Il laboratorio di stasera si è tinto di sfumature che sono diventate attimo dopo attimo sempre più intense. Accade ogni volta che si parla di emozioni, ed è inevitabile poiché la malattia del comportamento alimentare è di fatto la chiara espressione dell’incapacità di gestire ciò che si prova a livello di sensazioni e percezioni corporee. Tutto ciò che non viene espresso emotivamente si esprime poi attraverso il cibo: l’abbuffata o la restrizione diventano lo specchio dell’ emozione desiderata o dell’emozione rifiutata.
Una coppia di genitori ha raccontato quanto la figlia abbia provato più volte a farli sentire in colpa attraverso i soliti messaggi telefonici di accusa per il loro essere andati in vacanza. Oramai consapevoli del meccanismo manipolatorio della malattia, hanno tentato di non farsene condizionare, ma l’emozione fastidiosa comunque c’è stata e hanno cercato di gestirla elaborandola a livello razionale “ ma si dai, intanto non serve a nulla prendersela...fa sempre così appena ci allontaniamo da casa”. Spesso chi soffre della malattia del comportamento alimentare è molto centrato su se stesso, non riesce a percepire la sofferenza dell’altro perché è troppo il disagio che avverte e ha bisogno di sapere che le persone intorno a lui o lei sono preoccupati. Come se l’apprensione dell’altro desse a loro il valore di esistere e di non sentirsi così alienati da se stessi. Ogni volta che l’attenzione viene negata, è facile che emerga una rabbia molto intensa. Come se il figlio o la figlia volesse che i genitori entrassero insieme a lei in quella stessa gabbia costruita appositamente dalla patologia. Il rifiuto di farlo li destabilizza, il genitore ovviamente fa bene ad opporsi, solo che spesso accade che egli stesso vada a costruire parallelamente un’altra gabbia che lo incastra in pensieri focalizzati costantemente sulla malattia e sul cosa fare per aiutare i propri figli.
Non mi stancherò mai di ripetere che il genitore non può trasformarsi in un terapeuta. È impensabile che un padre o una madre possano curare la malattia del comportamento alimentare di cui soffre il figlio o la figlia. E allora la famiglia deve rassegnarsi? Assolutamente no. Questo è un tema che sta tornando spesso nei laboratori perché è l’aspetto che più preoccupa i genitori di figli maggiorenni che rifiutano il percorso terapeutico. E allora che cosa si può fare? E qui parliamo delle emozioni. Molto significativa è stata la condivisione di una mamma che ha saputo descrivere il suo ritrovato dialogo con la figlia nel momento in cui ha permesso alle sue emozioni di potersi esprimere. Il suo racconto è stato ed è un esempio importante e prezioso per molti genitori. Spesso ci troviamo a soffocare quello che proviamo perché si tende a voler proteggere i figli, credendo che così facendo li si preservi dal provare ulteriori sofferenze. Non accorgendosi però che questo comportamento può al contrario esporli maggiormente a provare eventuali disagi. I figli apprendono il modello che vedono applicato dai loro genitori. Davanti a un padre o una madre che nascondono le proprie emozioni per timore di far preoccupare i figli, si ignora che in quel momento si sta inviando il messaggio che le emozioni non vanno espresse. Questa mamma lo ha fatto per tanto tempo perché a sua volta le era stato insegnato che non bisognava mai farsi vedere deboli, insicuri, bisognosi di aiuto. Finché un giorno la figlia le ha esternato attraverso sia la malattia del comportamento alimentare sia a parole chiare il suo malessere nella mancata condivisone delle sensazioni, sentimenti, percezioni familiari. Infatti, si erano ritrovate entrambe ad interpretare la realtà circostante attraverso un continuo non detto, che ha creato tante ombre, la più grande di tutte quella rappresentata dalla malattia del comportamento alimentare. Questo le ha portate ad iniziare un percorso terapeutico, diverso sotto certi aspetti, ma simile nell’imparare a dare nome ed espressione alle proprie emozioni.
Il cibo sappiamo che non è il problema. Non aiuta mai chiedere “ Hai mangiato? Hai seguito a dovere lo schema alimentare?” Queste sono domande che paralizzano, creano paura in chi soffre di una malattia del comportamento alimentare. Diverso invece è domandare “Come ti senti? Cosa provi? Come reagisci quando percepisci che qualcosa non va? Che cosa fai per gestire ciò che senti?”
Queste domande aiutano a esplorare il mondo delle emozioni. Aiutano a far chiarezza in quello che accade dentro di se’: cosa spaventa, cosa fa gioire, cosa piace, cosa infastidisce... ogni emozione va esperita. Non ci sono emozioni completamente positive o completamente negative. Hanno tutte una loro finalità. Un genitore che non ha vissuto la condizione migliore per esprimere le sue esperienze emotive prova un grande senso di colpa per non essere stato un modello corretto per i propri figli. Ma questo non ha ragione di esistere. Le emozioni non possono essere insegnate perché vengono apprese solo attraverso il viverle direttamente. È importante divenire consapevoli di questi processi per poter iniziare un lungo e bellissimo viaggio dentro al mondo delle emozioni e dei sentimenti. Come ho scritto precedentemente, l’emozione inespressa si manifesta poi attraverso il corpo che è il mezzo attraverso cui ognuno di noi entra in contatto con il mondo circostante. Osservare l’emozione, guardare come la mente cerca di elaborarla immediatamente a livello razionale, come se ne volesse prendere subito le distanze, sentire in quale punto del corpo viene percepita, con quale intensità, darle il tempo perché riveli il messaggio che porta con se’. Spesso il messaggio arriva attraverso delle immagini, che sono un simbolo su cui porre la propria attenzione poiché in esse vi è racchiuso il senso dell’emozione vissuta. Nel momento che ne diveniamo consapevoli, accade ogni volta di piangere. Questo pianto liberatorio rappresenta l’emozione che finalmente si è sbloccata, accompagnata da una sensazione di apertura nella
zona del torace..e piano piano riaffiora tutto il nostro respiro. Pensate quanto possa essere trasformativo fare una simile esperienza con i propri figli. Riscoprire insieme le emozioni assopite, nascoste, negate, recluse.
La malattia del comportamento alimentare si manifesta in un’ età evolutiva precisa che determina l’arresto della crescita. Può risalire a quando si era bambini, adolescenti o addirittura neonati. Il viaggio delle emozioni permette sia ai genitori che ai figli di ritornare a quel periodo “ simbiotico” in cui madre e padre fungono da contenitore emotivo per permettere ai figli di apprendere il mondo meraviglioso delle emozioni e infondere quel senso di protezione e sicurezza che sono fondamentali per la propria crescita.
A questo punto voglio riportare un testo della scrittrice Elena Bernabe’ ( che ho riadattato su questa tematica) che riassume molto bene il ruolo e il significato prezioso del nostro sentire.
“ Mamma, Papà, mi sento sola....” “ Perché stai rifiutando la presenza. Quando invece è dentro di te tutta l’attenzione che ti può nutrire. Non stai facendo compagnia alle parti di te più profonde e chiedi al mondo che qualcuno lo faccia al posto tuo.” “ Non posso vivere con questa emozione.” “ Le emozioni non sono da eliminare ma da trasformarne l’essenza: da servitrici della tua interiorità a corona della tua regalità...da catene che imprigionano ad ali per spiccare il volo...da regole implicite da seguire a intuizioni da mescolare. Una persona non può curare la tua solitudine: solo tu puoi farlo.” “ E come si fa?” “ Accogliendola nella tua vita. Come il più importante degli strumenti di osservazione interiore. Il sentirsi soli, l’angoscia del vuoto ...sono il microscopio dell’anima: ti permettono di vedere ciò che nel trambusto giornaliero della vita passa inosservato.” “ Se mi guardo dentro mi sentirò meno sola?” “ Bambina mia, quel sentirti sola, quel vuoto ti faranno conoscere così tante parti di te che ti sorprenderai. Queste parti le ritroverai nel mondo. Pronte a venire a te per arricchirti. Ricordati: l’amore non è un vuoto da riempire, ma un’assenza da ricamare con l’ attenzione.”
Frase della settimana: ESPLORARE LE EMOZIONI
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