Oggi ho accompagnato,
come di consueto, mia madre al cimitero per portare il quotidiano saluto sulla
tomba di mio padre. Mia madre arriva, si pone davanti alla foto di lui, e
mentre io sto cambiando l’acqua ai fiori, lei lo saluta. Lo fa in maniera
delicata, intima, lasciando trasparire l’amore e il sentimento che l’ha unita
una vita intera a quell’uomo che da due anni e mezzo non c’è più.
Durante
il tragitto di ritorno però, qualcosa è cambiato rispetto agli altri giorni e
abbiamo incominciato a parlare di quando ero piccola. È stato strano per me
riportare la memoria a quei momenti non richiamati direttamente da me, ma
raccontati attraverso le parole di mia madre. All’improvviso, è come se fossi
stata inondata da una dolorosa malinconia che arrivava dall’aver visto
nitidamente la sofferenza di mia madre. Una sofferenza che mi è arrivata come
uno” schiaffo” in pieno volto nel vedere il suo rammarico e senso di colpa per
ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. I miei genitori hanno trascorso
tutta la loro vita a lavorare per assicurare a noi quattro figlie un certo
futuro economico, ma per farlo, hanno dovuto sacrificare il loro tempo da trascorrere
con noi. Io e le mie sorelle, siamo state cresciute dalla nonna paterna che è
stata la classica nonna matriarcale che dettava legge in modo severo e
autoritario e che, purtroppo, ne sono consapevole solo ultimamente, soffriva di
un disturbo dell’alimentazione. Ricordo ancora vivamente il cibo nascosto negli
armadi della sua camera dove si chiudeva a chiave per mangiare senza essere
vista e sgridata per le conseguenze che allora si credeva fossero solo legate
al diabete.
L’antica
rabbia che ho sempre provato ricordando il passato, oggi non ha avuto modo di
esprimersi perché lo “schiaffo” ricevuto nel vedere tutta la sofferenza di mia
madre è stato più forte. Era lì, piccola, indifesa, racchiusa nel suo corpo
curvato e indebolito dallo scorrere degli anni e dalle fatiche sopportate,
eppure, nella sua delicata fragilità, era ancora lì presente, con la forza
dignitosa che caratterizza solo chi ha attraversato enormi tempeste.
Ora mi
ritrovo qui a scrivere, e mentre lo faccio, sento rifiorire dentro di me il
prezioso senso del perdono.
Per anni
ho provato astio per non aver avuto i miei genitori vicino nei momenti di
bisogno...
Per anni
mi sono rinchiusa nell’illusoria gabbia dell’anoressia, rifiutando qualsiasi
contatto esterno per la paura di non essere vista ed essere abbandonata.....
Per anni
ho creduto di non essere amata perché non degna di amore...
Ma oggi
mia madre mi ha regalato un dono prezioso: la vita non è solo sofferenza, non è
solo sacrificio, non è solo malattia, non è solo solitudine, non è solo
rabbia....C’è sempre l’altra faccia della medaglia....che ci dimentichiamo
spesso di andare a vedere....e dall’altra parte della medaglia c’è
l’amore.....l’amore con il senso profondo della vita....
Grazie
mamma.
Francesca
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