Oggi sono qui per raccontare
quello che mi è successo nell’ultimo anno, non racconterò uno degli anni migliori
della mia adolescenza, ma la tristezza e la malinconia che ancora oggi, dopo
più di un anno, sono impressi nella mia mente.
A febbraio del 2018 è morto
Silvano, un signore di 85 anni, che abitava vicino a me, e che per me era un
punto di riferimento. Con lui ho passato la mia infanzia, bei momenti con le sue
calde battute nei freddi giorni d’inverno, le risate e anche qualche litigio,
che però a volte serviva. La sua morte, quasi improvvisa, è stata un brutto
colpo, mi ero appena ripreso dalla morte di mio zio, deceduto per colpa di un
maledetto tumore.
Questi eventi e forse l’adolescenza
hanno fatto scattare qualcosa. Ho cominciato a mangiare meno, mi mancavano loro
e la testa ha cominciato a dirmi che ero grasso, più grasso di tutti. Ho
iniziato a lasciare ciò che mi piaceva fare: da Contrada, al circolo, mercatini
e altre cose. Non ne parlo con nessuno perchè mi vergogno, ma soprattutto penso
non sia una cosa grave. Non riesco più ad avere un dialogo con i miei
famigliari, la vita in casa è difficile, sto bene solo quando sono fuori o a
scuola con gli amici, perché nessuno mi dice niente anche se capiscono che sono
cambiato. Le cose a casa peggiorano e nel frattempo inizia a sentirsi male
anche mio nonno, quando la mia famiglia va a trovarlo in ospedale, io resto in
casa da solo con la malattia.
Nel mese di maggio, il mio migliore
amico Jaco smette di venire a scuola, non riesco più a legare con nessuno,
rimango solo, isolato. La mia testa è bloccata e mi fa allontanare dagli amici,
mi rendo conto che non sono più io, il Tommaso di una volta. In casa c’è
preoccupazione sia per me che per nonno. Le poche volte che vado a trovarlo non
mi riconosce, temo che muoia da un momento all’altro, la notte ci penso e
piango. Inizio a fare fatica ad andare a trovarlo e smetto. Passano le vacanze,
io sto sempre peggio, il nonno sta sempre peggio. Ricomincia la scuola, gli
amici restano stupiti da come sia cambiato fisicamente ma soprattutto
psicologicamente. A casa va sempre peggio, penso che la malattia potrebbe essere
una soluzione. A scuola i voti sono ottimi.
A ottobre, la mia migliore amica
Bianca decide di andare in un’altra scuola, Bianca era l’unica persona con cui
riuscivo a parlare, anche se a fatica. La mia testa va per conto suo, pensa
solamente a peso e cibo. Nonno va in ospedale e non ho il coraggio di andare a
trovarlo. Inizio ad essere seguito dal Centro, quel giorno arriva la telefonata
che non avrei voluto, il nonno se ne è andato. Inizia il periodo peggiore, non
penso ad altro che a peso e cibo, sto proprio male, chiedo aiuto, ma amici e
famigliari non sanno più cosa fare. Decidono di ricoverarmi urgentemente perché
rischio la vita. A febbraio vengo dimesso, riesco ad andare dal nonno, la mia
testa sta meglio, ma ancora arrivano pensieri malati. A marzo, il 22, mi appare
in sogno nonno che mi dice che se continuo così non ne uscirò vivo. Quel giorno
inizio a pranzare con i miei famigliari. Sto meglio, ogni sera penso al nonno e
sento che è vicino a me.
Penso alle cose positive che mi
ha dato la malattia, ho riscoperto lo stare in compagnia, sentire il sapore dei
cibi e avere la testa un po più libera da pensieri malattia. I dottori e la mia
famiglia sono contenti, sono sereno, vedo la luce anche se il percorso è ancora
lungo. La testa a volte pensa alla malattia, ma anche ad altro, quello che
vorrei fare in futuro per esempio. Vorrei recuperare il tempo ed essere felice.
Il nonno c’è lo sento. Sto scoprendo in me nuove qualità, come l’amore per la
cucina e per il sapere. La vita è una sola e bisogna fare il possibile per
renderla magnifica a noi stessi, ma anche agli altri. Ora che le cose stanno andando,
grazie alla forza che mi sta dando nonno.
Ad aprile vado al compleanno
della mia migliore amica Bianca, ho paura, ma va tutto bene e il giorno dopo ho
l’umore alle stelle ripensando alla serata. Il 4 è il compleanno di nonna, le
chiedo scusa, non lo faccio apposta, lei sorride e capisce. Con il normopeso la
testa si ‘libera’, tornano le sensazioni, anche se ho ancora dispercezioni, ma
riesco a vivere perché la vita è bella una sola. Bisogna chiedere aiuto al
minimo sintomo, parlare con qualcuno alla minima dispercezione in modo da
trovare una soluzione.
Tommaso
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