Anoressia,
bulimia, binge eating, obesità, ortoressia, vigoressia....... la lista è davvero
lunga.. Tanti nomi che racchiudono in se' una unica radice: la sofferenza. Il
mal di vivere di oggi si manifesta sotto varie spoglie, ma il dolore è insito
in ognuno di noi. E ne abbiamo una paura pazzesca. Io ne ho avuto una paura
pazzesca, talmente tanta che sono riuscita persino a causarmi dei veri attacchi
di panico per la paura di soffrire e di avvicinarmi a quel dolore che non
avrei mai voluto avere a che fare.
So che quello che sto scrivendo può
risultare assurdo, ma le persone che stanno leggendo e sono ancora
dentro a questo vortice sicuramente sanno di cosa sto parlando. Un vortice che terrorizza e che ha
assunto spesso sembianze di una belva
feroce che mostrava le sue fauci, pronte a divorare ogni parte di me. Questa
immagine è stata per tanti anni la raffigurazione della mie paure più intime.
Paure che poi si sono trasmesse e hanno permeato ogni situazione della mia
vita. Tutto ad un tratto ogni cosa si è
fatta sempre più difficile. Hanno
cominciato a formarsi in me dei parametri di aspettativa sempre più alti. Credevo che questo bastasse per poter
rimanere in superficie. Anzi di più, mi illudevo che se avessi rispettato
questi assurdi parametri, sarei stata al
sicuro e non più prevaricata
da nessuno. Essere inattaccabile e invincibile, questo era il mio
scopo. E per farlo dovevo
raggiungere la perfezione . Peccato poi
che la perfezione sia stata solo un miraggio e che in realtà non sia mai
esistita. Ma non per me. Per me era inammissibile pensare che la perfezione non
potesse esistere. E penso che sia così per molti che soffrono di disturbi alimentari. La
perfezione deve in qualche modo esistere, poiché è l'unica strada che crediamo
ci possa portare fuori dal turbinio di emozioni soffocanti che ci sommergono. È
la strada che crediamo sia giusta per uscire fuori dallo star male.....ma ne
siamo sicuri? Io allora si, ne ero
sicura. Ero certa che se fossi stata la "PIÙ ..."
sia nell'aspetto fisico sia in
tutto quello che facevo, non avrei più sofferto. Invece, pensando tutto
questo, stavo proprio andando incontro
alla sofferenza. Alla più assurda, profonda e atroce sofferenza che potessi mai
infliggermi. Schiava dei miei pensieri, tiranna dei miei doveri, ossessionata
dallo specchio, angosciata dal sentire la stoffa degli abiti stringersi nel
corpo. Quello stringere era come una morsa che toglieva il fiato . La morsa
della belva che si avvolgeva tutto intorno al mio corpo fino al mio essere . E
allora via, via dall'armadio ogni abito che potesse farmi sentire quella presa così angosciante. Via, a nascondere quel corpo odiato e non
voluto. Un corpo che era indice di ogni dolore. Perché non potevo essere
solamente anima e spirito? Perché avere
invece quel corpo da dover modellare, controllare, renderlo perfetto e silente?
Ma lui non stava zitto... no....Il mio corpo non ne poteva più di sentirsi
dilaniato. E si faceva sentire, eccome se lo faceva. Sembrano i pensieri di una
pazza, invece, erano i miei pensieri quotidiani. Un giorno, era così tanto il dolore che stavo provando,
così profonda la solitudine di cui mi ero circondata che mi sono accorta che
più in basso di cosi non potevo andare. Lì è stato l'inizio della lunga salita.
L'immagine della mia belva, l'ho vista bene in faccia. Ci siamo guardate a
lungo, le sue fauci erano belle spalancate, i denti aguzzi, e lo sguardo
feroce, che mi intimava di restare lì, ferma, inerte e in balia del suo potere.
Io sono stata a guardarla, per anni, mentre mi abbuffavo e poi vomitavo, lei
era lì, lì accanto a me che rideva,
sogghignava, e mi diceva che era inutile facessi la temeraria, perché io alla
fine ero sempre in balia di lei. L'ho lasciata parlare, e ho continuato a
salire i gradini. " ma dove credi di andare, non vali niente senza di me.
Io sono quella che ti può portare a essere perfetta, se mi abbandoni, sarai il
nulla più totale"........ Non gli ho più creduto, perché io mi sentivo
già il nulla più totale....anche con lei, anzi, soprattutto con
lei... L'ho guardata bene, e nel momento che non le ho più dato spazio, ho
visto farsi intorno a me più luce.
Quella luce che la belva stava ben attenta a non far trapelare. La luce mi
indicava la salita, ho voltato lo sguardo e ho visto che la mia scalinata era
ancora molto lunga da percorrere, ma non mi spaventava, perché quella era la
mia strada verso la libertà dalle mie ossessioni e paure. Nel momento che ho
percepito " la mia strada verso la libertà " ogni cosa ha assunto una
percezione diversa. La fatica si è sempre fatta sentire, ma allo stesso tempo
acquistavo sempre più energia e stimoli nuovi per salire un gradino dopo
l'altro.. Oggi sono arrivata ad un buon punto di questa lunga strada. Sono
fuori dalla malattia e sono dentro alla vita. Essere dentro la vita è anche
essere dentro alle difficoltà che si incontrano, ma.......nel frattempo ho
acquistato degli strumenti e delle conoscenze che non mi permettono più di
spaventarmi in quel modo tale da dovermi
rifugiare nella malattia. Quel rifugio ora
l'ho trovato dentro di me... Mi ci è voluta calma, pazienza, ma
soprattutto amore.... Ma alla fine il rifugio dentro di me l'ho trovato......
Francesca
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