Oggi, in seguito a un discorso con una cara amica, che conosco da poco ma che è entrata diretta nel mio cuore, ho ripensato a me alcuni anni fa. Ho pensato a quando mi trovavo al mare o in piscina e cercavo di trovare un modo, la forza o non so che, per camminare e portare in giro un corpo che non mi sembrava mai abbastanza bello, che non mi sembrava adatto ad indossare un costume, un corpo quasi estraneo, colpito dallo sguardo degli altri, segnato dagli occhi giudicanti che appartengono a quest’epoca così poco tollerante, così esigente, così inumana a volte. Quello stesso corpo che mi avrebbe poi donato due figli meravigliosi, con cui avrei camminato per il mondo per realizzare i miei sogni, il corpo grazie a cui avrei sentito cos’è l’amore…fino a pochi anni fa era come un’entità separata con cui non sapevo che fare. Era goffo, grosso, ingombrante…?
Non era niente di tutto ciò, ma così lo sentivo.
Per molto tempo ho provato a non sentirlo, ad anestetizzarlo, attraverso digiuni assurdi, infinite diete, e niente era mai abbastanza, bramavo una perfezione che non avrei mai raggiunto e che ha lasciato dietro se una rabbia che ancora non ho lasciato andare. Perché oltre ai disturbi alimentari, forse prima o dopo o tutt’intorno, esistono troppe donne che soffrono relegate nelle aspettative di questo mondo, nei diktat su come il corpo femminile dovrebbe essere. Solo alcune settimane fa al mare ne ho conosciute così tante. Donne che in un attimo di confidenza, di sorellanza, mi hanno raccontato della fatica quotidiana di accettarsi, dei chili in più che sono come una zavorra che toglie sorrisi, della vergogna, dei tentativi di “aggiustare” un corpo che sembra sempre essere sotto lo sguardo inquisitorio di una società di malelingue. E la percezione delle donne di essere costantemente su un banco di prova è una terribile condanna. Non importa che diventiamo medici, imprenditrici di successo, madri e nonne, scrittrici appassionate o qualsiasi cosa volgiamo essere…sempre nel cuore sopravvive la sensazione di non essere abbastanza, di dover fare qualcos’altro.
Doversi adeguare ai canoni di magrezza odierni è una delle più grandi violenze a cui noi donne siamo costantemente sottoposte. Incastrate tra i tentativi di dimagrire o rassegnate a vivere in un corpo che sembra non andare mai bene.
Ma se mettessimo da parte un attimo le riviste di moda, le fashion blogger photoshoppate e le pubblicità dei cereali integrali, le diete scaricate sui telefoni, i propositi “da domani mi metto a dieta”. Se per un attimo potessimo guardare il corpo per quello che ci consente di fare…potremmo sentire un moto di amore dal quale partire per cambiare. Ecco, caro mondo, ti presento il corpo che ha dato alla luce figli, il corpo con cui ho imparato a camminare, il corpo scaldato dagli abbracci di chi mi ha amato, il corpo seduto sulla sedia più meravigliosa del mondo a discutere la tesi di laurea, il corpo che ha corso per i prati con tanti sogni tra le mani, il corpo stanco di chi ha tanto lavorato, il corpo con cui mi sono innamorata.
Ti presento un corpo che è come è, segnato e ferito, fiero e forte, che solo per una cosa voglio che sia perfetto: perché si compia il mio destino. E per far questo non serve che il bikini calzi come fossimo dei manichini.
Noi donne abbiamo troppe cose da fare, non permettiamo a un mondo malato di trasformarci in esseri senza energie, troppo occupate ad essere perfette per fare ciò per cui siamo nate, qualsiasi cosa sia.
Non abbiate paura delle gambe troppo grosse, ma solo di chi vi chiede di cambiare.
State lontane da chi guarda cose che non hanno alcuna importanza per ciò che in questa vita volete fare.
Siate la forza che madre natura vi ha dato in dono.
Federica
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