"…per tanti anni ho cercato la mia identità, il mio scopo, il mio senso, nella vita. Anni.Sono arrivata alla conclusione che sono prigioniera di me stessa…Ho imparato la dura realtà. So che posso vivere con me stessa solo se accetto che i miei errori, le mie brutte esperienze, possono fungere da catalizzatore, essere il seme di nuovi inizi, per la mia realizzazione.Faccio molta difficoltà a capirmi, a capire i miei comportamenti, ma devo cercare di capire le mie paure, i miei bisogni, se devo correggermi e vivere il resto della mia vita libera dagli orribili divieti che hanno afflitto il mio io interiore così a lungo."(pagina di diario, 38 anni)
Nel mio primo diario, un regalo di Natale nello stesso
anno in cui mi sono ammalata di Anoressia Nervosa, all'età di 11 anni, trovai prima
di tutto conforto.
La prima pagina, il 1 gennaio 1963, è stracolma di precisissimi
dettagli, come ad esempio il tempo passato ad allenarmi e il cibo ingerito,
l'ora in cui mi alzavo e in cui andavo a letto. Prima che arrivasse il diario,
tutti questi pensieri segreti si erano affollati nella mia testa, senza avere
un posto in cui andare. Condividerli con il mio nuovo amico, il diario, mi
aiutava in qualche modo a sentirmi meno in ansia.
Quando passai dall'anoressia alla bulimia, nel periodo
dell'adolescenza, notai una maggiore capacità di espressione personale. Le
parole saltavano fuori, mentre cercavo di dare un senso a tutti quei pensieri e
quelle sensazioni. Il mio mondo era piccolo. C'era il diario, e c'ero io. Non ci sarebbero voluti
molti anni per rendermi conto che c'era anche il Disturbo Alimentare, e che l'impatto
del diario si sarebbe esteso ben oltre noi due.
La malattia, come il diario, traeva
beneficio dalla segretezza, e mi incoraggiava a mantenere i miei segreti.
Essendo io ancora una bambina,
una ragazzina, i miei diari erano luoghi
sicuri in cui esprimere ed analizzare i miei pensieri, ed elaborare delle
strategie comportamentali. Ma, senza un aiuto, affidarmi al diario aggravò
anche il mio disturbo alimentare, le sue incessanti e severe richieste, che
diventarono per me sempre più impossibili da soddisfare.
Io non ero mai abbastanza e le
regole della malattia diventarono segreti all'interno di altri segreti, che
dovevano essere protetti e tenuti nascosti.
Per anni, il diario fu il mio
unico sfogo.
All'età di 28 anni, il mio
diario aveva registrato una quasi completa disconnessione del mio io dal mio
corpo.
Dai
segreti alla verità
La verità è stata essenziale
per trasformare il diario da un custode
di segreti che si alleava con la mia malattia, ad uno strumento di guarigione
per la mia "vera me".
Ci sono stati diversi momenti
di svolta nel percorso di guarigione dall'anoressia nervosa, nel mio caso lunga
e grave. Prima all'età di 28 anni, quando ho cercato aiuto per la prima volta,
e poi poco dopo i miei 30 anni, quando ho incontrato un medico che si è
guadagnato la mia fiducia. Sviluppare fiducia è vitale, perché bisogna avere
più fiducia del terapeuta che dei forti pensieri interni del disturbo
alimentare.
All'apparenza, ero una moglie
e madre con una carriera full-time, ma dentro, il mio diario svelava la lotta
disperata per rispettare liste quotidiane e promesse, come per esempio mantenere
un limite di peso molto rigoroso, correre una distanza prefissata e annotare
ogni caloria.
All'età di 28 anni, i pensieri
di suicidio, dopo 17 anni a braccetto con il disturbo alimentare, mi spinsero a
rompere il silenzio e a svelare i pensieri finora confinati nei miei diari, ad
un medico. Lui ed altri medici, quando vennero a sapere che tenevo un diario,
mi ha incoraggiata a continuare la scrittura come strumento di espressione. Ma,
come me, quei medici non conoscevano il potenziale ruolo centrale del diario
nella mia malattia, e nemmeno la sua capacità di essere tanto un amico quanto
un nemico.
Intorno ai 30 anni, mi sono
fidata di uno psichiatra e lui mi suggerì che il mio diario poteva essere
d'aiuto nel mio percorso di guarigione. Un
po' alla volta, aiutata da una paziente guida e dalla discussione in terapia, quello
che scrivevo nel mio diario cominciò a rafforzare pensieri e sensazioni
autentiche. La violenza e l'autolesionismo lasciarono spazio alla cura di
sé, man mano che il mio corpo e la mia mente si stavano progressivamente riprendendo.
Qualche decina di anni dopo,
all'età di 55 anni, dopo essere sufficientemente guarita per poter rientrare
nella vita "normale", quando mi esposi e cominciai a condividere la
mia storia pubblicamente, anche i diari "vennero fuori".
Per esempio, oltre a
rappresentare la principale fonte per la mia tesi di laurea (Una ragazza di nome Tim, 2011), i diari
sono diventati un pozzo di 'esperienza vissuta', e documentata, a cui attingere
per altri lavori letterari.
In occasione di un'altra testimonianza
dal vivo, persone che avevano sofferto di DCA mi scrissero per condividere le
loro storie, che fino ad allora erano state rivelate solo ai loro diari. Molti
lettori adulti scrivevano moltissimo, raccontando come si fossero sentiti
isolati e avessero tenuto il loro disturbo segreto per anni, ma dopo aver letto
ed essersi riconosciuti nella mia storia, erano finalmente in grado di
condividere ed esternare i loro pensieri e le loro esperienze per la prima
volta.
Mentre riflettevo sulle risposte dei lettori, in me si
fece strada la consapevolezza che forse il
mio amico diario era stato tanto distruttivo quanto costruttivo nel corso della
mia lunga malattia, portandomi così al mio ultimo libro (Using Writing as a Therapeutic Tool forEating Disorders -The Diary Healer).
Cibo
e vergogna
Oggi amo il cibo.
Per 40 anni, però, ogni pasto è stato
un calvario, avvolto in strati di vergogna e colpe. Scrivere tantissime regole
e contratti su cosa mangiare e come comportarsi, può dare sollievo a breve
termine, ma le regole del disturbo alimentare sono destinate a fallire. Perciò,
durante il disturbo alimentare, mentre il
diario può fungere da confidente in momenti di estremo isolamento, un rifiugio
in cui cercare un senso ad un mondo complicato, può anche però diventare uno
"schiavo" del disturbo alimentare, intrecciarsi con esso; un segreto
"dentro al" segreto.
Così, senza direzione, più cercavo un ordine al mio caos
mentale nel mio diario, più irrazionale diventavo rispetto agli eventi, reali o
immaginari, disturbanti. Tuttavia, gradualmente, con l'aiuto di terapeuti, il diario si è evoluto da strumento di
sopravvivenza a metodo per ri-costruire me stessa. Per esempio, nel mio
blog The Diary Healer, gli
scrittori del diario discutono come la scrittura li abbia aiutati a scendere a
patti, e a superare, le loro esperienze di vergogna e stigma.
Attingendo ai miei diari, ho
scritto delle lettere ai membri fidati dell'équipe che mi ha aiutata a
procedere verso la guarigione, aprendomi così la strada per legarmi a loro,
anche quando non sapevo quale fosse la 'giusta' direzione. Da questo salto
incerto nel buio, ho cominciato lentamente a fidarmi e connettermi con la mia
"vera me". Con il loro supporto, ho cominciato a rileggere i diari
precedenti, a rifletterci sopra e ad affrontare le questioni che contenevano. Questo
ha implicato rivivere momenti dolorosi e traumatici, ma anche liberare e
riesaminare ricordi troppo difficili da elaborare altrimenti. Andare a scavare in fondo e affrontare
strati di emozioni soppresse era un prerequisito per sfuggire alla morsa del
disturbo alimentare e costruire una base sicura di autostima. Annotavo particolari
pensieri e sensazioni nel tempo che intercorreva tra i vari appuntamenti, per
discuterli poi alla visita successiva.
Il
cammino non sempre è stato facile. Ci sono state grandi perdite in termini di
relazioni personali e, una volta guarita, non tutto è stato recuperabile.
Andare avanti mi ha richiesto una totale ricostruzione; reintegrare varie parti
consumate, o perdute, della vera ‘me’.
L'essenza della scrittura del diario è sostanzialmente
essere amica/o di te stesso. In questo modo, il diario è come un migliore amico fidato, che conosce tutto di te e che ti ama
incondizionatamente. Nelle persone che soffrono di DCA, l'evitamento può verificarsi
e portare a inganni, non solo con gli amici e i famigliari, ma anche con il
proprio diario. Ma con il giusto aiuto, il diario può trasformarsi in uno
strumento di riflessione, di esplorazione e guarigione, e aiutare a scoprire, o
riscoprire, parti del nostro "vero io". Quindi, oltre a
fornire un luogo sicuro in cui
raccogliere e 'lasciare andare’ le emozioni, il diario può servire come una sorta
di "personal trainer".
June
--- continua ---
June Alexander è una scrittrice internazionale e appassionata attivista nell'ambito dei
disturbi alimentari. Da quando è guarita, nel 2006, ha scritto 9 libri
sui DCA. L'ultimo, Using Writing as a Therapy for
Eating Disorders—The Diary Healer, è
la sua opera principale del suo lavoro di Dottorato in scrittura creativa.
La sua
passione per la scrittura e per la cura che pone al centro il paziente, l'ha
portata all'attivismo in ambito DCA a livello locale, nazionale ed
internazionale.
Di recente,
June ha intrapreso uno scambio internazionale con Sandra Zodiaco e
l'Associazione Mi Nutro Di Vita
(Pieve Ligure, GE), per la lotta ai DCA e allo stigma che circonda queste
malattie. Come parte di questa collaborazione oltreoceano, la traduzione in
inglese di questo post scritto da June è disponibile su: https://www.thediaryhealer.com/category/blog/.
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