Continuando il percorso che sto
facendo per tornare a ‘casa’, nella mia anima, sentivo sempre più forte il bisogno
di affrontare il problema alla radice e provare a cercare l’origine del
malessere che mi ha portato a rifugiarmi nella malattia dei DCA per 20 anni.
Fin da bambina mi sono creata una
realtà ‘mentale’, l'amore dei miei genitori mi ha tenuta legata a terra, però
come un palloncino non riuscivo a stare nella Vita, a sentirmi parte
dell'Universo... c'ero ma in una mia dimensione... ‘nella testa’... finché sono
andata all'asilo e alle elementari è andato abbastanza bene... l'impegno e le
relazioni erano limitate... poi però la ricerca di identificarmi in qualcuno...
ero rigida mi imponevo dei comportamenti imitando gli altri, non riuscivo a capire
come si ‘doveva’ fare per avere amici, ridere, scherzare, anche piangere,
emozionarsi... vivere.
Che fossi particolarmente
sensibile l'avevano capito tutti, tranne me... così è continuata la separazione
dalla realtà, dal mio corpo e l'evitamento delle emozioni di qualsiasi tipo...
vedevo gli altri migliori a prescindere... i capelli di una compagna, i gesti
di un'altra, il camminare in un modo e continuavo a cercare ruoli...
Cominciando a prendermi cura di
me e ad amarmi, ho trovato finalmente il coraggio di guardarmi dentro, prendere
contatto con me stessa, e provare, con estrema paura, a ri-sentire quel vuoto
che era tutta me stessa.
Stavo e sentivo vuoto… una voragine nera… paura, panico…. avvertivo me piccola piccola.
Ferma, immobile, tutta rigida, incapace di muovermi, paralizzata dalla paura, paura
pura.
Non dolore o sofferenza, ma
paura.
Ho percepito perfettamente il
desiderio provato di tornare nella pancia della mia mamma e ho sentito
rabbia nei suoi confronti perché facendomi nascere mi aveva... rifiutata,
spinta fuori…. scaraventata alla vita... e non c'era ad abbracciarmi (le
avevano fatto il cesareo e per qualche giorno sono rimasta sola)... mi è
mancato il suo calore immediato, il suo abbraccio, il contatto con la mia
mamma.
Mi aveva‘gettata’ alla vita e
lasciata sola... non sapevo dove fosse avevo paura.
Quell'abbraccio immediato così
importante, quello mi ha pietrificata…. non c'è stato. Il suo darmi alla Vita
l'ho vissuto come un abbandono, come se mi rifiutasse, non mi voleva più dentro
di lei, al caldo protetta e sicura, amata, legata fisicamente a lei.
Per questo ogni difficoltà è
senso di abbandono, ogni dolore una paura che non sapendo gestire giustifico
come fosse una mia colpa, per insicurezza mi identifico come la responsabile e fa
meno paura dell’idea di non essere voluta.
Quando cercavo il trauma che
giustificasse l’onta che sentivo…. immaginando mille cose terribili....non
c'era niente... allora ho allontanato lo sguardo, ho guardato più da lontano e
ho visto che quel vuoto non era enorme, l'addome di quello spirito famelico non
era enorme e il collo non era troppo piccolo da impedirgli di saziarsi, era
solo una dispercezione. Come quando mi fissavo i fianchi e li vedevo enormi
rispetto a tutto il resto... non sono uno spirito famelico con un ventre
enorme, il mio vuoto è quello che può contenere una bambina che ha solo tanta
paura di crescere e cerca un manuale di istruzioni perché per i primi giorni
non ha avuto la mamma ad abbracciarla e a rassicurarla e si è spaventata irrigidendosi
e impedendo così all’amore, alla comprensione e a tutte le cose tenere di
arrivare a lei.
Non ho un'onta da scontare....
Ho capito che ‘l’onta’, la
vergogna era la bulimia ed era un alibi che mi raccontavo... non è diverso
dall'anoressia, è un sintomo ma mi stavo di nuovo identificando... avevo di
nuovo bisogno di un ruolo, perché non so chi sono, e un alibi per rimandare
ancora il momento di accettarmi con le mie fragilità e ammettere che posso
crescere da qui e ora... senza rimandare! La paura di Vivere è ancora talmente
tanta che trovavo un ulteriore scusa con me stessa... non posso crescere, non
sono degna, ho un'onta, non posso farmi amare, chissà poi cosa succede se mi
lascio andare... ecco il problema della bulimia... accettare che ho saputo
lasciarmi andare dopo anni di restrizione e di regole rigide che non erano me
stessa, erano identificazioni in ruoli che creavo perché avevo paura e non
sapevo come si faceva a essere semplicemente Micaela... invece ora vedo quel
periodo come la dimostrazione che posso anche io lasciarmi andare, ma con equilibrio
e in modo salutare... lasciarmi andare alla Vita!
Sel'anoressia mi dà idea della
capacità che ho di essere forte e sapere stare alle regole, la bulimia è potermi
lasciare andare…alle emozioni anche provare piacere, come tutti, nella felicità
ordinaria... con la giusta misura, in armonia... Non vedo più la bulimia come
vergogna, ma come un sintomo analogo all’anoressia, ho sofferto di entrambe... e
per la PRIMA volta ho il coraggio di parlarne....
Non c’è un'onta nella mia vita,
qualcosa da dover scontare o un dramma da scovare.... forse semplicemente una
serie di situazioni mi hanno portata a vivere come un palloncino per aria, tenuta
per fortuna dall’amore di mamma e papà... che ora sento tutto.
Non è facile ammettere con me
stessa questo...
E' un po' una delusione non avere
una 'motivazione' (di nuovo un 'ruolo in cui etichettarmi')... se non una
estrema paura di vivere, una ricerca del manuale di istruzioni della Vita, che
forse era tutto in quel mancato abbraccio alla nascita...
Forse per me non ci vogliono anni
di percorso per vedere dentro e capire qualcosa di nascosto... ci vorrà tanto
tempo per trovare gli equilibri, imparare ad ascoltarmi, sentire cosa mi fa
stare bene... essere anche ironica delle mie debolezze... so che tendo a
identificarmi per sentirmi sicura... ma avendone coscienza è già qualcosa a cui
prestare attenzione... posso tenermi un palloncino in casa per ricordarmelo.
Ho anche pensato che brutta
figura... non ho un trauma, un'onta, un'etichetta..
Ma cosa devo dimostrare? E a chi?
Anzi per fortuna ... se poi mi sto sbagliando e sentirò che c'è altro chiuso
nel cuore, verrà fuori... dai nodi non si scappa quando cominci a essere
ancorata a terra... e ora lo sono! Ci sono, qui nel mio corpo, e questo per me
è già una VITTORIA... non penso più al risultato, a vivere il ruolo perfetto, a
fare felici gli altri, la felicità è dentro, come per tutti, e la sento...
tutto viene di conseguenza...
Il manuale per essere Micaela è
tornare a casa ed essere semplicemente me stessa, ascoltarmi e accettarmi
come sono, senza aggiungere o costruire cose nuove, ho tutto dentro… posso
aggiungere cultura, esperienze, persone ecc ma questo è crescere non aggiungere
al mio essere, c'è già tutto così come deve essere... trovare un equilibrio
nella mia integrità e farlo con gli altri, in mezzo agli altri non nel mio
palloncino... ma nel mio corpo.... nella Vita ordinaria, e continuando a curare
l'anima, ad amarmi con equilibrio e saggezza alzare ogni tanto lo sguardo e
avere una visione d'insieme...
Insieme agli altri perché non mi
devo vergognare di nulla! e tutti possono aiutarmi a non tornare nel
palloncino… perché nessuno si salva da solo!