Amare ed essere amati non è facile
quando vivi o hai vissuto nella tempesta dei disturbi alimentari.
L'anoressia, la bulimia, i binge braccano anche l'amore. Non è
facile nemmeno trovare qualcuno in grado di esserci senza
scarnificare le ferite. Qual è dunque il ruolo che svolge la persona
coinvolta in una relazione durante o dopo la malattia?
In entrambi i casi credo che la parola
chiave sia una: la spensieratezza. Trovate qualcuno che a tavola vi
faccia dimenticare la guerra che vivi o hai vissuto col cibo. Perché
è lì che hai consumato le peggiori battaglie ed è lì che hai
anche bisogno di pace. Siamo fatti di seta, fragili. Basta poco a
lasciare un piatto pieno, a scavare a vuoto nel cibo, a ingurgitarlo
e poi vomitare tutto, quasi a voler rigettare qualcosa che di noi o
del mondo ci è andato di traverso.
Basta un nulla che è tutto. Basta
troppo silenzio, troppi sguardi, troppo di quel qualcosa che dia il
via al mare di voci della malattia o al suo eco.
C'è bisogno di qualcuno che faccia il
solletico alle nostre fragilità, che a tavola ci faccia provare il
sapore delle risate. Che ci faccia dimenticare la guerra e tutte le
catene che ci tengono legate alla famelica sensazione di
inadeguatezza.
Certo, spetta a noi sbrigliare l'anima,
abbandonare l'illusorio e mortale rifugio che è la malattia, placare
l'ingorda fame del cuore. E' il primo passo verso se stessi. Ma
possiamo slegare il resto dei nodi, con il tempo, anche con l'aiuto
di qualcuno che dia il “la” a quello che semplicemente
siamo, che soffi sulla polvere dei vuoti e ci mostri i nostri punti
di luce, quanto siamo in grado di dare, quanto spazio c'è negli
angoli più nascosti del cuore.
A quel qualcuno spetta l'ardua impresa
di farci sentire addosso tutto il peso della spensieratezza.
Non ci vuole un manuale di istruzioni
per stare accanto ad una persona che ha sofferto o soffre di disturbi
alimentari. Grazie e rispetto fungono da cemento armato. Sono
necessari pazienza, tempo, amore. Voglia e capacità di darle spazio.
Amare quello spazio. E' vitale la gentilezza.
Non si possono misurare le parole, ma
le si può guardare negli occhi prima di gettarle sul mondo o su chi
si ha di fronte. Hanno la capacità d'insinuarsi nella pelle e
colpire i nervi scoperti. Sono deleterie frasi come: “Rovinati pure
quanto vuoi, è la tua vita.” Ma la vita dipende anche da chi ci è
accanto.
Sono pericolosi e taglienti gli
atteggiamenti di chi sminuisce ogni piccolo passo che facciamo per
noi stessi. Non è di quello che necessita l'anima, né tanto meno il
corpo.
C'è semplicemente bisogno di qualcuno
che ci faccia depositare le armi che abbiamo alzato contro il mondo e
contro di noi.
Rossella
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