienza e i miei studi forse potranno essere di supporto a qualcuno. Quello sopra è un breve testo, nel quale si racchiudono 13 anni di vita sospesa, che ora non appartiene più solo a me.
Ho paura, sappiatelo, ma non mi ferma più.
Vorrei raccontare tante cose, forse un giorno farne un libro, chissà.
Questo vorrei fosse un primo mattoncino di coraggio.
Io scrivo poesie da quando ero adolescente e vorrei regalarvene una:

Una farfalla fuori dalla tua finestra chiusa
ha battuto le ali,
un brivido ha percosso il tuo corpo inerme
come se le ali potessero esser le tue.
ti batterai laddove non pensavi di andare,
conoscerai crudeltà e silenzio
ma tu ricorda
quel batter d’ali,
perché la tua forza sarà così,
fragile in apparenza
ma bellissima.
Di una bellezza inoscurabile
ed avrà il suono della vita,
che come il mare
non puoi fermare.

sabato 14 marzo 2020

E da donna libera ricominciare



Specchio, sensi di colpa, disagio, inadeguatezza, paura, lacrime, mai abbastanza, assenza del sorriso, completamente risucchiata.
Potrei continuare all’infinito.
Guardandomi indietro potrei dire che sì, ero completamente risucchiata da quella malattia chiamata ‘anoressia’.
Non ero più Marilena.
In qualche mese la mia attenzione si concentrò soltanto sulle calorie e sul corpo, un corpo deformato, un corpo che non riconoscevo, un corpo mai abbastanza magro e perfetto per i miei canoni.
La verità è che ero pelle e ossa. Ma non era abbastanza, io non lo vedevo.
Il mio sorriso, che da sempre spiccava nel mio volto, non esisteva più. Avevo lo sguardo completamente perso, intriso nei miei pensieri, non riuscivo neanche più ad ascoltare, una delle competenze più grandi che mi sono sempre state riconosciute.
Non c’era più niente che mi facesse ridere o divertire, ero morta, non ero io. E con me se ne stava andando anche il mio corpo-non-corpo, quello che era rimasto. Quel corpo che guardavo ogni giorno, ogni ora, senza esserne mai contenta, perché ogni volta che lo guardavo balzava nella mia testa la voglia di strapparmi via tutta la poca carne che mi era rimasta, perché per i miei occhi era troppa, inaccettabile.
Il senso di vuoto, inadeguatezza e disagio che mi ha trascinata in questo tunnel non diminuì dimagrendo, ma si accentuò.
Stavo perdendo tutto, stavo perdendo la mia vita, non riuscivo neanche più a stare seduta senza sentire dolore, non riuscivo neanche più a capire cosa mi piaceva e cosa no.
Tutto ruotava attorno ai miei pensieri distruggenti.
Un giorno decisi di non guardarmi allo specchio ed ascoltarmi.
Le domande che ronzavano nella mia testa erano tante, ma quella maggiormente mi colpì fu questa: “Marilena, come ti senti? Sei felice così?”.
La lacrime iniziarono a picchiare il mio volto.
No che non lo ero, non mi riconoscevo più, non ero più la Marilena di un tempo.
Mi sentii tremendamente sola, nonostante fossi contornata da persone. Una solitudine interiore che doveva essere colmata.
Riconobbi che l’unico modo per ritrovare uno spiraglio di felicità era quello di andare contro me stessa, contro tutti i mostri che avevo in testa.
Mi dissi: “Vai Mari, alzati anche se non ce la fai, è il momento di cambiare”.
Dopo tanti mesi comparve “La me positiva”, sempre in conflitto con “La me malata” che mi ha abbattuto per tanto, troppo tempo.
Mi promisi che avrei combattuto, che avrei ripreso la mia vita.
Piano piano, passo dopo passo, affidandomi a persone esperte, nella gioia e nel dolore mi rialzai.
Molto lentamente ritornarono il sorriso, riemersero le mie peculiarità che per tanto tempo sono state schiacciate dall’anoressia, tornò la mia voglia di vivere.
Col tempo ho capito che si può essere felici se riusciamo ad afferrare la libertà, la libertà di vivere senza catene, imposizioni, cogliendo l’attimo e accettando l’imprevisto, godendoci la giornata e tutte le piccolezze che connotano la nostra vita, ma che d’altro canto sono tanto piccole quanto belle.
Sono passati circa due anni da quando mi sono rialzata.
Ad oggi penso che quel piccolo momento di lucidità sia stato la corda a cui mi sono potuta aggrappare per salvarmi.
Sì, ho avuto bisogno di essere presa e salvata.
E’ stato necessario, ha dato il via alla mia ripresa, al mio percorso, al mio ritorno a me stessa.
Ad oggi mi guardo allo specchio e sorrido. Sorrido perché non ho alcun motivo per non farlo, sorrido perché non ho più quelle catene che mi bloccano e opprimono. Sorrido perché sono libera, perché mi sento viva, e non c’è niente di più bello.

Con questo piccolo messaggio vorrei incoraggiare tutti coloro che si sentono soli, che si sentono lontani da loro stessi, che non sono felici, a CHIEDERE AIUTO.
Ricordatevi sempre che tutti ci meritiamo la felicità, perché LA VITA E’ UNA E VALE LA PENA DI ESSERE VISSUTA.

Marilena


giovedì 12 marzo 2020

Route 66: la lotta ai DCA


A te che stai combattendo una battaglia che ti sembra invincibile, a te che stai lottando contro una parte di te stessa, a te che vorresti vivere come desideri ma non riesci a farlo, a te che credi di avere tutto sotto controllo ma in realtà sotto controllo non hai nulla anzi sei controllata dall’anoressia o da un altro disturbo alimentare, a te che stai attenta a ciò e a quanto mangi, a quante calorie apporta ciò che mangi… a te che stai leggendo voglio dedicare una breve riflessione che spero possa esserti utile per trovare un briciolo di speranza e di forza per lottare contro un qualcosa che reputi più grande e forte di te e per ricordarti che hai la forza necessaria per combattere contro ciò che ora ti sembra l’unica modalità di vita, ma che per trovare tale forza devi scavare dentro di te, devi metterti in discussione e devi chiedere aiuto senza vergogna e paura.

C’era una volta una ragazza che pesava poco più di 38 kg, una ragazza fragile, perennemente triste e arrabbiata con se stessa e con il mondo, una ragazza affamata di amore ma che invece di sopperire a tale fame non ha fatto altro che affamarsi ancora di più. Dopo tanto tempo questa ragazza ora in parte non c’è più, ha lasciato il posto ad una ragazza con un peso più sano, una ragazza che, lottando, piangendo e perdendo diverse battaglie contro l’anoressia ma infine vincendo la guerra contro la malattia, ha riacquistato la voglia di vivere, di scoprire il mondo e di amare, oltre che di essere amata. Questa ragazza sono io e verso fine anno partirò con il mio ragazzo per un viaggio negli Stati Uniti, un viaggio lungo la Route 66, un viaggio che potrò affrontare solo se riuscirò a fidarsi del mio corpo, del mio istinto, se lascerò andare le briglie del controllo, se saprò affidarmi alla persona con cui intraprenderò questo viaggio, se saprò affrontare le difficoltà chiedendo aiuto, se saprò nutrire il mio corpo quando è necessario e quando ne sentirò il bisogno e se saprò apprezzare con tranquillità tutto ciò che di bello mi circonderà. Questo viaggio rappresenta per me una sfida, ma allo stesso tempo la dimostrazione che ho sconfitto una nemica: l’anoressia.
Racconto ciò perché voglio trasmettere un messaggio: nonostante le difficoltà tutto è possibile, bisogna volerlo, bisogna crederci e bisogna continuare a sperare, oltre che chiedere aiuto.
Per esperienza personale posso dire di aver fatto tanta fatica nell’affrontare la malattia, di aver fatto fatica nel chiede e nell’accettare l’aiuto esterno, ma di essere felice di aver affrontato tutto ciò perché mi ha permesso di diventare una ragazza più forte, mi ha permesso di sentirmi libera di scegliere, di vivere la mia vita, di pensare, progettare e in un futuro imminente intraprendere un viaggio negli Stati Uniti.
Ragazzi e ragazze, qualunque sia il vostro sogno non permettere ad un disturbo alimentare di distruggerlo e di impedirvi di realizzarlo. Sognate più che potete perché questo vi darà la forza e la voglia, unito a un lavoro psicologico su voi stesse, per riappropriarvi della vostra vita e anche se ora pensate che non vi è nulla per cui vale la pena lottare, vi assicuro che nel momento in cui riuscirete ad emergere un po’ dalla situazione in cui vi trovate vi ricorderete di tutto ciò che sognavate e che desideravate di fare.
L’anoressia ha un tasso di mortalità pari al 3% (non sono io a dirlo ma delle ricerche scientifiche), cerchiamo quindi di non porre fine alla nostra vita prima del tempo, prima di aver realizzato o di aver tentato di realizzare i nostri sogni.

La Route 66 ci attende, come a voi vi attendono i vostri sogni. Quindi: lottate!!! L’anoressia, come gli altri disturbi alimentari, possono essere combattuti. Potete vincere la guerra contro di loro. Vi abbraccio e vi auguro una buona vita!

Elisa B.


mercoledì 11 marzo 2020

Corpo, ricorda...



Corpo, stanza di dolore e privazioni.
Corpo, stanza di eccessi e colpa.
Corpo che ha patito sguardi di vergogna, impastandosi ad essi, sentendosi vergogna.
Corpo che annulla le distanze con il mondo per via di una sola abbuffata, ma con una sola vomitata ridisegna con prepotenza i confini violati.
Corpo confuso, in un mare di incertezza, di rabbia e paura, privato della sua essenza.
Corpo privato del godimento, del piacere, della relazione.
Corpo isolato.
Corpo senza meta tangibile. Corpo con una meta ideale, ma irraggiungibile.
Corpo come segno: su di esso si tracciano linee di frasi mai dette, di parole mai udite, di carezze mai ricevute.
Corpo parlante.
Corpo che non ha voce.
Corpo che, se lo si ascolta, è capace di dire più di mille parole.
Corpo che ricorda anche ciò che si vuole dimenticare, custode di celati avvenimenti e sensazioni.
Corpo - scrigno.
Corpo, ricorda.
Ricorda tutto questo, perdonati, continua il tuo cammino. Corpo, non avere paura dell'età che hai, non aver paura di quanto possa mostrarne. Lasciati fiorire, non tralasciare neanche un anno. Fa' sì che la prepotenza del tuo sbucciare sia superiore alla paura di chi proteggi - e minacci - con il tuo involucro.
Corpo, ascolta
È giunto il tempo di andare avanti.
 

Sabrina Carpentieri


Scritta in occasione della IX Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, 15/03/2020


https://coloriamocidililla.wordpress.com/

martedì 10 marzo 2020

Fragile e preziosa come un cristallo


Cristallo luminoso e fiero,
sicuro della sua potenza, così altero,
osserva nella stanza il cesto di paglia, il paiolo di rame,
orgoglioso di non essere parte di quello sciame.

Con disprezzo guarda quegli oggetti di scarso valore
quasi sminuiscano con la loro presenza il suo splendore.

Una folata di vento mattutino
il paiolo cade, il cesto rotola, precipita il cristallino
ed in quel momento avverte
che il suo potere non vale niente.

Il cesto intatto, il paiolo ammaccato,
lui completamente sbriciolato,
polvere bianca e luccicante
sospesa nell’ aria con riflesso di diamante.


Sei fragile e preziosa come un cristallo, fisicamente quasi trasparente, ma non ti vedi, non percepisci il tuo corpo, ti guardi e il riflesso è di una fanciulla grassa.

Lo sguardo è deciso e tagliente come il vetro e  nessuno riesce a convincerti, non bastano dolci suggerimenti o severi ricatti.

Nulla è rilevante l’obbiettivo è solo non mangiare, in quella tua decisione ti senti forte, potente,  hai il controllo su te stessa ed il mondo che ti circonda.

“Chi sono gli altri, cosa vogliono, io non sono malata quando vorrò iniziare a nutrirmi di più  potrò farlo”

Che grande illusione, la malattia ti ha ingabbiata e come un serpente che stritola la preda non ti molla, i tuoi vani tentativi di fuga  non servono a nulla, sei quasi spacciata.

Il cristallo superbo e scintillante instabile al vento che soffia potrebbe cadere e frantumarsi e come lui tu delicata fanciulla potresti distruggerti.

Nei momenti critici la paura ti assale e un po’ la tua determinazione vacilla, ma ritorna guardinga appena ti riprendi.

La speranza è che il cristallo resista e non precipiti e non ci sia per me il rimorso di non averti potuta salvare.

Claudia
 

mercoledì 4 marzo 2020

Ad ali spiegate



Cos'era quel mostro?
Paura di crescere? Paura di confrontarsi con il mondo? Paura di guardarsi dentro?
Ancora non mi so rispondere, ma qualunque cosa fosse, ha invaso la mia realtà diventando l'unico soggetto delle mie giornate. L'unica cosa che mi faceva alzare dal letto la mattina era il pensiero di trovare nuovi modi per raggiungere quel bramato numero sulla bilancia, per raggiungere quell'immagine di perfezione che c'era nella mia testa. Ma qualsiasi obiettivo non era mai abbastanza, l'immagine riflessa allo specchio era sempre sbagliata e, con il senno di poi, oserei dire sempre più martoriata.
Ma la verità è che la cosa sbagliata non è mai stata il mio corpo, non è mai stata il mio peso. La cosa sbagliata era il modo che avevo di percepirmi, era l'opinione che mi ero fatta di me stessa, era la stima assente che avevo in me, la cosa sbagliata era credere che non avesse senso vivere una vita che ti pone di fronte a certe esperienze troppo precocemente, per le quali non sei in grado di reagire.
E tu, cara anoressia, te ne sei approfittata promettendomi una 《nostra》 realtà più sicura, una realtà in cui sarei potuta essere padrona di me stessa, una realtà in cui avrei avuto il controllo di ciò che mi accadeva attorno.
Ma le tue erano tutte bugie.
Mi hai fatto cadere in un baratro da cui non potevo più uscire, un circolo vizioso che mi ha costretta ad aggrapparmi sempre di più a te, che mi hai ripetutamente portata a toccare il fondo, distruggendo le persone che mi stavano accanto e che mi volevano bene.
Ma non l'hai avuta vinta sai?
Con il tempo ho capito che la vita non è "tutto o nulla", ho trovato la forza di non darti retta più, sebbene ormai la nostra fosse diventata un'amicizia profonda e consolidata. Ho capito che con te stavo allontanando quella che è la vera essenza della vita. Ho iniziato a non prendere più per un complimento le facce schifate della gente quando mi guardava, quelle stesse facce di cui invece ti nutrivi e ti rinforzavi in me.
È allora che ho capito veramente chi eri.
Così ho deciso di farti uscire dalla mia vita, per far nascere una nuova me che, come una farfalla che esce dal suo bozzolo, non vede l'ora di iniziare a vivere davvero.

Rachele 


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Ph. Credits: Christian Spencer