Ciaoooooooo!!!!!!!!!
Sono Wolfie, e sono molto emozionata all’idea di poter scrivere su questo blog di Mi Nutro Di Vita! Qualche volta in passato avevo commentato alcuni post, ed è davvero emozionante poterci scrivere, adesso!!!!!!!
Ringrazio perciò Michela che ha reso possibile questo, e dato che è la prima volta che scrivo, vorrei cominciare col raccontarvi la mia storia, ovvero come sono purtroppo entrata nel mondo dei disturbi alimentari…
I miei problemi con l’alimentazione sono iniziati alle superiori, dove non vivevo una situazione esattamente idilliaca: nella mia nuova classe non c’era nessuna amica delle scuole medie, e non conoscevo nessuno. Tutte le altre ragazze, invece, già si conoscevano, e io fin da subito non sono riuscita a legare con loro perché non mi vestivo all’ultima moda, non ascoltavo la stessa musica, non guardavo le stesse cose in TV… insomma, non ero come loro. Mi sentivo diversa, sbagliata, vuota, ed ho cominciato a pensare che forse non ero “abbastanza” per quelle ragazze, che ero solo una persona mediocre. Così ho a poco a poco iniziato a sentirmi a disagio con me stessa e col mio corpo, e da qui è nato l’impellente bisogno di “fare qualcosa” per migliorare la situazione: se mi fossi sentita meglio nella mia pelle, forse anche le altre ragazze si sarebbero accorte del mio cambiamento, e la situazione sarebbe migliorata. Senza rendermene propriamente conto, avevo già fatto una scelta che avrebbe modificato e condizionato tutto il resto della mia vita.
Certo, volevo che la mia vita cambiasse, ma la mia idea era che sarebbe cambiata in meglio. Ora so che invece un DCA serve solo a tirar fuori la parte peggiore di noi, che non risolve i problemi ma li crea, e ne crea di grandi e ben peggiori di quelli di partenza.
Ho cominciato a “rimodellare” il mio corpo con un’assurda dieta “artigianale” da poche centinaia di calorie al giorno, cercando di essere sempre fuori casa alle ore dei pasti ed inventandomi scuse di fronte ai miei genitori per giustificare quanto poco mangiassi: ovviamente all’inizio mi sembrava “la panacea”, mi sentivo come se davvero quella potesse dissolvere ogni difficoltà, ma l’idillio è durato ben poco. Io non so qual è la linea di demarcazione tra un’anoressica e una bulimica: non so come le prime riescano a prolungare la restrizione alimentare fino al limite estremo senza mai cedere alle lusinghe del cibo, mentre per le seconde scatti il meccanismo dell’abbuffata. So soltanto che io ho ben presto scoperto di appartenere alla seconda categoria. La dieta sregolatamente restrittiva mi portava ad avere accessi di fame che risolvevo abbuffandomi… e poi andando in bagno a vomitare, per eliminare giù per lo scarico del water, oltre al cibo, anche i sensi di colpa. Stavo molto attenta a non farmi scoprire, perché mi vergognavo molto di questa mia “debolezza”, ma intanto il cibo era diventato un’ossessione e riempiva la maggior parte dei miei pensieri. Cibo evitato, rifiutato, rubato, mangiato di nascosto, vomitato…
La bulimia colpisce meno dell’anoressia, suscita meno scalpore e meno attenzione, perché la maggior parte delle bulimiche sono normopeso o solo leggermente sottopeso, quindi tutti pensano che sia un DCA meno grave dell’anoressia. Questo perché la maggior parte della gente si ferma a considerare l’aspetto esteriore, che è tuttavia quello meno importante. Quello che non si dice, che non si capisce, è che anche di bulimia si muore, esattamente come d’anoressia. Ma soprattutto, anche di bulimia si soffre, e tanto. Forse non lo si comprende soprattutto proprio perché esteriormente spesso non si vede nulla: io, infatti, sono sempre rimasta più o meno normopeso; eppure ci sono stati periodi in cui mi abbuffavo e vomitavo anche 5 o 6 volte al giorno! E non c’è niente di più umiliante, niente di più vergognoso, niente che ti fa soffrire dentro come il provocarsi il vomito nel tentativo di soffocare i sensi di colpa scatenati dalle abbuffate. Sono sentimenti che si provano e che non si riescono a rendere davvero con le parole.
Ad ogni modo, la mia situazione si è trascinata avanti così per anni, anni consumati davanti al water a infilare due dita in gola per vomitare tutto il cibo e tutto il dolore che la mia vita non riusciva a contenere. Ero a pezzi, fisicamente e psicologicamente, la bulimia riempiva e devastava ogni momento della giornata, ma io continuavo ad andare avanti così perché… cambiare era più difficile, faceva più paura. Anche se la mia vita non si poteva più definire tale, anche se il pensiero del cibo mi tormentava e mi angosciava, anche se passavo ore chiusa in bagno, dentro di me, per quel che mi riguardava, cambiare era peggio, perché avrei dovuto parlare con i miei genitori, raccontare, e c’era la vergogna di fare vedere che la loro amata figlia si era ridotta a doversi mettere due dita in gola per sbarcare la giornata.
Poi, però, è successo. Inconsciamente, forse, volevo che succedesse già da molto tempo, ma non ne avevo il coraggio, però ho cominciato ad usare meno cautele quando andavo in bagno per vomitare, così un giorno mia mamma mi ha sentita e mi ha chiesto cosa stesse succedendo. Io, sul momento, ero terrorizzata all’idea di essere stata scoperta, e la mia mente ha cercato subito febbrilmente di costruire qualche scusa… sennonché all’improvviso mi sono precipitata fuori dal bagno, in lacrime, e le ho detto tutto di botto, ho tirato fuori qualsiasi cosa, tutta la devastazione degli ultimi anni, e non è stato terribile come avevo immaginato. Mia mamma non mi ha giudicata, non si è arrabbiata, non mi ha presa per pazza. Non solo mi ha ascoltata, ma lei e papà mi hanno aiutato tantissimo nella sofferta e travaglia decisione d’iniziare un percorso di ricovero.
Adesso sono sei anni che mi incontro con una dietista una volta al mese e con una psicologa due volte la settimana. Sono due persone preziose che mi hanno davvero aiutata nel risollevarmi dalla situazione in cui ero precipitata. Ho cambiato diverse psicoterapeute, ma adesso sento di aver trovato la persona giusta per me. A tutt’oggi non è per niente facile, e a volte mi trovo ancora a dover lottare contro l’impulso di chiudermi in bagno e inginocchiarmi davanti al water, ed è tremendamente difficile opporsi, ma non mi arrendo: so che le cose possono cambiare se io ho la volontà di cambiarle, e se la psicologa e la dietista che stanno al mio fianco, e tutte le persone vicine e lontane che mi vogliono bene, mi supportano e mi sostengono, questa sfida sarà più facile da affrontare. Inoltre, adesso, mi sono accorta di una cosa: che quello che ho dentro e la cosa più importante, e non importa quello che si vede fuori, perché le persone che tengono a me mi vogliono bene unicamente per il tipo di persona che sono. Una conclusione banale, forse, ma che per me ha voluto dire tantissimo!
Quello che vorrei dire a tutte le ragazze che stanno vivendo la stessa situazione che ho vissuto io, fondamentalmente, è: non buttate la vostra vita dentro al water! Se la bulimia vi sta rovinando la vita, reagite! Non aspettate neanche un giorno! E se le cose non vanno al primo tentativo, continuate a provare! Io piano pianino ce la sto facendo, e ce la potete fare anche voi!!!
Un abbraccio grandeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!
Wolfie
Per prima cosa, faccio i complimenti a Wolfie per il percorso che sta facendo, e le auguro che le cose possano andarle bene e sempre meglio, per quanto so che è estremamente difficile...
RispondiEliminaComunque mi piace questa iniziativa di pubblicare i post di chiunque abbia un DCA, credo proprio che mi aggregherò all'iniziativa!...
Charlie
La cosa più bella delle tue parole, Wolfie, è il percorso di vita, la sofferenza ma anche la voglia di reagire, il realizzarsi di un processo di cambiamento. Non esiste un unico modo di cambiare, ed è bello pensare che, come te, in questo momento, siamo in tante a cercare di compiere una scelta che potrà cambiare completamente la nostra vita. È vero, decidere di cambiare è difficile, è sempre molto difficile, anche nel momento in cui la situazione che si vive ci fa soffrire, perché cambiare significa comunque abbandonare un dolore noto per avviarci verso un futuro ignoto, e quel che non si riesce a prevedere e si teme di non poter controllare finisce inevitabilmente per fare paura. Però è bello leggere del tuo cambiamento positivo, perché è la testimonianza che lasciare la strada vecchia per la nuova significa in realtà correre un rischio che vale la pena, visto il risultato.
RispondiEliminaEd è bellissimo anche il tuo messaggio finale, l’incoraggiamento a non arrendersi, che penso sia indispensabile per continuare ad andare avanti nella difficile strada del ricovero: arrendersi è molto più semplice, in fin dei conti, più facile mollare se al primo tentativo le cose vanno storte, dirsi che se non ha funzionato allora non potrà mai funzionare, molto facile, sì. Ben più difficile rialzarsi e riprovare, riprovare ogni volta, darsi sempre una nuova possibilità… ma è quello che tu stai facendo, Wolfie. La scelta più difficile. La scelta più coraggiosa. Io faccio il tifo per te…