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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

lunedì 6 novembre 2017

Quando il buio è luce



Ci sono momenti in cui il buio è luce.
Ci sono momenti in cui è giusto e naturale sentirsi crollare.
Momenti in cui è necessario urlare silenziosamente la propria rabbia.
Momenti in cui ci si sente traditi da un destino beffardo.
Momenti in cui il dolore è talmente forte da toglierti il respiro, da chiuderti lo stomaco.
Momenti in cui pensi persino che sia giusto annullarti, per vedere se tutto fa meno male.
Momenti in cui hai bisogno di muri e di steccati alti, per non vedere nulla.
Poi capisci che non poi continuare a farti del male, che ad un certo punto è bene fermarsi un istante, fare luce dentro te stesso, e tirare un sospiro profondo.
E così ti rendi conto che ci sono situazioni a cui non puoi dare una spiegazione. Situazioni dove non serve neppure sapere perché accadono. Accadono e basta. Accadono e basta. Capitano, come capita la pioggia in un bel giorno d'estate.
Ciò che ti resta da fare è tirare fuori tutto ciò che hai dentro. Devi riunire le energie residue che ti sono rimaste, parlando con gli altri, raccontarti, raccontare, aprire e talvolta spalancare la porta del tuo cuore per far crollare il muro del silenzio. Bisogna per forza e con forza ricostruirsi e se è necessario, cambiare. Durante il cammino ci saranno persone che non capiranno o che fingeranno di capire, ma nello stesso tempo si incontreranno altre persone pronte ad ascoltare e a condividere i nuovi sorrisi che il dolore aveva mascherato.
Non ho mai dato troppa importanza a chi mi diceva "Roby, volere è potere", forse perché la consideravo la solita frase fatta, il solito luogo comune.
E invece, a distanza di tempo, posso confermare che non c'è nulla di più vero. Dobbiamo fare questo sforzo di volontà, senza paura. Soltanto in questo modo potremo ottenere dei risultati.

Roberta

domenica 5 novembre 2017

Abbiate il coraggio



Più di tutto ricordo il freddo. Il gelo nelle ossa.
Quei vestiti larghi per mascherare quello che volevo nascondere al mondo: la mia malattia.
Ricordo il vuoto delle giornate, la fame d’amore sempre più grande.
Ricordo gli sguardi addosso della gente che mi trafiggevano come lame.
Ricordo il silenzio, le parole non dette.
Ricordo quelle litigate con mamma perché ancora una volta avevo deciso di non nutrirmi: oggi capisco il suo dolore.
Oggi capisco che i silenzi possono anche colmare i vuoti.
Oggi sono rinata e lo devo soprattutto a me stessa, per aver avuto il coraggio di affrontare tutte le mie paure, ad una ad una.
Abbiate il coraggio di parlare, di farvi aiutare.
Abbiate il coraggio di dire “basta”, di riprendervi in mano la vostra vita. Abbiate il coraggio di guardarvi allo specchio con consapevolezza.
Abbiate il coraggio di capire, di analizzare.
Scegliete la vita, sempre.

Denise

sabato 4 novembre 2017

Splendi più che puoi



Lei. Mia unica vera nemica.
Nemica subdola e distruttiva, potente e intelligente, invisibile al resto del mondo.
I travestimenti che è capace di usare sono infiniti.
Chi vincerà questa guerra?
Guerra che dura da anni...
Tante battaglie ci sono state.
Alcune le ho vinte, altre le ho perse...
A me piace dire che le ho vinte tutte,
ho combattuto e vinto,
perché sono qua, sono ancora qui in questo pazzo e fragile mondo.
Ma sappiamo entrambe, soprattutto Lei, che non è così.
Che la vera vincitrice tra noi due è Lei.
Per ora. 

Appare come un angelo sceso sulla terra per salvarci.
Dalla nostra tristezza, solitudine, disperazione, rabbia.
Noi...i suoi seguaci.
La seguiamo, la adoriamo senza accorgerci che le sue ali candide non sono reali,
ma solo una delle tante maschere usate per ingannarci.
Sotto di esse risiede il Male.
Si presenta con un sorriso amichevole e comprensivo.
"Piacere sono Ana, se vuoi posso aiutarti, vuoi essere la mia migliore amica?"
Ti invita nella sua dimora, nel suo mondo fatato fatto di "speranze e sogni".
Ti apre la porta e te lo mostra. Acconsenti. Varchi la soglia. Ti guardi intorno. Ti piace. 
Ti istruisce circa le regole da seguire. Ti fai guardinga. Non tutte ti piacciono.
Hai paura.
Forse vuoi tornare indietro.
Non puoi.
È troppo tardi.
Ha chiuso la porta e gettato la chiave.
Ti guardi indietro per trovare quella porta e scappare fuori ma hai perso la strada e da sola non riesci, non puoi uscirne.
Allora la guardi, la supplichi di lasciarti andare.
Ma non c'è più comprensione o amore nel suo sguardo, solo malvagità e oscurità.
Ti guarda sprezzante, senza pietà.
"Da oggi sarò la tua ombra, non ti libererai più di me, anche quando penserai di avercela fatta, di aver ritrovato la strada, sarà solo un illusione. Io sarò sempre lì ad oscurarti la via. Piacere sono Ana, ma ora puoi chiamarmi col mio vero nome: anoressia, e sarò la tua peggior nemica".

Così è cominciata la mia guerra contro Lei, l'anoressia.
Senza neanche accorgermene mi aveva stregata.
Ora sono qui al buio, sto ancora cercando la strada giusta che mi riporti a casa.
Ma Lei è qui al mio fianco e me lo impedisce. E io non posso urlare perché sono sola in questo mondo e nessuno comprenderebbe...
Si per ora sta vincendo lei.
MA arriverà il giorno in cui sarò in grado di fare breccia nell'oscurità che mi circonda, portando Luce nelle tenebre. Quella luce che mi permetterà di trovare la chiave per aprire quella maledetta porta e, spero, chiuderla per sempre. 

Splendi più che puoi.

Cam

venerdì 3 novembre 2017

In Felicità#34



Mi chiamo Pamela, sono una donna di 44 anni. Volevo raccontare un po' di me o della non me,da quando l'anoressia ha cominciato a spogliarmi lentamente della mia identità più vera.
Credo che con un disturbo alimentare a cui si è intrinsecamente inclini, si nasca. Il mio rapporto con il cibo non è mai stato idilliaco e, già dagli anni del liceo, mostravo una personalità particolare che accomuna molte ragazze affette da DCA e che, più avanti mi avrebbe puntualmente definito. L'esordio vero e proprio della mia malattia è stato intorno ai ventidue anni mentre frequentavo l'ultimo anno della triennale. Ero dimagrita notevolmente e mostravo un'inverosimile attenzione al corpo e al controllo del peso. Accettai le cure mediche che, oltre 20 anni fa, prevedevano il ripristino fisiologico dei parametri vitali e un adeguamento secondo tabelle di peso. Nessuno si prese cura di me e della mia anima. I miei genitori archiviarono "il fatto" come un superficiale tentativo di dimagrimento fai da te. Non ne parlammo molto a seguire, ma in realtà la mia anoressia aveva cominciato a farmi compagnia e avrebbe condizionato da lì in poi gran parte delle mia esistenza. La mia attenzione alla fisicità e al mantenimento di un sottopeso voluto e l'eccessivo controllo del peso rimasero sempre una costante. La vita mi vide per caso o per fortuna, giovane sposa e via da casa abbastanza presto. Nonostante i problemi riuscii a portare avanti due gravidanze ma, alla nascita del mio secondo figlio, la bestia che pensavo di poter gestire si è cominciata a prendere lentamente ogni pezzetto della mia vita. Il carico delle responsabilità e forse i nodi del passato mai sciolti mi hanno condotto sempre più nel vortice del disturbo. Ho cercato fino all'ultimo di ostentare una presunta normalità fugando gli sguardi indiscreti e a volte compassionevoli degli altri. Vivevo il mio disturbo con un grande senso di colpa che si ripercuoteva sui bambini e sulla mia famiglia che, basita assisteva al mio declino. Mi sono confinata ad un'innaturale ed iniqua solitudine per la paura di essere colpevole e l'incapacità di saper reagire. 

Quando ho scelto di chiedere aiuto ho capito di essere fortemente invischiata nelle malattia. Il mio percorso di recupero è stato lungo e doloroso soprattutto all'inizio per una grande resistenza che mostravo alla terapia. Il mio disturbo aveva già da tempo cronicizzato tanti aspetti; i meccanismi routinari legati al cibo, ma anche una serie di atteggiamenti con cui affrontavo la vita,erano abbastanza radicati. Dentro tutta quella disperazione con la quale andavo a dormire e mi svegliavo ogni giorno, una cosa mi era chiara; se ne fossi uscita avrei raccontato. Credo che solo chi ha vissuto la malattia possa spiegarne il meccanismo subdolo con cui si insinua e il perverso rapporto con il cibo che in modo circolare mantiene vivo e fomenta il disturbo. Vorrei che tutti capissero che l'anoressia come tutti i DCA sono delle patologie che non si scelgono! Purtroppo non è cosi scontato! C'è ancora una scarsa informazione o, peggio ancora, credenze sbagliate che allontanano la persona che vive il disagio dalla sensibile comprensione altrui. Non è colpa mia...oggi lo so. Il disagio è solo la punta dell'iceberg di un mondo emotivo sommerso che ci rende più fragili e soprattutto sole nell'incapacità di chiedere aiuto e nella certezza di essere giudicate.

Così ho scelto di pubblicare un libro "In Felicità#34" con l'intenzione di sensibilizzare e informare il contesto sociale sui DCA. Da sempre fan di L. Ligabue, ho scelto di dedicare a lui il libro. L'anoressia è una malattia democratica: può capitare a chiunque, anche ad una fan del Liga…una tra tante. La musica mi ha sostenuto in questo percorso facendomi apprezzare il valore aggiunto degli approcci integrati nel percorso di guarigione. Successivamente la moglie di Luciano ha scelto di fare per me la prefazione del libro rendendomi un gran senso di gratificazione. Oggi presentiamo il libro nelle scuole, nelle biblioteche e anche nelle serate musicali, visto il contenuto peculiare. La mia famiglia d'origine e mio marito, spettatori impotenti e vittime anch'essi del disturbo, sono al mio fianco in questa lotta sostenendo e presenziando ogni iniziativa. Oggi mi sono restituita al mondo con la mia verità perché ho capito che quella della verità è l'unica strada percorribile e con tanto impegno partecipo alla lotta contro i DCA, contribuendo come posso ad aiutare.

Buona vita
Pamela Mele

giovedì 2 novembre 2017

Il mio amico Diario - parte 2


Rafforzare la propria parte di sé autentica attraverso la scrittura del diario
Il mio diario è stato un confidente, ma non è sempre stato l'amico che io pensavo fosse. Talvolta era un confidente per il mio DCA, che registrava i pensieri malati, invece dei miei pensieri "veri", "autentici". In quelle occasioni, diventava uno spazio in cui le regole erano fatte per provare ad arrivare alla fine di ogni giornata, e un contenitore di segreti a causa della forte vergogna, dello stigma e dell'ansia. La guarigione ha implicato riacquisire fiducia non solo in me stessa e negli altri, ma anche nel diario stesso.
Durante il percorso verso la guarigione, mentre diventavo sempre più consapevole dei comportamenti e dei pensieri della malattia, sono stata in grado di osservare e di riflettere su come il diario poteva aiutare ad evitare gli effetti debilitanti di quei pensieri e quei comportamenti dettati dalla malattia, come per esempio mantenere dei segreti o auto stigmatizzarsi. Coltivare queste tecniche di autoconsapevolezza mi ha aiutata a vedere quanto lontana ero arrivata nella guarigione, e a vedere che la malattia si inseriva nel contesto della mia vita, ma non era la mia vita.

Un luogo in cui piangere ‘la vita perduta’ e scoprire nuovi pensieri
Il diario può, soprattutto, "crescere" con lo scrittore, non solo durante i primi stadi della guarigione, ma anche, ad esempio, negli stadi finali, quando il dolore diventa una parte importante del processo di crescita verso un futuro promettente.
Il mio diario rivela il dolore per la "vita perduta" durante la malattia, e il dolore nell'affrontare la perdita della relazione con la malattia stessa. Il processo di guarigione implica molto di più che osservazioni del comportamento, riduzione dei sintomi, dati clinici e calcoli. La guarigione ha a che fare con le emozioni e le sensazioni, incluso il dolore per gli effetti della malattia sulle relazioni, la formazione personale e le opportunità lavorative, con l’esplorazione di vecchie auto-convinzioni e l’emergere di nuove consapevolezze essenziali per affrontare la vita. La consapevolezza dell'effetto provocato dal dolore mostra i benefici del tenere un diario nel tempo, perché il diario può diventare una risorsa, una fonte, di riflessione terapeutica.
Anche quand’ero consapevole che aggrapparsi ad una dieta quotidiana di pesi, calorie ed esercizio fisico è fare il gioco del DCA, mettere in discussione questi comportamenti può spaventare. Ma quando si è superata la fase del recupero, le decisioni in favore di sé stessi, della salute, di un corpo ed un mente in salute, diventano sempre più facili.
Lo scrittore può quindi usare il proprio diario per aiutarsi ad accettare la malattia come parte della propria storia di vita e a focalizzarsi contemporaneamente nel vivere appieno il ‘qui ed ora’, piuttosto che sulle perdite.

Indizi tra le pagine
Grazie alla riflessione, lentamente ho imparato a riconoscere come le decisioni, prese talvolta in nome del "tenere tutto sotto controllo" e dello stare "bene", stavano alimentando la mia malattia. Per essere libera, ho dovuto mettere a punto un nuovo approccio. Con il passare del tempo, il mio diario privato mi ha aiutata a riconoscere il bisogno di cercare aiuto quando si facevano strada i pensieri fastidiosi, distruttivi e legati alla malattia - velocemente, il tempo di una 'scivolata', semplice come mangiare un cioccolatino per dimenticare la sensazione di sentirsi esclusi, rifiutati, poteva trasformarsi in una ricaduta. Oltre a fornirmi un metodo di comunicazione con il mio terapeuta, e a rimanere un 'luogo' in cui emozionarmi e confidarmi, il mio diario è diventato un mezzo per aprirmi, per uscire allo scoperto.
Un po' alla volta, sono stata in grado di osservare la mia esperienza di malattia nel contesto della mia vita. Ero io, ma non ero 'io'; io potevo scegliere di non permettere alla malattia di definirmi.

Come può la scrittura di un diario placare un momento di difficoltà scatenato dal DCA?
Quando il pensiero di un disturbo alimentare ti spinge a cadere nei comportamenti malati, prendi il tuo diario (di qualunque forma esso sia) e scrivi. Non esitare. Semplicemente scrivi. Scrivi qualunque cosa. Semplicemente scrivi.
Il processo di prendere in mano il diario e scrivere, e lasciare scorrere, e scorrere, i tuoi pensieri incontrollati e le tue sensazioni, finché si esauriscono, può aiutarti a razionalizzarli e a vedere meglio la realtà della situazione. In questo modo, scrivere può essere d'aiuto nel neutralizzare e deviare qualunque pensiero incalzante del disturbo alimentare che ti spinge a farti del male.
I benefici dello scrivere il diario come strumento per distinguerti dal tuo disturbo alimentare si possono ritrovare anche condividendo e riflettendo sui contenuti con altre persone di cui ti fidi. Come mi ha raccontato Taylor, un partecipante al progetto-diario The Diary Healer:
Talvolta si trattava semplicemente di scrivere quello che il Disturbo Alimentare mi diceva, così potevo portarlo ai miei terapeuti e loro mi potevano aiutare ad affrontare i pensieri. Talvolta era questione di riflettere su qualcosa che era emerso in terapia e di rendersi conto di come alcuni messaggi e comportamenti del DCA si fondassero in realtà su errate auto percezioni. Soprattutto, tenere il diario per me è stato un modo per aiutare me stessa e la mia stessa voce, più che per imparare ad identificare la voce del disturbo alimentare. Avevo bisogno di trovare la mia voce per arrivare e mantenere la guarigione. Tenere il diario nel corso della guarigione mi ha aiutata ad imparare a riconoscere quando qualcosa che sento o penso mentalmente è incongruente con la mia voce, i miei valori, e il mio modo di stare al mondo.
Quando parlare è troppo difficile, scrivi
Non esiste una cura rapida per guarire da un DCA e quando si fa esperienza del rifiuto, dello stigma o della vergogna, che sia a casa, nelle strutture di cura o in comunità, ricominciare a comunicare può essere doppiamente difficile. Quando l’aiuto non viene fornito in modo utile, scriverne può aiutare sia il paziente che il terapeuta. Condividere degli appunti scritti, magari lasciandoli sul tavolo della cucina, o sul frigorifero, o in qualunque posto in cui risultino visibili agli altri, può aiutare ad alleviare un momento di difficoltà a casa, e le risposte si possono riservare per un momento successivo.
Scrivere, anziché parlare, può aiutare a superare la tendenza a mal interpretare quello che si dice o si fa, a casa e in terapia, e il semplice processo di scrittura può ridurre l’ansia, dare conforto ed essere rassicurante. Inoltre, mette una distanza tra chi scrive e l’evento, fornendo un’opportunità di riflessione. Mettere tutto per iscritto e sul tavolo aiuta a tirare fuori il disturbo alimentare, a non lasciargli possibilità di nascondersi da nessuna parte.  
Detto ciò, qualche volta, durante i periodi di malnutrizione, i terapeuti devono necessariamente affrontare la malattia per conto del paziente finché non si è recuperata una sufficiente consapevolezza di sé e una capacità di prendersi cura di sé.

Conoscenza, affetto e il diario - un trio potentissimo
Tutti all'interno della famiglia sono stati in qualche modo toccati dall’esperienza della malattia. Con la dovuta considerazione, il processo di scrittura dà il permesso non solo a chi scrive, ma anche agli altri membri della famiglia, di esprimere la propria sofferenza, di capire, di perdonare e di sviluppare l’amore per se stessi.
La famiglia non è la causa del disturbo alimentare, ma il suo ruolo nei processi di cura e guarigione è cruciale. La conoscenza è fondamentale, tanto quanto lo è l'affetto. L’affetto è uno strumento di guarigione straordinario quando viene espresso in un modo che si addice ai bisogni della persona che soffre, e riduce l’attrazione del disturbo alimentare.
Io sono grata al mio diario per avermi aiutata a sopravvivere, ad affrontare e a guarire dalla mia malattia, perché io posso essere qui oggi, a godermi la mia famiglia e a continuare a scoprire chi “io” sono, vivendo appieno la mia vita.
Fissare un appuntamento con il tuo diario è tempo ben speso. Consideralo come un investimento per il tuo vero io. Il miglior investimento che tu possa fare!
Scrivi!

June




June Alexander è una scrittrice internazionale e appassionata attivista nell'ambito dei disturbi alimentari. Da quando è guarita, nel 2006, ha scritto 9 libri sui DCA. L'ultimo, Using Writing as a Therapy for Eating Disorders—The Diary Healer, è la sua opera principale del suo lavoro di Dottorato in scrittura creativa.
La sua passione per la scrittura e per la cura che pone al centro il paziente, l'ha portata all'attivismo in ambito DCA a livello locale, nazionale ed internazionale. 

Di recente, June ha intrapreso uno scambio internazionale con Sandra Zodiaco e l'Associazione Mi Nutro Di Vita (Pieve Ligure, GE), per la lotta ai DCA e allo stigma che circonda queste malattie. Come parte di questa collaborazione oltreoceano, la traduzione in inglese di questo post scritto da June è disponibile su: https://www.thediaryhealer.com/category/blog/.