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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

lunedì 25 marzo 2013

diamoci alla lettura!!!

Giulia, una nuova amica di Mi nutro di vita, ha deciso di condividere con il nostro blog alcune schede libro molto interessanti!
spero che i temi scelti siano per voi motivo di discussione e di riflessione ...
Un abbraccio
Michi

COMMENTO DEL LIBRO" IL VASO DI PANDORA" ( a cura di Laura Dalla Ragione e Paola Bianchini).

 Questo è un libro talmente importante che, secondo me, dovrebbero leggerlo obbligatoriamente tutti i componenti della famiglia colpita da un caso di Dca, i medici di base, gli insegnanti nonchè alcune persone che si improvvisano esperte e fondano associazioni e gruppi di aiuto autoinvestendosi di ruoli di pseudo-salvatrici per chissà quale ragione.

Se solo invece si avesse l'umiltà di leggere questo libro capace invece di dare voce e dignità alla domanda che sta dietro una anoressia/bulimia e che non promette soluzioni miracolose (ma diffonde la speranza che è proprio attraverso la crisi che possa emergere il "nuovo") molti pregiudizi su questi disturbi cadrebbero.

E " l'immensa vergogna di essere sbagliate, di dare fastidio, di esistere" ( che io stessa ho provato prima di riconoscere l'evidenza di un problema) potrebbe essere almeno non rinforzata dalla parola dell'altro poco pensata.

E, davvero, per una ragazza con un disturbo alimentare ricevere una parola che apre e che non strozza ancora il cappio della corda che lei stessa si è messa al collo è già come poter respirare un pò di più.

In questi casi purtroppo " non si tratta di volontà, né buona né cattiva: la mancanza di volontà, il non poter avere una volontà è ciò che caratterizza questo disturbo".

A mio avviso è estremamente importante capire che , se una ragazza continua a digiunare, a vomitare o AD OSTINARSI A NON CHIEDERE AIUTO, non lo fa perchè vuole ma perchè non ha altra scelta.

Paola Bianchini infatti scrive:" è una impotenza meno evidente di quella fisica (essere per esempio in una carrozzella) ma non per questo meno invalidante.....non solo è sbagliato ma nocivo rimproverare questi pazienti dicendo che sono loro che la cercano (la malattia). Tutto questo oltre a farli sentire impotenti, non farà che aumentare il loro senso di colpa."

Che, mi permetto di aggiungere io essendoci passata, è cosi intenso e viscerale, cosi pervasivo in qualunque pensiero/azione si provi a compiere, che non ha affatto bisogno di essere ulteriormente rinforzato dalla parola altrui. O, peggio ancora , in questo caso PREGIUDIZIO.


COMMENTO DE " LA VITA ACCANTO" DI MARIAPIA VELADIANO.

Mi ha colpito subito il titolo di questo libro. Anzi per la precisione mi ha proprio chiamata. La vita accanto.... ma accanto a cosa? a chi?

Perchè il titolo va oltre, a mio avviso, all'idea di una esistenza con l'obbligo di convivere con "qualcosa/qualcuno" di scomodo.

Il libro non parla di come sopravvivere a una disgrazia. Il titolo lo dice chiaro: VITA.

Nel caso della protagonista , che è nata brutta, si tratta di crearsi una vita attorno alla sua "bruttezza". Si tratta di riuscire a spostare lo sguardo da quella cosa che la marchia agli occhi dell'altro e che non si può cambiare in modo da far emergere dell' altro oltre a quella"bruttezza".

In questa storia, per Rebecca sarà il pianoforte che le permetterà di crearsi un posto sostenibile nel mondo in cui poter essere cosi com'è semplicemente.

Ripeto è un titolo a mio avviso applicabile a qualunque vissuto in cui la persona, per qualsiasi motivo consapevole/inconsapevole, sente di essere una specie di aborto, di avereun vizio genetico, un qualche tipo di "deformità" che la rende SBAGLIATA e IMMERITEVOLE DI AMORE.

E' un titolo in sostanza che rispecchia quello che io definisco la "guarigione" : una vita accanto a quella mancanza ad essere su cui si basa, inevitabilmente, la nostra natura umana

 

 

venerdì 22 marzo 2013

la 2 ^ giornata nazionale del fiocchetto lilla per lyliham

 

Ed ecco la giornata del fiocchetto lilla per lyliham

*Giornata del fiocchetto lilla*





15 Marzo 2013: una serata indimenticabile. Non pensavo andasse così bene l'evento organizzato in questo mio piccolo paese.
Sono venute una ventina di persone e la cosa che più mi ha fatto piacere e che io non conoscevo quasi nessuno. Questo vuol dire che nessuno è venuto per farmi piacere. Chi è venuto è giunto per ascoltare, informarsi, capire, non giudicare e cercare di aiutare.
Io e Chiara, la mia compagna di (dis)avventure abbiamo dato la nostra testimonianza, dopo che io ho fatto un introduzione sull'associazione Mi Nutro di Vita e sulle definizioni mediche di DCA. Dopodichè è intervenuta anche mia madre, a dare la sua testimonianza.
Tutti ascoltavano interessati. Volevano capire, entrare nella nostra testa come per cercare di aggiustare il nostro cervello, farlo tornare felice.
Io non ho parole per descrivere ciò che ho provato in quel momento. Sono state sensazioni uniche, che mi han fatto capire che sono fatta per lottare contro i DCA, per testimoniare l'inferno che si vive per impedire che altri ci caschino, per portare avanti campagne di sensibilizzazione. Perchè abbiamo proprio toccato il cuore dei presenti. E' stato bellissimo.
Ringrazio tutti i presenti, chi ha dato origine all'evento e Dio, che mi ha dato le parole giuste.
La cosa più bella è stato sentire dire il vicesindaco che vuole portare avanti questa testimonianza. Che il tutto non deve finire il quella serata. Che potremmo fare altri momenti di sensibilizzazione.
Intanto abbiamo già fatto tanto, nel nostro piccolo. Una cosa sono sicura che i presenti han capito: I DCA NON SONO UN CAPRICCIO, MA MALATTIE! Malattie anche dure da combattere. E questo perchè i presenti hanno saputo ascoltare, non solo con le orecchie, ma anche con il cuore.


Insieme si può. Eravamo in tanti in tutta Italia, possiamo essere sempre di più!


Grazie a te Giulia... nuove voci!!!


Ciao

Mi chiamo Giulia

Sono una ragazza che è venuta in contatto con Minutrodivita tramite la giornata del fiocchetto lilla ,dato che  ho la mia analista al centro heta di ancona (fida).

Ho l'amicizia di Ilaria e della associazione e prima mi ha chiamato stefano perchè ha trovato interessanti delle cose che avevo scritto sulla pagine facebook di minutrodivita.

Io, poichè ora per me il cibo è solo cibo , dopo 10 anni di psicoterapie varie e 3 mesi in struttura, sono finalmente passata da ottobre alla psicanalisi proprio perchè la mia domanda è intorno al concetto di esistenze e desiderio e sinceramente sono stanca di spostare i sintomi , vorrei avere un punto di tenuta più saldo, mio, particolare. Dico questo per dirvi che collaboro con il centro heta per fornire le schede libro( e fisicamente i libri) della piccola bibliotechina del centro (www.centroheta.itandate su liberilibri schede libro e troverete le prime cinque se sieete curiose!!!)e per gli incontri che facciamo, la presentazione di libri ( stasera devo leggere ehehehe) o incontri con esperti. Di solito scrivo per le rubriche ( ad esempio le citazioni letterarie che trovate o la parte donazioni l'ho scirtta io) da cui cmq traspare la mia sofferenza  e la fatica anche adesso che sto facendo.

Vengo da una delusione di una associazione che insomma credevo seria e invece è formata da gente incompetente che si proclama salvatrice, propone modelli standar di guarigione come se fosse una cosa fatta a step!!!!

Stefano mi ha parlato di quello che fate e mi piace molto, soprattutto l'umiltà e la nn presunzione di sapere come si deve "guarire" e come si vedrà il mondo da "guarite". Credo che sia questo lo scopo di una associazione non avere una sorta di seguaci intorno ad una ex dca e/o genitore!!!!! Il lavoro, la terapia, l'analisi è un discorso troppo intimo e particolare per essere etichettato dall'Altro.

Stefano mi ha detto che potevo scrivere a te per avere il permesso di pubblicare qualcosa se mi andava. A me fa immensamente piacere. Se ti va aggiungimi su facebook Giulia Tamburini.

Io posso anche parlare di me senza problemi, intanto ti mando quello che è già pubblicato sulla pagine facebook di minutrodivita che è la scheda libro de "IL VASO DI PANDORA" un libro pubblicato dall'associazione MIFIDODITE ponte con Todi a cui mi rivolsi dopo 7 anni di terapie a giugno 2009 (quando il DCA degenerò)  e che mi indirizzo al centro heta.

Vedi tu se la scheda del libro, o non so qualche mio intervento può essere opportuno nel vostro contesto.

Per me sarebbe un onore trovare un luogo in cui la mia parola possa essere raccolta senza pregiudizi.

 Giulia Tamburini

COMMENTO DEL LIBRO" IL VASO DI PANDORA" ( a cura di Laura Dalla Ragione e Paola Bianchini).

 

Questo è un libro talmente importante che, secondo me, dovrebbero leggerlo obbligatoriamente tutti i componenti della famiglia colpita da un caso di Dca, i medici di base, gli insegnanti  nonchè alcune persone che si improvvisano esperte e fondano associazioni e gruppi di aiuto autoinvestendosi di ruoli di pseudo-salvatrici per chissà quale ragione.

Se solo invece si avesse l'umiltà di leggere questo libro capace invece di dare voce e dignità alla domanda che sta dietro una anoressia/bulimia  e che non promette soluzioni miracolose (ma diffonde la speranza che è proprio attraverso la crisi che possa emergere il "nuovo") molti pregiudizi su questi disturbi cadrebbero.

" l'immensa vergogna di essere sbagliate, di dare fastidio, di esistere" ( che io stessa ho provato prima di riconoscere l'evidenza di un problema) potrebbe essere almeno non rinforzata dalla parola dell'altro poco pensata.

E, davvero, per una ragazza con un disturbo alimentare ricevere una parola che apre e che non strozza ancora il cappio della corda che lei stessa si è messa al collo è già come poter respirare un pò di più.

In questi casi purtroppo " non si tratta di volontà, né buona né cattiva: la mancanza di volontà, il non poter avere una volontà è ciò che caratterizza questo disturbo".

A mio avviso è estremamente importante capire che , se una ragazza continua a digiunare, a vomitare o AD OSTINARSI A NON CHIEDERE AIUTO, non lo fa perchè vuole ma perchè non ha altra scelta. 

Paola Bianchini infatti scrive:" è una impotenza meno evidente di quella fisica (essere per esempio in una carrozzella) ma non per questo meno invalidante.....non solo è sbagliato ma nocivo rimproverare questi pazienti dicendo che sono loro che la cercano (la malattia). Tutto questo oltre a farli sentire impotenti, non farà che aumentare il loro senso di colpa."

Che, mi permetto di aggiungere io essendoci passata, è cosi intenso e viscerale, cosi pervasivo in qualunque pensiero/azione si provi a compiere, che non ha affatto bisogno di essere ulteriormente rinforzato dalla parola altrui. O, peggio ancora , in questo caso PREGIUDIZIO.

lunedì 18 marzo 2013

2^ giornata nazionale del fiocchetto lilla (Genova)

Ciao a tutti,
ho deciso di scrivere per raccontarvi una bellissima giornata!
Venerdì 15 Marzo infatti si è svolta, in particolare nelle città di Genova e di Milano, la 2^ giornata nazionale del fiocchetto lilla. Io personalmente mi sono occupata dell'organizzazione dell'evento a Genova...veramente un'esperienza favolosa.
Il dibattito ha trattato i DCA da diversi punti di vista; ci sono stati infatti racconti di esperienza personale come il mio e quello di Chiara (blogger di "Briciole di pane"), interventi più tecnici come quello dello psicologo Rocco Cardamone, della nutrizionista ed educatrice Angela Gruppioni, del saggista e professore Maurizio Sentieri ed infine si è data voce anche al punto di vista dei genitori grazie ad Enrica Perilio. Ogni intervento ha messo in gioco la semplice esperienza sul campo e naturalmente tutti hanno finito per convergere a conclusioni comuni. E' stato raccontato il dolore, la solitudine, la paura di non farcela da una parte ma dall'altra la speranza, la volontà di crederci e di non smettere mai di lottare.
E' stata una giornata veramente piena di soddisfazioni...dal pubblico attento ed interessato ai complimenti ricevuti per il bel lavoro che stiamo portando avanti; sono veramente orgogliosa  perché tutto ciò mi permette di capire che stiamo raccogliendo qualcosa e che il nostro obiettivo è condiviso.
Anche se non ero presente mi piacerebbe spendere due parole sulla giornata di Milano...Stefano mi ha raccontato, pieno di entusiasmo, la grande riuscita. Partecipato è stato il dibattito ma soprattutto lo spettacolo "Mi nutro di arte"... più voci lo hanno definito come emozionante e vero.
Insomma direi che anche la 2^ giornata è stata un vero e proprio successo... "per ora ci accontentiamo di quella nazionale" =) speriamo in qualcosa in più (nonostante questo ci sembra già moltissimo pensando a come tutto è iniziato circa 2 anni fa) per l'anno prossimo.
Tengo a ringraziare tutti coloro che hanno partecipato, che hanno saputo ascoltare e che si sono messi in gioco; un ringraziamento speciale a Coop Liguria che si è dimostrata molto disponibile e sensibile al nostro progetto.
Vorrei concludere con l'intervento di uno spettatore "chi possiede un DCA non deve sentirsi etichettato, inferiore, un disonore per la famiglia...deve essere conscio del fatto che si può guarire e quindi deve considerare quel momento di grande sofferenza come una possibilità di crescita"!!!
Un abbraccio
Michi

martedì 12 marzo 2013

A TE CHE.....

A te, che vuoi assolutamente diventare anoressica

 Ecco quello che vorrei dire non semplicemente alle ragazze pro ana/pro mia, ma anche e soprattutto a tutte quelle ragazze che si sentono sull’orlo dell’abisso, e che intravedono nella restrizione alimentare una possibile soluzione ai loro problemi, o comunque un qualcosa che potrà aiutarle a stare meglio.

Se stai pensando che se inizi a restringere l’alimentazione sia comunque possibile smettere in ogni qualsiasi momento, e tornare a com’era prima che tutto ciò iniziasse, alla tua consueta (e forse un po’ anche sottovalutata) “normalità”, sappi che non è così che stanno le cose.

Se stai pensando che tu sei veramente in grado di controllare la situazione, e che perciò non succederà mai e poi mai che tu possa perdere il controllo, se stai pensando che ogni tua scelta, alimentare e non, sarà sempre e solo una tua libera scelta, se pensi che puoi smettere quando vuoi e che il tuo corpo a quel punto tornerà a mandarti normali segnali di fame/sazietà, se pensi che certe cose non possono certamente accaderti… sappi che ciò è quello che tutte abbiamo pensato, prima. Tutte. Nessuna esclusa.

Se credi che dimagrire sia l’unica cosa che possa farti sentire meglio con te stessa, sappi che non è così che stanno le cose. Sappi che non sarai mai abbastanza magra da trovare te stessa, ma solo abbastanza magra da perderti.

Se ti sembra che controllare quello che mangi ti faccia sentire in grado di controllare ogni singolo aspetto, ogni singola piega della tua vita, ci sei già dentro.

Perciò, se sei sul punto di scegliere il sintomo anoressico, pensaci bene. Perché a prescindere da ciò che ti ha guidato in questa direzione, ci sarai dentro fino al collo ancor prima che tu te ne renda conto.

Inizialmente sarà la cosa più strafiga del mondo: ti sentirai forte, soddisfatta, più sicura di te stessa, ti sembrerà di poter controllare tutto, e questo ti farà sentire una gran ganza, ti farà stare di un bene senza precedenti, e desidererai non staccarti mai da tutto questo… ma è proprio nelle prime fasi che, se ti rendi conto che queste sono tutte solo illusioni ed intervieni rapidamente per stroncarle sul nascere, avrai le maggiori possibilità di arrivare ad una remissione stabile e completa. Ma quando avrai le maggiori possibilità di arrivare ad una remissione stabile e completa, non ti renderai neanche conto di essere incappata nella malattia.

L’anoressia non è semplicemente restringere l’alimentazione e sentirsi in controllo per questo, e la bulimia non è solo mettersi un dito in gola e sospirare di sollievo per aver eliminato il contenuto di un’abbuffata.

Avere un DCA non è solo il compendio delle sensazioni positive che si provano nella “fase luna di miele”, nella fase iniziale del disturbo.

Avere un DCA significa non voler uscire più di casa perché sei così magra che la gente non la smette di guardarti lanciandoti occhiate di biasimo, pena o preoccupazione, perché pensa che sei un’idiota esibizionista o una malata terminale. Non voler più uscire di casa perché sei ossessionata all’idea che tutti possano guardarti. Non poter uscire più di casa perché non hai neanche le energie fisiche per farlo.

Avere un DCA significa uscire di casa e fare camminate chilometriche a ritmo serrato, senza neanche vedere quello che ti sta intorno perché la tua testa è fogata a pensare al fatto che questo ti aiuterà a perdere peso più rapidamente e, soprattutto, la ritualità della cosa ti trasmetterà quel controllo che tanto vuoi sentire. Uscire di casa e sentirti peggiore di ogni singola persona che incrocerai, sentirti inferiore, sentirti non abbastanza, e trovarti la sera a tagliarti perché l’anoressia prevaricherà del tutto il raziocinio.

Avere un DCA significa che non ti potrai vivere più un’Estate decente, perché girerai comunque in felpa e pantaloni lunghi per cercare di nascondere la perdita di peso e proteggerti dal freddo che sentirai anche sotto il sole a picco, e non indosserai mai più un costume da bagno, perché ti sentirai assolutamente inadatta e magari ti vergognerai pure delle cicatrici che ti sei inferta dappertutto. Quelle cicatrici che ti porterai fuori e dentro. Per sempre.

Avere un DCA significa perdere anni di scuola e/o di lavoro perché non riesci ad essere più produttiva, perché la carenza alimentare comporta una carenza nella sintesi di neurotrasmettitori che non ti renderanno in grado di concentrarti adeguatamente su quello che dovresti fare, e tutto il tempo che avresti dovuto dedicare allo studio/al lavoro, sarà riempito da ansie e paranoie. Perdere anni di scuola e/o lavoro significa precludersi tantissime possibilità per il futuro.

Avere un DCA significa non poter più fare sport perché avrai un rendimento così basso che non sarai più in grado di conseguire risultati che ti permettano di rimanere nel mondo dell’agonismo. E significa che col tempo addirittura odierai lo sport, perché lo inquadrerai solo come un dovere che è necessario espletare per raggiungere un peso inferiore quanto più rapidamente possibile, e perderai tutto il piacere degli allenamenti o del condividere quel tempo con i tuoi compagni di squadra.

Avere un DCA significa non andare più in vacanza con gli amici, non andare più a mangiare una pizza con gli amici, non avere più amici.

Avere un DCA significa perdere la salute, perché sebbene ci siano modificazioni fisiche che rientrano nella norma se riprenderai un regime alimentare adeguato al tuo fabbisogno giornaliero, ci sono alcuni danni irreversibili: osteoporosi, danni dentali, danni renali, infertilità e così via.

Avere un DCA significa estraniarsi da qualsiasi cosa e persona al mondo, perché poco a poco cominceranno ad esistere solo te stessa e i tuoi pensieri ossessivi. E i pensieri ossessivi prevarranno su tutto: lavoro, scuola, sport, hobby, amici… su tutto il tuo mondo. E allora trascorrerai giornate su giornate chiusa in casa, ad ammazzarti sulla cyclette o sul tapis-roulant se sei entrata nella spirale anoressica, oppure ad abbuffarti e vomitare se sei entrata nella spirale bulimica, e più passerà il tempo, più rompere il circolo vizioso diventerà difficile. E poiché a questo punto quello che ti sembrava di poter controllare è in realtà ciò che ti controlla spietatamente, e poiché da sola sarai incapace di toglierti da quest’impasse, ti sentirai talmente rassegnata che penserai di non meritarti neanche di ricevere aiuto.

Non riuscirai più a dormire bene, vuoi perché il sottopeso altera il regolare ritmo sonno-veglia, vuoi perché arriverai addirittura a pensare che durante le ore di sonno il metabolismo si abbassa, e questo è un rallentamento al tuo processo di dimagrimento che non puoi assolutamente permettere.

Ti specchierai e non t’identificherai neanche più in quel riflesso, perché sarai sempre più spaesata, sempre più persa dentro i meandri dell’anoressia.

Quieterai la tua perenne ansia solo carezzando le creste iliache sporgenti prima di addormentarti, ma non durerà che per pochi minuti, perché poi verrai presa dal panico per non essere ancora magra abbastanza, ovvero essenzialmente per non essere ancora in controllo abbastanza, e seppure consapevole della tua magrezza inestetica e non salutare, seppure tu stessa più o meno inconsciamente preoccupata per le tue condizioni di salute, continuerai a restringere l’alimentazione perché la sensazione di controllo che sul momento ne deriva sarà diventata la droga di cui non riuscirai a fare a meno.

Non avrai più amici, progetti, sogni, aspettative, perderai la speranza nel futuro; tutto si ridurrà a un perenne senso di vuoto e a paranoie che ossessionano la tua mente ma che non riesci ad allontanare, e alla spasmodica brama di percepire quell’illusorio controllo che è l’unica cosa che riesce a farti sentire patologicamente bene.

Tutto diventerà insopportabile, e desidererai solo quella “normalità” che all’inizio rifuggivi tanto in nome dell’illusoria e transitoria sensazione di “specialità” che pareva trasmettere l’anoressia, e desidererai non aver mai cominciato.

Ma, inizialmente, nessuna credeva di entrarci. Perché, figuriamoci, un disturbo alimentare è un qualcosa che succede agli altri. Si pensa sempre che succeda tutto agli altri.

Perciò, non è importante se inizi a restringere l’alimentazione perché hai dei problemi in famiglia, perché hai una bassa autostima, perché non vuoi più sentirti mediocre, perché senti il bisogno di avere la sensazione di controllare almeno una cosa nella tua vita, o perché hai un malessere interiore che non riesci a sfogare altrimenti.

 Sappi che, mentre stai già pensando che per te è impossibile cadere nell’anoressia, che restringerai l’alimentazione solo per poco tempo, e che potrai smettere quando ti pare, ti sta già succedendo. Ti stai già dannando.

Salvati.

Sei meravigliosa.

venerdì 1 marzo 2013

La forza di scrivere

Per noi è importante...il coraggio, la forza e la voglia di scrivere!!!
La testimonianza di Rosa
Potrei scrivere tante cose sui disturbi alimentari. Potrei raccontare tante cose, che credo per˜ non si discosterebbero molto da altre esperienze che si possono trovare senza problemi sul web o sui romanzi autobiografici. Vorrei invece raccontare di come si vive vedendo morire lentamente la propria sorella. Di questo si parla di menoÉ per˜ cՏ un aspetto importante da ricordare: i dca sono malattie che nascono come problema individuale, ma finiscono per divenire un male di vivere che ingloba spesso tutta la famiglia, gli affettiÉ
La mia gemella si chiama Chiara. EÕuna ragazza splendida, intelligente, buona come pochi se ne incontrano. Era una bella ragazza. Era, e spero che tornerˆ ad esserlo. La lunga malattia, oltre quattordici anni, lÕha divorata a poco a poco. Negli ultimi due anni si pu˜ dire che si sia presa tutto, tutto quello che era Chiara. Dico sempre che lÕanoressia, cos“ come gli altri disturbi alimentari,  una malattia subdola e beffarda. PerchŽ impedisce a chi ne  direttamente colpito di rendersi conto realmente del pericolo che sta correndo, finch non  quasi troppo tardi.  La cosa pi sconvolgente e drammatica per me  stata proprio questa: vedere mia sorella precipitare verso la morte, mentre lei pensava di volare. Senza poter fare assolutamente nulla. PerchŽ si sa, quando una persona  maggiorenne, non cՏ molto margine dÕintervento da parte dei famigliari.  Vederla illudersi di poter finire il suo prezioso master in giornalismo, quando sapevo benissimo che di l“ a poco saremmo dovuti correre in ospedale per salvarle la vitaÉ Vedere poi, in ultimo, nei suoi occhi la paura. Le forze iniziavano a mancare. Fare le scale era diventato prima faticosissimo, poi impossibile. Muoversi era un problema, un grosso problema. Anche solo tossire non era pi possibile, a causa della distruzione della massa muscolare. E quando poi ha compreso di doversi per forza far curareÉ ecco che la situazione era giˆ troppo disperata per qualunque struttura riabilitativa. E quindi ospedale, cvc, sacche, piantiÉ e soprattutto lÕangoscia mia e della mamma che questa volta non ce lÕavremmo fatta. Non riusciva a recuperare quel minimo per andare in una struttura riabilitativa, lÕambiente ospedaliero la terrorizzava; cos“, ben al di sotto dei limiti fissati, si fa un tentativo in un centro per i disturbi alimentari. La sera prima di essere ricoverata, tornata a casa dalla medicina, mentre le passavo il burrocacao e le rimboccavo le coperte (nemmeno questo riusciva pi a fare), mi ha detto: ÒRose, io non voglio essere una larva umana come sono diventata, non voglio pi, io non volevo questo, non so perchŽ  successo, e ora ho paura di non farcela!Ó
Chiara ce la sta facendo. Piano piano, molto lentamente, recupera forze e luciditˆ mentale. Si  impegnata sin da subito e ora si raccolgono i primi frutti.  Vuole di nuovo vivere! Mi parla della vacanza che dobbiamo fare dopo le sue dimissioni e dopo la mia laurea, del fatto che vuole riprendere i contatti con i giornali con cui ha ottenuto delle collaborazioni.  Mi parla degli amici, che ha voglia di rivedereÉ DellÕamore, che vorrebbe incontrare. EÕqualcosa di straordinario nel vero senso della parola per me. Non pensavo potesse pi accadere. Circa un anno e mezzo fa versava in condizioni simili, ma il ricovero che  stato fatto per circa dieci mesi non  sortito a nulla: in sei mesi, dopo la dimissione, aveva perso tutto quello che almeno fisicamente, aveva guadagnato e anche di pi, era ventiquattro chili, come lei stessa si  defintia Òuna larva umanaÓ. Ma non penso sia stata questione di struttura. Credo invece che il problema fosse la sua motivazione, e lÕattaccamento alla vita, ancora troppo scarso. Ora mi sembra diversa. Questo per dire che anche nei casi pi disperati la luce pu˜ accendersi. Io credo che questa sia la volta buona. Lo spero con tutto il cuore e Chiara stessa mi da alcuni segnali che fanno ben sperare. Dice di essere stanca di Òquella vitaÓ, di non voler pi soffrire e farci soffrire cos“ tanto.  La vedo delineare dei progetti e dei sogni per il suo futuroÉ vedo che la prospettiva sta cambiando.
Eppure, sarei bugiarda se negassi di avere ancora una paura folle. Non cՏ giorno in cui non mi passino per la mente, almeno una volta, immagini di lei in punto di morte. Abbiamo giˆ perso il papˆ (tumore ai polmoni). Chiara  senza dubbio la persona pi importante della mia vita. Non credo ce la farei senza di lei. Non  come fra due normali sorelle. Noi siamo proprio a tratti una cosa sola. Il nostro  un rapporto davvero viscerale. Mi rendo conto quanto ancora lÕumore mio e della nostra mamma dipenda da come sentiamo Chiara al telefono, da come la vediamo, da come supponiamo che stiaÉ  come se il resto contasse ben poco. Questo  capace di fare la malattia: monopolizzare completamente le vite di tutti quelli che sono a contatto con una persona affetta da dcaÉ per questa ragione dico che  un male globale, oltre che individuale.  Ovviamente  un qualcosa che anche in famiglia cerchiamo di affrontare e contrastare, mantenendo i nostri impegni ed interessi. Per˜ non  facile. E come non lo  per noi, credo non lo sia anche per tante altre famiglie. Tuttavia, sono convinta di una cosa: non  vita una vita fatta solo di paura. EÕla speranza che ci tiene in piedi e ci fa andare avanti, ed  cos“ per tutte le situazioni di difficoltˆ.  Io spero, spero con tutto il cuore, e questo aiuta sia me, che la mamma e soprattutto Chiara.  EÕla speranza che ti fa trovare la voglia di sensibilizzare la gente nei confronti dei dca, di continuare a spiegare, anche quando i luoghi comuni e gli stereotipi si sprecano. Questo significa, alla fine, combattere e forse vincere. E questo mi piacerebbe dire, a tutte quelle famiglie che la speranza lÕhanno accantonata in un angolo, perchŽ troppo stanche, troppo provateÉ Ce la si pu˜ fare. Anche dopo tanti anni. Bisogna affidarsi a persone competenti, senza disperdere energie in terapie che trattano solo un aspetto (quello psicologico o quello nutrizionale) del problema. I dca devono essere affrontati nella loro complessitˆ di malattie psicosomatiche per eccellenza. 
A tutte quelle sorelle, fratelli e famigliari di persone che soffrono di dca, vorrei dire di tenere duro, non arrendersi, perchŽ la nostra speranza si riflette negli occhi delle persone che amiamo e che soffrono.
 A tutte le ragazze, ragazzi, ma anche adulti e bambini che soffrono di disturbi alimentari, vorrei dire che la guarigione non  unÕutopia,  solo un cambio di prospettivaÉ