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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

giovedì 18 aprile 2019

Il peso della sofferenza


Ricordo perfettamente il giorno in cui ti accompagnai  dalla dottoressa dopo estenuanti tentativi di farti comprendere che non si può smettere di mangiare, avevi solo 15 anni, ho lottato con tutta me stessa per farti capire le sofferenze e le conseguenze che avresti subìto. Il dialogo non esisteva, mi imponevi di non fare domande, ma eseguire ordini dettati da quella voce che sentivi dentro che ti ossessionava e non avevi la forza di spegnerla, un’ossessione ai miei occhi inconcepibile e straziante. All'inizio non riuscivo a percepire la malattia non comprendevo cosa stesse succedendo, ricordo solo il senso di colpa, lo stupore per le tue convinzioni illogiche, lo sgomento di non trovare soluzioni per alleviare la tua sofferenza, ti vedevo dimagrire sempre più, ma continuavi a ridurre il cibo spezzettandolo minuziosamente  impiegando ore  a ingerirlo, bevendo contemporaneamente litri d’acqua e poi tanta ginnastica per bruciare calorie, il tutto condito dalla rabbia di non aver raggiunto il risultato. Il risultato alla fine arrivò un giorno in cui persi i sensi e dovetti ricoverarti in urgenza e poi lunghi mesi in vari reparti col sondino e la nutrizione parenterale. Rischiasti di morire mentre eri ricoverata ho temuto di perderti per sempre, per la paura ti coprii con tutto quello che mi capitava sottomano sciarpe cappelli, ti strinsi forte ma i tuoi occhi erano socchiusi intravede o le pupille miotiche non avevi riflessi non rispondevi a nessuno stimolo eri in stato d’incoscienza non sapevi neanche di essere al mondo. Provai rabbia impotenza e solitudine e il desiderio di urlare BASTA.

È dura lottare contro un mostro senza identità di cui non si conosce la causa ma che provoca effetti devastanti, i medici che ancora oggi ringrazio ti hanno riportato alla vita. Mi rivolgo alle persone che non conoscono la malattia, il D.A. non è un capriccio, non è voglia di dimagrire, è un disagio profondo un vuoto che nessuno riesce a colmare, è sentirsi inadeguati, diversi e non accettati da chi ti sta vicino. Un urlo silenzioso che provoca danni enormi. È un esperienza dura, difficile sia per chi ne soffre sia per la famiglia, provocando solchi profondi nell'anima, un dolore incolmabile come un lutto quotidiano, noi combattiamo ormai da 3 anni e 8 ricoveri. Oggi stai meglio ma voglio pensare al futuro e non più al presente. Sono la tua mamma e vivo sotto scacco della malattia ma guardo il mondo con occhi diversi. Vorrei poter aiutare le ragazze vorrei dir loro “non siete sole e non siate sole”, figlia mia ti ripeto spesso “non mollare mai non lo meriti tu sei diversa, hai una marcia in più”, hai mostrato coraggio e forza mentre attraversavi un mare in tempesta aggrappata con le poche forze ad una zattera nella speranza di non affondare, mentre i tuoi coetanei ignari trascorrevano una vita spensierata con gli amici, la famiglia fra risate scherzi e la quotidiana serenità com’è giusto che sia per la vostra età. Vorrei aggiungere inoltre che chi soffre non ha bisogno di sentirsi additato come “diverso” ma ha il desiderio di essere ascoltato e coinvolto nelle amicizie senza essere giudicato e quindi venire condannato 2 volte.
 
Una mamma



domenica 14 aprile 2019

L'A B C sbagliato



Cara Elisabetta, 
in questa fresca serata di silenzio, senza luna e con delle nuvole a disegnare strane figure nel cielo, ti scrivo per dirti che non è stata colpa tua.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. È morto papà, un tumore inguaribile: “E’ volato in cielo”, ti hanno comunicato quella mattina nebbiosa. Freddo pungente. Tu, bimba, che avevi appena imparato a scrivere, hai creduto di esserne la causa. “Pensiero magico infantile”, ti hanno detto anni dopo, ma tu, cerbiatto indifeso quale eri, avevi interiorizzato l'idea di essere portatrice di morte. Impugnata una falce, hai indossato un saio nero e hai ricoperto i tuoi boccoli con un velo scuro: eri la Nera Mietitrice. Hai smesso di parlare, dovevi scomparire.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. È il giorno del tuo decimo compleanno e tua madre, bussando alla porta della camera, dice di avere una sorpresa per te. Illusa e speranzosa, sei uscita dal rifugio, e, subito, tra le sue mani, hai notato un cesto colmo di dolcetti. Freddo pungente. Indossata una maschera, con il ghiaccio al posto del sangue, hai ringraziato sorridendo ed hai accostato le sbarre della tua cella, senza sbatterle, dovevi essere una bambina rispettosa. I tuoi occhi, che urlavano a squarciagola, sono passati inosservati. Avevi fame, di altro. Desideravi un abbraccio. Una pioggia di lacrime amare ha iniziato a solcare il tuo viso.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. Hai aspettato a lungo la fata turchina o un principe azzurro con un cavallo bianco, ma la speranza si è man mano affievolita fino a scomparire. Allora hai accettato caramelle da uno sconosciuto e sei salita sulla giostra. Si sono accese le luci. È partita la musica. Il marchingegno ha iniziato a girare, sempre più velocemente. L'inizio dell’apocalisse. Un frutto del peccato basta per una settimana. Questa è la tua lucida follia. Fai trenta giri del campo e stai meglio.Ti convinci di avere il controllo, ma è il controllo che ha te. Diventi sempre più piccola. Le vertebre pungono. Il maglione che indossi sembra appeso ad una gruccia. Chiudi gli occhi. Ti ritrovi con lo stomaco gonfio. Flash. “Cos’è successo?”. Flash. Non lo sai, vuoi solo liberarti. “Vado a fare una doccia”, dici. Esci dopo un'ora, distrutta.
Quando una vita è scritta in un altro alfabeto e non con quello dell'amore, è così che va a finire. In cerca di una parvenza di normalità, vai in giro per negozi e ti sembra di essere al Luna Park. Specchi deformanti ovunque. Ma non sei in un parco giochi, sei nel mondo reale. Lanci un muto urlo disperato. Vuoi scendere dalla giostra, non è più divertente, ma non puoi. Sei incastrata in un incubo. Doveri ed oneri. Obblighi e dettami. Il piacere è negato, abolito. Perdi capelli come perdi amicizie, apri il cassetto e non ci sono più sogni, smarrisci la voglia, la voglia di vivere. “Occupa una piastrella”, ti dici. “Non meriti nulla, sei un peso”, ti ripeti. Inizi a giocare a tris sulle tue braccia.
Cara Elisabetta, ti scrivo per dirti che, sebbene nella tua vita sia mancato il linguaggio dell'amore, non è la soluzione giusta continuare a mendicare attenzioni parlando attraverso il tuo corpo, non è la soluzione giustacontinuare a torturarti in cambio di una mollica di affetto. Tu sei una piuma con il piombo alle caviglie. Tu sei il cigno che riflette elefanti di Dalì. Tu sei la ragazza di cristallo. Delicata e preziosa.
Prenditi cura di te.
Con affetto, te stessa. 

Elisabetta


mercoledì 10 aprile 2019

La torre dell'anoressia


"E ogni ostacolo che supererò sarà come un colpo d'ali e là io volerò"

Una delle tante, troppe paure che non ci permette di migliorare, è pensare che torneremo come prima, che se il nostro corpo torna ad essere quello che era prima della malattia, allora anche noi torneremo ad essere il tipo di persona che odiavamo. Facciamo il grande sbaglio di confondere contenuto e contenitore, il nostro animo con il nostro aspetto. Ma una volta che l'animo cambia non sarà mai più lo stesso, anche se viene messo dinuovo nello stesso corpo di una volta. Sempre nello stesso bicchiere puoi metterci l'acqua, ma poi anche dell'aranciata, del vino, qualsiasi cosa tu voglia bere, qualsiasi cosa tu voglia essere.

Vorrei interrogare sia la Me passata sia la Me presente, perché reputo si debbano sempre sentire due campane e diverse visioni di un unico argomento. Do la parola all'Elisa del passato, che di paure ne sa molto più di me ora.

"Se per guarire devo ritornare in quel corpo, da cui è iniziata tutta la mia sofferenza, il mio dolore, il mio odio e cattiveria verso me stessa, be allora passo, me ne resto in questa zona d'ombra dove nessuno può vedermi o sa che esisto, qui dove la malattia è l'unica che mi capisce. È l'unica che conta con me le calorie e i chili da perdere, altrimenti chi mi aiuterebbe a farlo? Tiene il conto anche degli amici e amori persi, delle occasioni sprecate e delle lacrime versate, o forse di questo ha perso anche lei il conto. È l'unica che mi parla sempre e mi incita a spingermi sempre più in là, verso quel "sempre di meno" che non è mai abbastanza. È grazie ai suoi consigli che sono riuscita a costruirmi la mia bella torre segreta, e dopo così tanta fatica col cavolo che torno indietro, ho paura di tornare in quel corpo che non mi faceva sentire altro che la pesantezza della vita, la pesantezza del non sapere chi io fossi".

Ora invece sentiamo cos'ha da dire l'Elisa di adesso. 

"Cara Me, non posso darti torto. Essere al sicuro dai pericoli dei mondo ci fa sentire calmi e tranquilli, ci fa pensare che vada tutto bene e di avere la situazione pienamente sotto controllo. Ma ti chiedo, sei al sicuro da te stessa?
Vedo che sorridi con la bocca, ma lo stai facendo anche con il cuore? E poi,  non ti senti stretta in quella torre, tutta sola con il corpo esile che hai paura quasi a sfiorarti per non romperti? Ti dirò una cosa, tu sei già rotta, ad ogni passo che fai salendo quella dannata torre perdi pezzi di te. Arrivata in cima ti senti certo più leggera, ma cosa ti rimane? Ah, certo, hai lei, c'è sempre lei fedele al tuo fianco, che sciocca. Lei, sempre pronta a criticarti, a dirti cosa non va in te, a ricordarti cosa non sei, a contare con te quanto manca alla tua morte. E ti dirò di più, nessuno verrà a salvarti, nessuno scalerà la torre, ma non perché non ti stiano cercando, anzi, ti cercano da quando te ne sei andata senza salutare o lasciare un messaggio. Non verrà nessuno semplicemente perché non sanno dove sia la tua torre, da tanto bene l'hai nascosta. E dunque questa la vita che vuoi, la non-vita che hai scelto? Ora vorrei darti un consiglio, per quanto utile tu possa considerarlo: fa' un bel respiro e, senza pensarci troppo, corri giù per la scalinata e chiudi a chiave l'anoressia nella torre. Non la stai eliminando, non voglio che tu la uccida, voglio solo che la escluda dalla tua vita, una vita che potrai ricostruire grazie ai pezzi che troverai scendendo le scale. Troverai quelli che ti serviranno, perché quelli troppo leggeri saranno volati via, e quelli troppo pesanti saranno sprofondati senza lasciare traccia, cosicché raccoglierai solo quelli che riuscirai a sollevare senza fatica. E credimi, uscita da lì respirerai a pieni polmoni la vita, respirerai l'amore di chi ti stava aspettando e non ha mai perso la speranza di riabbracciarti, rientrerai nel tuo corpo che ora sarà degno di questo nome. Ma dentro, dentro non sarai mai più la stessa. Sarai migliore
."

Elisa


lunedì 8 aprile 2019

Io sono Luna


Mia dolce Ana,
Ne é passato di tempo eh?
Come stai? Mi chiedo dove tu possa trovarti in questo momento.
Insomma dove sono tutte le promesse che mi avevi fatto? Dov'é finita quella che credevo la mia migliore amica?
Una compagna di viaggio, una fonte di ispirazione, un accumulo di speranza...
Con te ho trascorso quelli che credevo i miglior peggiori momenti della mia vita sempre, se così possiamo definirla.
Credevo di aver imparato tutto da te, ma in particolar modo cosa volesse veramente dire la parola: "Vivere".
La realtà é che invece hai fatto tutt'altro.
Mi hai insegnato a morire, ma non una cosa indolore, mi hai insegnato come trafiggermi e uccidermi lentamente.
Mi hai accecato, non vedevo più nulla se non te. Brillavi di luce propria, una luce oscura che mi ha trascinato sul filo del rasoio.
Con te tutto quello che all'apparenza sembrava impossibile, riusciva invece a prendere vita.
Pensavo di aver finalmente incontrato una persona che non mi avrebbe mai abbandonato, ma poi con il passare del tempo, mi sono resa conto che in realtà eri solo frutto di una mia fantasia malata.
Perché gli altri non ti vedevano?
Perché mi credevano pazza?
Tu c'eri, ne ero sicura.
Più mi guardavo in quel maledetto specchio, più trovavo la forza e il coraggio di andare avanti e più la bilancia scendeva, più sentivo di star meglio.
Avanti eh, mi viene da sorridere adesso usando questo termine.
Quello che equivaleva a un andare avanti per me, era in realtà un retrocedere per tutti.
Ma allora chiariamoci, che razza di amica é una persona che vuole trascinarti alla soglia di un dolore mortale?
Oggi, dopo quasi 3 anni che combatto con te, ho deciso di svelarti un segreto: "Hai tentato di rovinarmi e credimi ci sei riuscita, ma contro ogni  aspettativa mi sono rialzata e sono risalita da quel buco nero che mi aveva risucchiata".
Non vedevo.
Non sentivo.
Non respiravo.
Batteva il mio cuore? Non ricordo.
Ho dimenticato.
Ero circondata da numeri, conti e specchi, ossessioni e obblighi.
Passi e beh km... Ora sono solo cicatrici.
Le gambe facevano male, ma non volevo dar a nessuno la soddisfazione di ammettere che avevano ragione loro, che in realtà io stavo morendo.
Non era mai abbastanza, era sempre solo sufficiente proprio perché a causa tua la perfezione regnava sovrana nella mia mente annebbiata .
A pensarci ora però mi rendo conto di una cosa: "Non c'era niente di perfetto in te, in noi.. Cioé come può essere perfetto un mostro? Già la parola dice tutto."
Una ragazza di 16 anni, intrappolata nel corpo di una bambina di 10.
Che schifo eh?
E poi torni, anzi ritorni, con fatica, forza e costanza, ti rialzi, ma allo stesso tempo, al tuo ritorno dagli abissi, ti rendi conto che non sei cambiata solo tu, ma anche tutto quello che ti circondava.
Ana, dolce e devastante Ana,
Hai cercato di portarmi via tutto e no, non nego che in parte ci sei riuscita, ma sai una cosa?
Non ero io.
Io sono Luna, non sono te.
Avevano ragione tutti, in realtà tu non esistevi.
Eri solo una stupida e tremenda malattia mortale  che aveva preso vita nel mio corpo, forse per esternare un dolore che neanche io riuscivo a comprendere.
Ma é proprio quando tocchi il fondo che decidi di rialzarti no?
Insomma che senso ha guardare il mondo al contrario?
È così bello quello che ci circonda e non importa se ancora non lo vediamo, non importa quanto tempo ci metteremo per vederlo...
La cosa importante é che prima o poi torneremo a vedere e non solo, ma anche a sentire.

Chiudi gli occhi e ascolta, ascolta il tuo cuore che batte di nuovo e sii orgogliosa del fatto che ancora produce un suono musicale e poi guardati intorno e decidi cosa farne della tua vita, ogni secondo é prezioso, perché in un solo secondo tutto può cambiare.
Ho sempre avuto paura di perdere le persone e ne ho perse fin troppe, ma perderti Ana credo sia stata la cosa migliore di tutta la mia vita.
Non nego che guardandomi allo specchio qualche volta la mia mente non si ricordi di te e non nego neanche che tutte le paranoie che per anni mi hanno accompagnata siano del tutto sparite, ma questo non vuol dire che io non possa averle piano piano abbandonate.
Sei quello che sei perché sei una ed unica.
Sei quello che sei perché il passato ti ha formato e quando ha visto che eri pronta ti ha abbandonato.
Sei quello che sei perché quando ti svegli alla mattina decidi tu se sorridere o meno, decidi tu come affrontare la giornata.
E sarai quello che sarai perché tu e tu soltanto potrai decidere cosa diventare.
Abbiamo una sola vita e ci sono già abbastanza sofferenze, guardati intorno e cerca di recuperare tutto quello che hai perso.
Ti dico una cosa però: "Ana lasciala lì, non era reale, tu sei una persona, non una malattia".
Non é un arrivederci
Il nostro é un addio.

Con affetto e un tocco di paura
La tua vecchia Luna.


mercoledì 3 aprile 2019

Cara anoressia...


Cara anoressia,
È un da un po' che ci siamo perse di vista. Non posso negarti che a volte ancora ripenso ai momenti passati insieme. Al bene che mi hai fatto. Alla forza che mi hai dato di evitare di affrontare il mondo, le responsabilità, la vita. 
Però c'è anche un altro lato di te che non posso dimenticare.
Non posso scordare il fatto che eri punizione e causa della stessa. Non mi hai fatta sentire all'altezza, mi hai fatta sentire sbagliata.
Mi hai illusa, facendomi credere di non meritare niente. Mi hai fatto male, o meglio, mi hai fatto credere di meritare il male che ho lasciato mi autoinfliggessi. Mi hai fatto perdere la mia adolescenza oltre che il peso e l'appetito.
Mi hai illusa facendomi credere di essere invincibile, di non aver bisogno di niente e nessuno. Dovevo bastarmi da sola, se mi sentivo debole un cucchiaino di miele era l'unica arma a me concessa.
Però sai una cosa? Hai presente i miei genitori? Quelli a cui urlavo contro quando mi chiamavano a tavola per mangiare un pugno di riso scondito? E i miei amici? Quelli con cui non uscivo più perché mi vergognavo? Beh loro in realtà non se ne sono mai andati, anche se "grazie" a te ero convinta del contrario.
È grazie a loro, e a tutti quelli che mi hanno aiutata a rendermi conto che non avevo bisogno di te per essere me stessa, è grazie a loro se sono qui a scriverti, ora.
Mi hai fatta vergognare. Di come ero, di come stavo diventando, di come sono stata. Avevo paura, ero terrorizzata all’idea di chiamarti con il tuo nome. Ero convinta di non avere alcun problema, di stare bene. Se stare bene era non riuscire a guardarmi, non avere la forza di andare a scuola, non riuscire a ridere, sentirmi sempre in colpa, allora avevo ragione, stavo bene.
Mi hai fatta concentrare su di noi, su di me e su di te. Tutto girava intorno a al desiderio del nulla. Un’anestesia totale. Ho fatto si che mi lasciassi condizionare così tanto da una cosa di cui nemmeno osavo pronunciare il nome. Ancora non so come me lo sia lasciato permettere, ma spero di capirlo presto.
Con te al mio fianco ho conosciuto la sofferenza. Non solo la mia e delle troppe ragazze che ho conosciuto, ma anche quella di chi ci stava intorno. Di chi guardava da fuori senza poter fare nulla. Di chi ci guardava negli occhi e vedeva sguardi persi, affamati di cibo e di vita, terrorizzati dallo stesso cibo e dalla stessa vita. La sofferenza di chi ci stringeva tra le braccia con la paura di farci male. La sofferenza di chi ci parlava pesando le parole per il timore di dire una parola sbagliata. La sofferenza di chi aveva il coraggio di metterci davanti alla realtà che ci ostinavamo a non voler vedere. La sofferenza di chi tornava nonostante tu mi lasciavi credere di poter farcela da sola. Eri al mio fianco ma non facevi male solo a me.
Guardami ora. Non ti mentirò dicendoti che sto bene, ho smesso di mentirmi a riguardo. Sono insicura, vado in ansia facilmente, sono tutto fuorché perfetta. Ci sono giorni che passo nel letto a guardare film e giorni in cui non riesco a stare ferma trenta secondi di fila. Eppure sono serena. So di non essere perfetta, ma so che se il prezzo per la perfezione siamo io e la mia felicità, allora non ne vale pena.
Sicuramente mi hai resa più consapevole, ma in quella consapevolezza c'è anche la certezza di non aver più bisogno di te.
Perché i problemi non spariscono se scappo, si accumulano e basta. E prima o poi dovrò affrontarli, con o senza di te ma, non prendertela, senza di te è meglio.

Alice