Abbiamo deciso di pubblicare uno degli articoli che la nostra nuova amica Irene ha inserito nel suo blog.
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Da Tally Weijl messaggi pro anoressia |
Non è bastata la morte di Isabelle Caro, modella francese che nel 2008 aveva posato, scheletrica e nuda, per Oliviero Toscani, nella controversa campagna contro l'anoressia lanciata dal marchio di abbigliamento italiano Nolita. Non è bastata la morte delle sorelle Ramos e di Caroline Reston, tre modelle sudamericane decedute per le conseguenze del disturbo alimentare di cui soffrivano. Non bastano le innumerevoli sfilate di moda dove, tra le già magrissime partecipanti, figurano ragazze che esibiscono gli evidenti segni di un deperimento fisico provocato da patologie legate all'alimentazione; un caso su tutti quello della Berlin Fashion Week del 2010, dove lo stilista Patrick Mohr aveva fatto sfilare modelle disgustosamente magre, pelate e con una barba posticcia. (Curiosamente, in quell'occasione le critiche erano state volte più all'aspetto sgradevolmente caricaturale di quelle donne barbute che non alla condizione clinica delle stesse.) Non sono bastati nemmeno tutti i tentativi (a mio avviso ridicoli) di "ridimensionare le taglie", di "proporre nuovi canoni", di "esaltare le curve femminili": niente di concreto è stato fatto, nessun cambiamento significativo apportato. Gli stilisti continuano ad esigere ossa e magrezza, come testimonia lo scandalo scoppiato a Stoccolma, dove alcuni agenti reclutavano pazienti all'uscita della clinica per la cura dei disturbi alimentari più grande di tutta la Scandinavia, offrendo loro un contratto da modelle. Eppure, nonostante queste notizie, c'è qualcuno che ancora non ha capito la gravità del problema: due giorni fa, esposta in bella vista nel negozio Tally Weijl di via Torino a Milano, campeggiava una maglia con la scritta "DON'T FEED THE MODELS".("Non nutrite le modelle".) Alla luce di esempi così eclatanti di come il mondo della moda stravolga e influenzi i corpi e le menti di migliaia di ragazze e donne, ci vuole un bel coraggio a propinare un simile slogan, che può essere definito a tutti gli effetti come inneggiante all'anoressia. Inoltre, data la chiara allusione ai cartelli che vietano di dare cibo agli animali ("don't feed the animals", "don't feed the birds") il messaggio veicolato è anche profondamente irrispettoso nei confronti della donna, presentata alla stregua di un animale che non merita di essere nutrito. E questa idea è proposta con estrema leggerezza e voluta noncuranza alla (per lo più giovane e non necessariamente consapevole) clientela del negozio che, passivamente, recepisce e sublima un pericoloso messaggio all'interno di un ambito apparentemente innocuo - un negozio di moda giovanile. Complimenti a Tally Weijl!