"Non puoi avere una vita positiva con una mente negativa"
Non mi ricordo molto, ricordo solo le emozioni, principalmente la sensazione perenne di dolore, angoscia, sottomissione, rassegnazione, negazione, autocommiserazione, e potrei continuare con molto altro di peggiore. Grazie alla terapia, ho iniziato a ricordare anche certi momenti che all'epoca ho vissuto inconsapevolmente e che ora, rivivendoli essendo la me stessa che sono diventata, fanno tanto male, non lo nego, fanno male perché ora li vivo due volte, con l'inconsapevolezza dell'epoca che si somma alla consapevolezza di oggi. Ma provare ciò è anche la chiave per realizzare le varie cause scatenanti, che a differenza di come pensavo non dipendevano tutte da me.
Quando hai questo tipo di disturbo, arrivi a credere di essere tu il motivo principale che alimenta la tua rabbia. È colpa tua se non piaci, se gli altri non ti coinvolgono, è colpa tua se non ti parlano e se non sei come loro. Ti vergogni della tua individualità e tutto si trasforma in un insostenibile senso di colpa, tu per primo diventi una colpa, e l'unica cosa che ti consola è che c'è il disturbo a ripararti, a nasconderti dal mondo, è l'unico che può capirti e darti delle indicazioni. Peccato però che tu sia il solo a vederlo, lui è la tua bussola invisibile che ti guida in quel momento di insicurezza in cui sei senza certezze e con nessun punto di riferimento, lui è l'unico che può darti delle regole da seguire e rappresentare quello che ti manca, la perfezione che vorresti tanto essere ma che non sei mai riuscito a riconoscerti. Perché è colpa tua se non sei perfetto, eppure gli altri ci riescono, perché tu no? È più facile vivere seguendo delle istruzioni, pesa quello, non mangiare quello, non parlare, non ridere, evita quell'altro. Così facendo, è anche molto facile non vivere affatto.
Non ricordo molto di ciò che stavo vivendo per il semplice fatto che non ero io a vivere in quel momento, ero rinchiusa in un angolo della mia mente e tutto quello che potevo sentire erano i miei pensieri, che se solo fossero usciti ecco lì sarei rimasta davvero sola, quindi non potevo e non volevo lasciarli andare, mi faceva paura sapere che avrei dovuto affrontare me stessa. Una cosa che invece ricordo molto bene è la rabbia. C'era molta rabbia dentro me, una rabbia che si divincolava e che cercava di farsi vedere attraverso il mio corpo, che si sfogava sul mio corpo, sul cibo, sulla mia famiglia, sugli amici, sulle persone che mi dicevano di mangiare per risolvere il problema ma che banalmente non mi chiedevano il perché io non volessi farlo. Una rabbia che avrei dovuto percepire anche solo sentendo la mia pelle che tirava da tanto ne ero colma. Una rabbia che voleva distruggere tutto ciò che amavo, fino a farmi dubitare della reale esistenza dell'amore e della presenza di me stessa. Sempre più spesso durante la terapia M. mi fa notare "sento molta rabbia nelle tue parole", probabilmente tutta quella che ho accumulato in otto anni abbondanti e che pian piano sta trovando una via d'uscita, come io forse sto trovando la mia strada. È difficile parlare di nostalgia di qualcosa che obiettivamente ti avrebbe portato alla morte, ma a volte quando mi sento sola mi manca sentire quella sensazione di protezione e sicurezza che il disturbo mi dava, con la grande differenza che ora mi riconosco la facoltà di decidere da sola, di giocare secondo le mie regole e, perché no, anche di vivere senza istruzioni, perché se c'è una cosa che l'anoressia mi ha insegnato è che non esiste bilancia al mondo che possa calcolare il peso della felicità e dell'amore per se stessi e per gli altri, e che se le parole hanno un peso, sono quelle stesse parole che possono farti sentire leggero come se non ci fosse più ieri né domani ma solo adesso. Ma soprattutto, mi ha fatto capire che tutta la sicurezza e la protezione di cui ho bisogno la trova nelle persone che mi voglio bene, prima tra tutti proprio me stessa.
Elisa
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