spero che i temi scelti siano per voi motivo di discussione e di riflessione ...
Un abbraccio
Michi
COMMENTO DEL LIBRO" IL VASO DI PANDORA" ( a cura di Laura Dalla Ragione e Paola Bianchini).
Questo è un libro talmente importante che, secondo me, dovrebbero leggerlo obbligatoriamente tutti i componenti della famiglia colpita da un caso di Dca, i medici di base, gli insegnanti nonchè alcune persone che si improvvisano esperte e fondano associazioni e gruppi di aiuto autoinvestendosi di ruoli di pseudo-salvatrici per chissà quale ragione.
Se solo invece si avesse l'umiltà di leggere questo libro capace invece di dare voce e dignità alla domanda che sta dietro una anoressia/bulimia e che non promette soluzioni miracolose (ma diffonde la speranza che è proprio attraverso la crisi che possa emergere il "nuovo") molti pregiudizi su questi disturbi cadrebbero.
E " l'immensa vergogna di essere sbagliate, di dare fastidio, di esistere" ( che io stessa ho provato prima di riconoscere l'evidenza di un problema) potrebbe essere almeno non rinforzata dalla parola dell'altro poco pensata.
E, davvero, per una ragazza con un disturbo alimentare ricevere una parola che apre e che non strozza ancora il cappio della corda che lei stessa si è messa al collo è già come poter respirare un pò di più.
In questi casi purtroppo " non si tratta di volontà, né buona né cattiva: la mancanza di volontà, il non poter avere una volontà è ciò che caratterizza questo disturbo".
A mio avviso è estremamente importante capire che , se una ragazza continua a digiunare, a vomitare o AD OSTINARSI A NON CHIEDERE AIUTO, non lo fa perchè vuole ma perchè non ha altra scelta.
Paola Bianchini infatti scrive:" è una impotenza meno evidente di quella fisica (essere per esempio in una carrozzella) ma non per questo meno invalidante.....non solo è sbagliato ma nocivo rimproverare questi pazienti dicendo che sono loro che la cercano (la malattia). Tutto questo oltre a farli sentire impotenti, non farà che aumentare il loro senso di colpa."
Che, mi permetto di aggiungere io essendoci passata, è cosi intenso e viscerale, cosi pervasivo in qualunque pensiero/azione si provi a compiere, che non ha affatto bisogno di essere ulteriormente rinforzato dalla parola altrui. O, peggio ancora , in questo caso PREGIUDIZIO.
COMMENTO DE " LA VITA ACCANTO" DI MARIAPIA VELADIANO.
Mi ha colpito subito il titolo di questo libro. Anzi per la precisione mi ha proprio chiamata. La vita accanto.... ma accanto a cosa? a chi?
Perchè il titolo va oltre, a mio avviso, all'idea di una esistenza con l'obbligo di convivere con "qualcosa/qualcuno" di scomodo.
Il libro non parla di come sopravvivere a una disgrazia. Il titolo lo dice chiaro: VITA.
Nel caso della protagonista , che è nata brutta, si tratta di crearsi una vita attorno alla sua "bruttezza". Si tratta di riuscire a spostare lo sguardo da quella cosa che la marchia agli occhi dell'altro e che non si può cambiare in modo da far emergere dell' altro oltre a quella"bruttezza".
In questa storia, per Rebecca sarà il pianoforte che le permetterà di crearsi un posto sostenibile nel mondo in cui poter essere cosi com'è semplicemente.
Ripeto è un titolo a mio avviso applicabile a qualunque vissuto in cui la persona, per qualsiasi motivo consapevole/inconsapevole, sente di essere una specie di aborto, di avereun vizio genetico, un qualche tipo di "deformità" che la rende SBAGLIATA e IMMERITEVOLE DI AMORE.
E' un titolo in sostanza che rispecchia quello che io definisco la "guarigione" : una vita accanto a quella mancanza ad essere su cui si basa, inevitabilmente, la nostra natura umana
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