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sabato 14 marzo 2020

E da donna libera ricominciare



Specchio, sensi di colpa, disagio, inadeguatezza, paura, lacrime, mai abbastanza, assenza del sorriso, completamente risucchiata.
Potrei continuare all’infinito.
Guardandomi indietro potrei dire che sì, ero completamente risucchiata da quella malattia chiamata ‘anoressia’.
Non ero più Marilena.
In qualche mese la mia attenzione si concentrò soltanto sulle calorie e sul corpo, un corpo deformato, un corpo che non riconoscevo, un corpo mai abbastanza magro e perfetto per i miei canoni.
La verità è che ero pelle e ossa. Ma non era abbastanza, io non lo vedevo.
Il mio sorriso, che da sempre spiccava nel mio volto, non esisteva più. Avevo lo sguardo completamente perso, intriso nei miei pensieri, non riuscivo neanche più ad ascoltare, una delle competenze più grandi che mi sono sempre state riconosciute.
Non c’era più niente che mi facesse ridere o divertire, ero morta, non ero io. E con me se ne stava andando anche il mio corpo-non-corpo, quello che era rimasto. Quel corpo che guardavo ogni giorno, ogni ora, senza esserne mai contenta, perché ogni volta che lo guardavo balzava nella mia testa la voglia di strapparmi via tutta la poca carne che mi era rimasta, perché per i miei occhi era troppa, inaccettabile.
Il senso di vuoto, inadeguatezza e disagio che mi ha trascinata in questo tunnel non diminuì dimagrendo, ma si accentuò.
Stavo perdendo tutto, stavo perdendo la mia vita, non riuscivo neanche più a stare seduta senza sentire dolore, non riuscivo neanche più a capire cosa mi piaceva e cosa no.
Tutto ruotava attorno ai miei pensieri distruggenti.
Un giorno decisi di non guardarmi allo specchio ed ascoltarmi.
Le domande che ronzavano nella mia testa erano tante, ma quella maggiormente mi colpì fu questa: “Marilena, come ti senti? Sei felice così?”.
La lacrime iniziarono a picchiare il mio volto.
No che non lo ero, non mi riconoscevo più, non ero più la Marilena di un tempo.
Mi sentii tremendamente sola, nonostante fossi contornata da persone. Una solitudine interiore che doveva essere colmata.
Riconobbi che l’unico modo per ritrovare uno spiraglio di felicità era quello di andare contro me stessa, contro tutti i mostri che avevo in testa.
Mi dissi: “Vai Mari, alzati anche se non ce la fai, è il momento di cambiare”.
Dopo tanti mesi comparve “La me positiva”, sempre in conflitto con “La me malata” che mi ha abbattuto per tanto, troppo tempo.
Mi promisi che avrei combattuto, che avrei ripreso la mia vita.
Piano piano, passo dopo passo, affidandomi a persone esperte, nella gioia e nel dolore mi rialzai.
Molto lentamente ritornarono il sorriso, riemersero le mie peculiarità che per tanto tempo sono state schiacciate dall’anoressia, tornò la mia voglia di vivere.
Col tempo ho capito che si può essere felici se riusciamo ad afferrare la libertà, la libertà di vivere senza catene, imposizioni, cogliendo l’attimo e accettando l’imprevisto, godendoci la giornata e tutte le piccolezze che connotano la nostra vita, ma che d’altro canto sono tanto piccole quanto belle.
Sono passati circa due anni da quando mi sono rialzata.
Ad oggi penso che quel piccolo momento di lucidità sia stato la corda a cui mi sono potuta aggrappare per salvarmi.
Sì, ho avuto bisogno di essere presa e salvata.
E’ stato necessario, ha dato il via alla mia ripresa, al mio percorso, al mio ritorno a me stessa.
Ad oggi mi guardo allo specchio e sorrido. Sorrido perché non ho alcun motivo per non farlo, sorrido perché non ho più quelle catene che mi bloccano e opprimono. Sorrido perché sono libera, perché mi sento viva, e non c’è niente di più bello.

Con questo piccolo messaggio vorrei incoraggiare tutti coloro che si sentono soli, che si sentono lontani da loro stessi, che non sono felici, a CHIEDERE AIUTO.
Ricordatevi sempre che tutti ci meritiamo la felicità, perché LA VITA E’ UNA E VALE LA PENA DI ESSERE VISSUTA.

Marilena


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