12 aprile
Mia figlia in rianimazione.
15 aprile
Apre gli occhi e mi riconosce, ma quando una dottoressa le
chiede «dove sei?», lei
risponde «all’asilo!». Pesa 27
chili, è alimentata artificialmente, monitorata con mille aggeggi, non ricorda
niente. Io e mio marito Umberto ci alterniamo giorno e notte, non la molliamo
mai.
19 aprile
«Ciao nonna
Ada!»
Avevo chiesto a mia mamma di venire a vederla visto che l’ha
nominata. Le ha fatto un gran sorriso e riconosciuta subito. Ha mangiato. Verso
sera sono venuti Sara con Ale, Eve e Mauro, Roberta. Ha chiamato col diminutivo
“Sarotti” la Sara, riconosciuto Eve, non gli altri. Stava a guardarli finché
scherzavano tra loro con un sorriso grande e gli occhi brillanti, senza parlare.
20 aprile
Ha poca voce, ma è un po’ più lucida, anche se
debolissima... Fiorellini profumati sul comodino, le ho portato i primi
mughetti e un narciso tardivo, Chopin nel lettore CD, cannette, sondino,
ospedale… Tutto mescolato e non sono infelice. Sono normale?
Ho passato e passo momenti di ansia da crampi al cuore, come
stamattina presto appena sveglia, crampi alle gambe e al cuore. Altri momenti
di disperazione, e telefono, e cerco finché non mi accorgo che mi sto
dibattendo, e rischio di affogare sul serio e devo controllarmi, fidarmi anche
un po’ del mio istinto, convincermi che sto facendo non solo del mio meglio, ma
forse tutto il possibile.
21 aprile
«Ho fame. Ho
fame!»
Così stamattina si è
svegliata, sfinita... Nella tragedia, ha dimenticato anche di essere
anoressica. Non avevo niente da darle da mangiare ed il bar apriva alle 8. Ha
pianto, ho tirato avanti con qualche caramella e poi è arrivato il papà, con
uno yogurt da casa.
Quando si agita, si emoziona, farfuglia, almeno spero sia
solo questo, così si è aggiunto questo problema, oltre alla fame, ad
innervosirla.
Hanno deciso di sospendere l’alimentazione via sondino per
lasciarla mangiare come vuole, ma senza affaticare il cuore e rischiare... «Vorrei
tentare di finire per ricominciare…» dice lei,
«Cioè?» cerco di farmi
spiegare. «Anche adesso, finire
per ricominciareee!!!»
Chissà che pensieri le passano per la testa. Ansia, a cosa
si riferisce? Ho cercato di spiegarle che le sono come saltati i tappi, le
valvole, di sicuro qualcosa è ripartito. Ha ribadito «Vorrei finire, concludere. Dobbiamo
pensare alla colazione.»
Penso si riferisca al tempo, al semplice cominciare e finire
della giornata, ho tentato di spiegarle che essendo sempre a letto e quasi
sempre con la stessa luce non vede il passare delle ore: «Ora è sera, hai appena mangiato, tra un
po’ sarà buio, si dormirà e domani ci sarà la colazione.»
22 aprile - 10 di sera
Ho appena preso uno spavento. Alice non mi rispondeva, sono
accorse un’infermiera e una dottoressa e mi hanno spedita fuori. Ha riaperto
gli occhi e dopo ha anche risposto. La situazione è critica.
Oggi mi ha farfugliato «Quando
posso venire a casa?»
«Certo
appena ti riprendi, e ti tolgono qualche tubetto. Cos'hai di bello da fare a
casa?»
«Tutto!»
«Dimmi una
cosa almeno!»
«Andare a
cercare le galline!»
Ho cercato di suggerirle: «e
magari a prendere un po’ di sole in giardino, scommetto che ti è
venuta persino voglia di tagliare l’erba…»
Mi ha risposto a cenni, ma per l’erba il no era sicuro.
23 aprile
Alice ha nominato per la prima volta la ginnastica. Non
capisco perché l’ha associata al coma.
«Ti ricordi
quando sono stata in coma?»; io le rispondo di sì, glielo avevo appena detto,
del resto. Lei di tutta risposta: «Ma
no, prima, quando facevo ginnastica!!!»
24 aprile
Notte da spavento per Umberto, che non mi ha svegliata, ma
chiamata prestissimo perché Alice mi aveva cercata tanto. «Chiama la mamma perché tra 10 minuti
muoio!», diceva.
Appena arrivata l’ho rassicurata… E lei «Sto morendo, ma forse ci vorranno più
giornate.»
I medici mi dicono che è grave, ma non così grave… Che la
crisi che ha avuto era quasi psicologica (rigida e affaticata nel respirare),
quasi il respiro lo trattenesse lei. Continua a farfugliare.
25 aprile - notte decente, dalle 4 alle 6 ha dormito
Nel pomeriggio mi ha parlato di boschi con alberi e pini, le
ho ricordato quelli di Buse, e poi di un giardino di giacinti e mughetti. Le ho
raccontato com'è ora il nostro, e di come Ettore e Penelope i nostri gatti,
rincorrono le galline e si è messa proprio a ridere. Dopo la cena si è
lamentata del menù della giornata, così le ho promesso che appena sarebbe stata
bene l'avrei portata da “Cencio”, dove fanno il budino di tarassaco. Lei «Appena
sto bene voglio la pizza!»
Il discorso è poi passato ai cavalli e al fatto che appena
potrà lei farà “tutto”.
Verso sera, forse per troppa stanchezza, insisteva perché le
aprissi la porta già aperta, e farfugliava di un altro piano, agitandosi perché
io non capivo.
Ha chiesto la TV! Al telefono ha salutato con un bel ciao
Luisa che mi aveva chiamato per sentire la situazione, facendola felice.
27 aprile
Ieri… Ha riso ad una battuta della reclam di un film “Come
siamo piccoli di fronte a tutto questo!”, fa un ragazzotto sotto il cielo
stellato, e la ragazzina “parla per te!”
Mi sono sentita subito gonfiare di pianto, ma quasi
liberatorio. L’ironia. Ha riso ad una battuta ironica. C’è, mi dico, sta
tornando! Ma è fiacca, il polso 126.
L’ho portata fuori con la sedia a rotelle. Abbiamo
incrociato una mamma col bimbo in passeggino, lei ha fatto ciao con la mano
come fosse anche lei piccola così.
5 maggio
Ora è presente, affamata anche di attenzione. Sono giorni
pieni, con lei che parla e mangia in continuazione. Per distrarla camminiamo,
con lei in carrozzina, in lungo e largo per l’ospedale. Non so dove trovo la calma e la pazienza,
anche perché ha scatti d’ira e d’insofferenza. Torno a casa ed ho attacchi
d’ansia e agitazione. Appena torno da lei funziono.
Ieri ho pure trasgredito: sono uscita dall’ospedale per
visitare il Parco Treves, lì vicino…
17 luglio
Bella serata, seduti fuori del caffè Pedrocchi di Padova.
Ruggero Robin suonava jazz con la sua band così Anna ci ha radunate. Ho bevuto
un margarita pensando all'aria di Cuba.
Mi hanno subito chiesto della mia nuova “biondezza”, e le
amiche mi dicono che i bianchi si notano troppo, infatti l’idea è di non
nasconderli più. Mi sto abituando, anzi mi fa sentire quasi a mio agio, mi
sembra quasi un vezzo lasciar trapelare i bianchi tra le meches un po’
più scure. Mi viene quasi da dire: «perché
nasconderli, me li sono guadagnati!»
Luglio
Scambi di pensieri via SMS. Alice ancora ricoverata.
Io ad Alice:
-E’ la vita che
entra ed esce
da noi
girovagando
curiosa
Le piace
sorprenderci
con anonime gioie
che forse dal dolore
non distingue…
Vuole la porta aperta e
abbandono.-
Alice a me:
-Esser(ci)
Col silenzio
urlo nell'aria
di vento che-
oro non è l’andare
ma- almeno fermi
riuscir(ci) a stare…-
Io in risposta:
-Niente da fare
col verbo fermare
Equilibrio andante
mosso, allegro con brio
grave, pesante
Ma andare
Nel tondo del mondo
Nell'incommensurabile
Nel nostro profondo
A volte inerzia
Esser-ci
come cosa
dal mondo in viaggio
dimenticata
apparentemente
Qualche girotondo
e al “tutti giù per terra”
a “cascare” pronti
Alla resa
di parole carichi e
niente guerra!
E ancora andiamo, lente ma andiamo-Marina Grigolon
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