Ogni volta il laboratorio si fa ricco di nuove esperienze, condivisioni, storie, emozioni, andando a toccare argomenti che sorprendono per la loro intensità e profondità. Il percorso di cura del proprio figlio/a, anche se rappresenta un cammino unico per ogni famiglia coinvolta, porta in sè emozioni comuni che acquistano valore laddove si ha la possibilità di comunicare. Anche stasera è sorto il bisogno di poter ascoltare e condividere. Ascoltare ciò che rappresenta il vissuto degli altri per accorgersi che c’è una similitudine con il proprio di vissuto. Questo fa sentire meno soli.
La malattia spaventa. Prende le sembianze di un qualcosa di oscuro che entra nella propria vita, rende impotenti, fragili, insicuri, soli. Una solitudine che va a impossessarsi dell’anima lasciando chi ne soffre inerme e in balia della sua forza divoratrice.
Spesso la malattia viene rappresentata da chi ne soffre attraverso la contrapposizione di due forze potenti che, entrando in un rapporto di incontro-scontro, fanno perdere l’equilibrio. Da una parte vi è la figura eterea, sobria, pura e spirituale, dall’altra la forza bruta, possente, avida e distruttrice.
Un eterno conflitto che lascia destabilizzati e spaventati coloro che ne osservano le modalità.Ecco allora che avere un luogo in cui poter esprimere questi timori, poterli esternare cosi da ridurre le dimensioni che occupano dentro di se’ è essenziale. È stata bella l’immagine data da un genitore: “La malattia ti fa sentire come una barca in balia di mari agitati. Ecco allora la necessità di trovare un porto sicuro in cui attraccare e trovare rifugio”. Non dimentichiamo mai che la famiglia affronta anch’essa un percorso di crescita. Un percorso che necessita di sostegno, comprensione, aiuti concreti per essere guidati verso la cura appropriata. Spesso però mancano le informazioni, mancano i centri specializzati, manca la conoscenza da parte del proprio medico curante di cosa è veramente un disturbo alimentare. C’è la necessità di gettare luce su queste malattie, e ognuno di noi può farlo attraverso la propria esperienza, Stare isolati non aiuta, anzi, questo va a peggiorare il senso di solitudine e impotenza. Diventa allora indispensabile andare a sviluppare la capacità di riuscire a vedere ciò che accade da un diverso punto di vista. Cambiare prospettiva è la base. Ogni cosa può essere osservata da angolazioni diverse, e riuscire a fare questo è trasformante in se’. Anche l’esperienza più difficile e carica di sofferenza può portare a interpretazioni e consapevolezze nuove.
La malattia spaventa. Prende le sembianze di un qualcosa di oscuro che entra nella propria vita, rende impotenti, fragili, insicuri, soli. Una solitudine che va a impossessarsi dell’anima lasciando chi ne soffre inerme e in balia della sua forza divoratrice.
Spesso la malattia viene rappresentata da chi ne soffre attraverso la contrapposizione di due forze potenti che, entrando in un rapporto di incontro-scontro, fanno perdere l’equilibrio. Da una parte vi è la figura eterea, sobria, pura e spirituale, dall’altra la forza bruta, possente, avida e distruttrice.
Un eterno conflitto che lascia destabilizzati e spaventati coloro che ne osservano le modalità.Ecco allora che avere un luogo in cui poter esprimere questi timori, poterli esternare cosi da ridurre le dimensioni che occupano dentro di se’ è essenziale. È stata bella l’immagine data da un genitore: “La malattia ti fa sentire come una barca in balia di mari agitati. Ecco allora la necessità di trovare un porto sicuro in cui attraccare e trovare rifugio”. Non dimentichiamo mai che la famiglia affronta anch’essa un percorso di crescita. Un percorso che necessita di sostegno, comprensione, aiuti concreti per essere guidati verso la cura appropriata. Spesso però mancano le informazioni, mancano i centri specializzati, manca la conoscenza da parte del proprio medico curante di cosa è veramente un disturbo alimentare. C’è la necessità di gettare luce su queste malattie, e ognuno di noi può farlo attraverso la propria esperienza, Stare isolati non aiuta, anzi, questo va a peggiorare il senso di solitudine e impotenza. Diventa allora indispensabile andare a sviluppare la capacità di riuscire a vedere ciò che accade da un diverso punto di vista. Cambiare prospettiva è la base. Ogni cosa può essere osservata da angolazioni diverse, e riuscire a fare questo è trasformante in se’. Anche l’esperienza più difficile e carica di sofferenza può portare a interpretazioni e consapevolezze nuove.
Ad un certo punto è sorta una domanda. Cosa è che spinge un ragazzo/a ad ammalarsi di un disturbo alimentare? Cosa è che porta a stare così tanto male? In realtà non c’è un motivo preciso. Anzi. Sono tante le cause, e per ogni ragazzo/a che ne soffre queste sono uniche e diverse. È come tanti piccoli pezzi di un mosaico che vanno a comporsi in maniera confusa, distorta e frammentata creando instabilità e disarmonia. Ogni singolo pezzo ha esigenza di essere ripreso, osservato e posizionato nel suo incastro corretto arrivando così alla composizione finale finalmente armoniosa e unita. Spesso i genitori si sentono colpevoli del disagio della propria figlia.
Ma in realtà, sono davvero così tante le cause che è impensabile addossare tutto su di loro. Come riportato direttamente da un’esperienza di una ragazza che ora è guarita dalla malattia. Per anni, lei è andata alla ricerca di un possibile trauma vissuto in famiglia. Non ha trovato nulla di tutto ciò, se non l’aver scoperto la sua particolare sensibilità che le faceva vivere ogni situazione in un modo talmente intenso e profondo da lasciarla priva di ogni protezione.
Ad un certo punto, si è visualizzata l’ immagine di una persona su un dirupo. La fatica di essere arrivati fin lassù e ora, la paura di perdere l’equilibrio e cadere. In realtà non esiste questa minaccia. Ne’ il dirupo ne’ la persona hanno bisogno di trovare l’equilibrio. Entrambi hanno già il loro equilibrio. Non c’è bisogno di far nulla se non stare. Il dirupo rappresenta tutte le proprie difficoltà. La paura è perdere l’equilibrio e ricadere nel baratro.
Ma in realtà il dirupo non è lì per farci cadere...
Ma in realtà, sono davvero così tante le cause che è impensabile addossare tutto su di loro. Come riportato direttamente da un’esperienza di una ragazza che ora è guarita dalla malattia. Per anni, lei è andata alla ricerca di un possibile trauma vissuto in famiglia. Non ha trovato nulla di tutto ciò, se non l’aver scoperto la sua particolare sensibilità che le faceva vivere ogni situazione in un modo talmente intenso e profondo da lasciarla priva di ogni protezione.
Ad un certo punto, si è visualizzata l’ immagine di una persona su un dirupo. La fatica di essere arrivati fin lassù e ora, la paura di perdere l’equilibrio e cadere. In realtà non esiste questa minaccia. Ne’ il dirupo ne’ la persona hanno bisogno di trovare l’equilibrio. Entrambi hanno già il loro equilibrio. Non c’è bisogno di far nulla se non stare. Il dirupo rappresenta tutte le proprie difficoltà. La paura è perdere l’equilibrio e ricadere nel baratro.
Ma in realtà il dirupo non è lì per farci cadere...
...Il dirupo è lì per allenarci a vedere che l’ EQUILIBRIO è già presente dentro di noi.
La parola che ci portiamo appresso durante la settimana è: EQUILIBRIO.
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