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domenica 24 maggio 2020

Abbastanza.


Io mi sento falsa. In ogni cosa che faccio.
Mi sento troppo, troppo poco, o semplicemente non mi sento.
Mi sento non meritevole di aiuto. Perché di aiuto, chi non ne ha bisogno, non ne può ricevere.
Ho sempre pensato di essermi inventata tutti i miei malesseri, che tutto il mio dolore fosse lì senza un'autentica ragione e che lo andassi a cercare perché senza, io, non ci so stare. E quando, dopo mesi, mi sono resa conto che effettivamente avrei potuto avere un disturbo alimentare, non riuscivo ad accettarlo: non ero così magra, d'altronde mangiavo un pacchetto di cracker ogni tanto, qualche volta dei dolci, a volte non mi importava niente e stavo quasi bene...
Ma la realtà non era del tutto offuscata. Sapevo e so per certo che qualcosa non andava. Eppure, l'essermi creata un altro problema così, dal nulla, senza motivo, mi faceva sentire ancora una volta una falsa e una poverina misericordiosa di attenzioni. Forse non ho ancora imparato a richiederne in maniera sana, forse davvero tutto questo dolore è collegato al mio bisogno di essere vista, chissà... so solo che col tempo tutto ciò che volevo era diventare invisibile, sempre più piccola, sempre più leggera, e lasciarmi alle spalle la pesantezza di una vita di dolore mai esattamente motivato. E questo mi faceva -e mi fa- sentire tremendamente, irrimediabilmente in colpa, perché proprio poco dopo l'esordio di tutto questo avevo trovato chi di amore sapeva darmene, eppure mi stavo ammalando di una malattia dell'amore. C'era qualcosa da sistemare, ma più cercavo di alleggerirmi, più la mia vita diventava pesante. E mentre tenevo la mano al mio ragazzo piangevo e pensavo, affamata, debole, senza forze, cos'è che mi manca e perché non posso avere una vita normale? Pensavo, ho bisogno di amore e attenzioni, forse così la cosa passerà. Eppure ricevevo amore e attenzioni, ma non riuscivo a smettere. Vomitavo, mi ripromettevo di finirla lì, alla fine mi ero fatta abbastanza male, ma no, poi salivo sulla bilancia ancora e ancora, dovevo perdere altro peso. E perché? Perché sentivo, e sento, di non poter stare meglio, di non essere arrivata al limite, di non essermi fatta abbastanza male perché, d'altronde, è una cosa che mi son fatta venire io, e quindi mi sento in dovere di viverla fino in fondo. Altrimenti mi sentirei falsa, non brava, incapace, senza controllo.
Lo so. Che forse non è così. Me lo dicono e ci penso spesso. Credevo che quando la gente mi avrebbe fatto notare di essere dimagrita, che non sembravo più io, che dovevo mangiare di più, credevo che mi sarei sentita valida. E invece tutto ciò mi dava un terribile fastidio. E la mia testa mi diceva di continuare, non so perché, non so per quanto, non so.
E poi prendere quei tre, quattro kg, per persone a cui non sapevano la situazione, bastava. Nessuno mi ha mai chiesto se qualcosa non andasse, nessuno se ne accorge, ci si accorge della perdita di peso ma non del dolore, e allora forse non ho fatto ancora abbastanza. Ecco perché ogni volta che riesco a sentirmi un po' meglio, questo pensiero mi colpisce e mi blocca, mi fa sentire una fallita, e mi spinge a continuare ancora e ancora.
Ciò che so però è che, se potessi, sceglierei di mangiare senza mai sentirmi in colpa e stare bene, sceglierei di non avere in testa tutte queste stronzate, sceglierei di essere una persona sana e non così. Forse davvero non l'ho scelto io, forse è qualcos'altro che non riesco a comprendere...
Chissà se mai troverò la pace e non ne avrò paura. 

F.


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