Non ricordo che età avessi, forse dodici o tredici anni, non di più. È
una scena che mi è rimasta impressa nella memoria e a cui ripenso
spesso, forse per cercare un ipotetico inizio del bellicoso rapporto con
la mia corporeità, o forse soltanto perché il pensiero
che feci all'epoca non mi ha mai abbandonata del tutto. O ancora, per
ripetermi che non ho colpe se non l'esserci nata, con questi pensieri.
Era
estate, circa all'ora di pranzo, io stavo salendo sulla bilancia per
vedere se quel giorno mi sarei potuta concedere una modesta e per nulla
pretenziosa pizza surgelata, una tipica
margherita comprata al supermercato, e che sono certa di non aver più
mangiato da allora.
Dopo
il verdetto ero così contenta di poter mangiare quella pizza, perché sì,
quel giorno i numeri me lo permettevano, mi dicevano che andavo bene e
che in me poteva esserci spazio per
ciò che desideravo e che, se non avessi avuto la bilancia sotto mano,
probabilmente avrei mangiato in ogni caso.
Penso
spesso a quella scena della mia vita perché credo sia stato da quel
giorno che ho iniziato a pesare le cose che potevo permettermi, che
potevo meritarmi, è stato da lì che, in
modo graduale ma costante, ho iniziato a (non) dare peso al mio
valore.
Ma se
prima, quand'ero ancora una bambina, ero in grado di mantenere i miei
propositi, e quindi concedermi ciò che consideravo un premio per "pesare
nel mio limite", crescendo non ci
sono più riuscita, perché ogni cifra era allo stesso tempo uno
spostamento di quel limite, e si trasformava in un "sarà per la prossima
volta" portato però all'infinito.
Il
permesso era ciò che aspettavo, un'indicazione che provenisse
dell'esterno, e che di conseguenza ha fatto svanire la mia libertà.
Non sono libera da tanto tempo, imprigionata in molte cose, in uno specchio, nei numeri, nelle emozioni, in me stessa.
Ci si può perdere in se stessi e non sentirsi al sicuro, pur abitando nel proprio essere?
È talmente contrastante e disorientante come sensazione, che un numero può darti l'apparenza della stabilità che cerchi.
Si
dice sempre "è solo un numero, non dice niente su di te", un numero non
può far sapere se ti piace l'azzurro o preferisci il viola, se ami la
danza o sei sai suonare uno strumento,
un numero non sa qual è la tua canzone preferita né se in questo
momento ti senti felice o se vorresti solamente piangere, e un numero
non può dirti se c'è abbastanza spazio nella tua vita per le cose che ti
fanno stare bene.
Un
numero, tutto questo non lo sa, sono solo io a saperlo, quella bambina
lo sapeva bene, ma il peso del mondo gliel'ha fatto dimenticare e, non
contando più su se stessa, ha deciso
di contare altro, tutto ciò che alla fine non conta nulla in una vita
libera dalle sue prigioni.
Elisa
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