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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

lunedì 26 agosto 2019

Padrone della mia vita



Affronta coraggiosamente la vita e non permettere alle difficoltà di turbare il tuo fondo di serenità, vivi oggi non vivere nel passato e non farti paralizzare dalla paura del futuro.
Sii orgoglioso di esistere, non avere mai paura di vivere, non esiste un momento giusto per vivere, è sempre il momento giusto, il passato non deve mai essere messo davanti ma di fianco a noi, davanti ci paralizzarebbe, di fianco può esserci d'aiuto per non commettere lo stesso errore due volte.
Fa che il tuo sorriso voli più alto delle sofferenze, solo così imparerai.
Nell'infinità della vita che vivo, tutto è perfetto integro e completo, scelgo ora con calma e obiettività di individuare i miei vecchi schemi e sono disposto a cambiare, sono aperto a ricevere un insegnamento, sono in grado di imparare, sono disposto a cambiare. Scelgo di divertirmi con questo esperimento e di reagire con stupore e meraviglia nello scoprire qualche altro ostacolo da superare, osservo i miei cambiamenti, attimo dopo attimo i pensieri non hanno più forza su di me, sono io padrone della mia vita, scelgo di essere libero nel mio mondo tutto va per il meglio.

Anonimo


venerdì 23 agosto 2019

Guariremo.



Cara Me,
Quando ti guardi nello specchio del bagno, appannato dal vapore della doccia che ha coperto fino a qualche istanti primi i vagiti del tuo dolore, non guardi veramente chi sei. Prova a capirlo. Il viso paonazzo, triste e arrabbiato, gli occhi gonfi e lucidi che sembrano disprezzarti stanno gridando, urlano e strepitano per svegliarti dall’incubo in cui vivi.
In quello specchio non sei tu perché se provassi a guardarti con altri occhi vedresti il tuo valore, il tuo bisogno d’amore, la forza che hai fisicamente a rialzarti volta dopo volta, quando il tuo cuore esausto sembra solo volersi fermare da quella corsa che impazza nel petto ma non lo fa. Continua a battere, forte perché tu forse non lo sai ma vuoi vivere e quella che hai è fame di vita, di gioia, d’affetto.
Tremante lasci il bagno con quel senso di vergogna e fallimento che sembra insinuarsi in ogni fibra della tua pelle fino a raggiungere la profondità delle tue viscere ad annichilirti l’anima. Vorresti sparire, strappare via quella sensazione che ti violenta ogni volta che cadi. La solitudine che porti nel profondo è un vuoto che si espande giorno dopo giorno, ogni volta che non chiedi aiuto, ogni volta che pensi di non meritarlo, il vuoto si fa spazio dentro di te e logora il tuo essere.
Posso vedere la tua sofferenza, posso viverla e soffrire perchè sono passati tanti anni da quando sei scivolata dentro questo vortice di demoni che ti ha segnata in modo indelebile.
Sul tuo corpo le storie del dolore, inciso nella carne in tutti i momenti in cui sentivi di non farcela più.
Nella tua gola ferita le fitte ogni volta che qualcosa scende giù a dissetarti. Fitte dolenti a ricordarti cosa hai fatto e inevitabilmente senti di essere una fallita, incapace di abbandonare la gabbia che la malattia ha costruito attorno a te.
Vorresti gridarlo al mondo il tuo dolore ma non lo sai fare e ti senti morire sempre più ogni volta che trattieni le tue emozioni e invece di urlare le trangugi fino a vomitarle fuori, arrabbiata.
Ti guardo e nemmeno te ne accorgi.
Sei bella, forte, sei degna ma non lo sai. Meriti tutto il bello che la vita ha da offrirti e il dolore che hai provato fino ad ora ti insegnerà che quello che di oscuro la vita ti riserverà ancora sarai in grado di superarlo.
Guardati, ti prego. Ma abbandona gli occhi della malattia per un solo istante e guardati per chi sei davvero.
Tremi impaurita e nonostante questo sei qui, adesso.
Non sperare che chi hai accanto ti comprenda se tu per prima non sai farlo.
Lasciati aiutare da chi può farlo e amati, solo così potrai scoprire l’amore che gli altri hanno da offrirti.
Nessuno ti conosce meglio di me. Vivo ogni giorno la tua agonia e i tuoi sorrisi, quelli veri che compaiono sul tuo viso candido quando ti emozioni.
Emozioni. Quante ne senti? Infinite, sei così sensibile che ti lasci sconvolgere da ciò che senti. Impetuosa la tua anima, liberala da questa gabbia angusta perché lo merita.
Nulla cambierà il passato ed è giusto che sia così. Sei la donna di oggi per quello che hai vissuto ieri e sarai la donna di domani per quello che vivrai oggi.
Ascoltami.
Iniziare non è facile lo so e la strada appare tanto difficile che la gabbia spaventa meno però, alla fine del percorso, la tua libertà e non c’è motivo più grande per lottare e conquistarla.

Il domani inizia oggi e per noi voglio il meglio. Guariremo. 

V.




giovedì 22 agosto 2019

A ogni fiocchetto...



Non li sopporto.
Non sopporto chi ti guarda e si volta.
Non sopporto chi ti guarda e si volta poi ti riguarda e si rivolta ancora.
Non sopporto chi ti guarda e si volta poi ti riguarda e si rivolta ancora ed inizia a giudicare, sottovoce, per non farsi sentire perchè è maleducazione.
Non sopporto chi ti guarda e si volta poi ti riguarda e si rivolta ed inizia a giudicare sottovoce, non conoscendo la tua storia.

Non mi sopporto mentre non li sopporto.
Non mi sopporto mentre non li sopporto perchè forse dovrei iniziare a fare come loro, non ci sono mai riuscita. 
Non mi sopporto mentre rileggo ciò che ho appena scritto perchè fare come loro vorrebbe dire essere come loro, ed essere come loro significa essere giudicanti ed indifferenti e come diceva qualcuno parecchio tempo fa "odio gli indifferenti" perchè:

"L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è VITA."

A chi lotta ogni giorno.
A chi lotta con noi ogni giorno.
Ad ogni fiocchetto lilla qui con noi o sopra di noi.
A ogni fiocchetto... di qualsiasi colore.
Ad un piccolo fiocchetto blu.
A mio padre ed al suo rispettoso silenzio.


lunedì 19 agosto 2019

Per non farsi trasparente


Cara Viviana,

ti parlo immaginandoti per com’eri in passato, ti vedo come ombra incrostata addosso nello specchio; ho smesso di sforzarmi a raschiarti via, perché sei un’altra parte di me, sei il volto di una gemella siamese attaccata alla mia guancia. Quando ti scorgo, non so bene cosa farmene del tuo viso emaciato, dei tuoi occhi spenti, delle occhiaie scavate da mesi di lacrime che non avrebbero cambiato niente; so che mi ero promessa di essere il meno tragica e stucchevole possibile, ma obiettivamente non riesco a vedere nient’altro che zigomi spigolosi e luce spenta, in quel volto fantasmatico che ogni tanto riappare. Questo per dire che non so parlare di quello che è successo –meglio, non so parlare di te- se non sputando fuori tutto il dramma che abbiamo vissuto: che fatica fonderci in questa prima persona plurale, riconoscere che ero te, che il mio volto di ora si caletta sul tuo, che parla al passato ma non per questo è meno presente, o può scomparire di colpo dalla superficie dello specchio che me lo disegna davanti allo sguardo.
Se parlo di questo devo far gridare tutte le scorie che ancora mi abitano, le unghie che come artigli mi sono conficcata in cosce esili (ma mai troppo), le fitte di fame nello stomaco che non si facevano mai farfalle; devo riscoprire il mio corpo e far parlare lui, le sue fibre muscolari stanche, il logorio con cui l’ho martirizzato, e niente di tutto questo riesce a slegarsi dal sentimento del “dramma”. Non riesco a pensare in altro modo a quello che la malattia ha rappresentato, come fosse stata una sorta di cruciale spartiacque: tu sei una persona, poi ti si inocula questo mostro dentro la testa che ti fa piangere di rabbia e frustrazione di fronte ad una cotoletta troppo unta, e prima che tu possa arginarne le ripercussioni sei già un’altra persona incapace di ritrovare l’identità di chi eri prima. Il cambiamento ha stravolto tutto e quasi non rimangono tasselli da raccogliere; fra le macerie di chi eri, ciò che rimane è tutt’al più un riflesso evanescente, il rimasuglio di un ricordo.
Anche oggi che mi specchio sono stanca, ma i miei occhi non si sono più spenti nel buio opaco in cui l’anoressia ti aveva inghiottito. Vedere questa parola fatale ufficialmente scritta sulle diagnosi dall’esattezza impietosa dei medici era una fitta lancinante, ogni volta; adesso impilare le lettere in fila fa lo stesso effetto che dovevano vivere quei professionisti ad attenersi alla precisione del proprio lessico tecnico. È una malattia, è clinicamente appurato; ti è appartenuta, anche questo è consolidato e ne hai assunto coscienza. Ti ha violentato, fatto sciupare amicizie, ti ha reso responsabile della sofferenza indicibile di genitori stanchi: tutto questo i referti medici non l’hanno raccontato.
Vorrei raccontarlo io, prima o poi, se trovo le parole, se torno ad ascoltare il mio corpo per farlo parlare del dolore che gli ho fatto covare.
Il fatto che quel volto sfumi, Vivià, non significa più che desideri accanitamente di sparire o di farti trasparente: semplicemente, tu non sei più quell’espressione abulica, di chi ha perso la magia. E io ti scrivo perché ho smesso di odiarti, perché rappresenti il cambiamento che nego: va bene nominare la malattia, imparare a chiamarla per nome, accettarla nella propria vita come ferita sanguinante di una pelle stracciata. E va bene anche riconoscere in quel volto chi si è stati, per poi spostare lo sguardo sulla faccia di oggi e scoprire che la polpa carnosa delle guance è l’immagine più bella che trovo per esprimere la mia massiccia, ingombrante presenza nel mondo.

Viviana


venerdì 9 agosto 2019

La svolta


Cara Laila,

ti scrivo perché ho ormai preso una decisione e non voglio rimandare. Sì, perché nella vita occorre decidere, con coraggio, forza, determinazione, lasciandosi dietro le convinzioni di chi sempre ci giudicherà; per svoltare bisogna decidere e basta.
Sono sempre stata spensierata, ridente e solare, soprattutto convinta che la mia esistenza, sarebbe trascorsa senza preoccupazioni, in fondo mi avevano sempre detto, fin da piccola, che essere buoni e benevoli, mi avrebbe ripagata con tanta felicità e sole cose buone. Purtroppo ho imparato a mie spese che non è così, non sappiamo cosa in realtà la vita ha in serbo per noi.
Ti ricordi, era il giorno del mio compleanno, 18 anni festeggiati insieme a te e Luca, sempre insieme noi tre… tu poi te ne sei andata prima, con una scusa qualunque ci hai lasciati soli. Sapevi che tuo fratello aveva un debole per me e che io gli volevo altrettanto bene.
Tutto regolare, e i successivi due anni sono stati meravigliosi fino a quell’incidente. Non ho avuto nemmeno il tempo di salutarlo. Mi ha preso per mano e mi ha detto di stare tranquilla, mentre io semicosciente sentivo solo il  rumore del frullino dei vigili del fuoco, che tagliava le lamiere dell’auto per tirarci fuori. Quando mi sono svegliata il mondo si era capovolto, Luca non c’era più ed io sarei stata destinata a sopravvivergli, sentendomi sola e colpevole.
Avrei voluto esserci io al suo posto, lo sai, te l’ho detto mille volte.
Ho iniziato a pensare che tutta quell’angoscia che avevo nel cuore, potesse essere repressa e soffocata, cercando di focalizzarmi su qualcosa che mi facesse stare meglio e l’unica risposta è stata il cibo.
Tonnellate di cibo hanno transitato il mio esofago con scriteriata velocità, facendo appena in tempo ad arrivare allo stomaco, per poi essere rigettate dentro uno squallido water, tutto sempre rigorosamente in silenzio, per non farmi sentire, ma soprattutto per non voler ammettere a me stessa che c’era qualcosa che non andava.
Ho pensato che questa pratica fosse liberatoria e terapeutica, ma in realtà è solo servita a farmi cadere in un groviglio di ingranaggi, che mi stavano per stritolare facendomi deperire, nel corpo, nella mente e soprattutto nell’anima. Guardandomi allo specchio oggi, posso vedere solo un essere smorto ed avvizzito.
Nonostante tutto, solo ora capisco che mi sei stata sempre vicina, che hai messo da parte il tuo dolore, per cercare di soccorrermi nel mio. Io sono stata solo un’egoista e forse un po’ cinica, pensando di essere la sola a provare dolore e sconforto; è evidente che non era così.
Tre giorni fa mi hai strattonata con forza urlandomi contro non so cosa, mentre ti ascoltavo non ti sentivo, ma ti vedevo; ho scorto uno scintillio nei tuoi occhi che i miei non hanno più; so che era amore, vero, puro ed incondizionato. Ho visto le lacrime solcarti le guance e disperate cercare di rimanerti aggrappate al viso, per poi frangersi a terra. Ho capito che quella che pensavo fosse rabbia, era solo paura di perdere anche me.
Cara Laila, il tuo sprone mi ha risvegliata; il cibo non può essere una soluzione ad un problema così grande, devo affrontarmi ed affrontare un percorso che non sarà né breve né semplice, ma ti giuro che tornerò presto, con lo stesso amore per la vita che ho visto nei tuoi occhi.

Tua Lu


P.s.: Non so se avrò il coraggio di darti questa lettera, ma credimi, non sono mai stata lucida come ora. Sono sicura che mi perdonerai per tutto il male che facendomi ho fatto, e spero soprattutto che tuo fratello mi stia guardando ancora dal cielo, con gli stessi occhi dell’ultimo nostro incontro.

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Immagine: Illustrazione di Knysh Ksenya



 

martedì 6 agosto 2019

Tra linee e forme


Ogni tentativo di definire e raccontare cosa è stata per me l'anoressia e il binge diventa sempre più difficile.
Mi sembra che le parole siano inadatte, espressione limitata di una dimensione che cambia forma colore con il tempo che scorre.
Perfezione, bambina, ascolto, terrore, paura, determinazione, forza, abbandono, timore, obbligo, negazione, negazione, controllo, autocontrollo, imposizione, ordine, pulito, sporco, finzione, presunzione, assoluto, dolore che pulsa...vita e morte.

Avevo così tanta rabbia dentro e un dolore sconosciuto mi faceva raggomitolare sul letto, mi sarei voluta strappare quel nucleo di dolore dalla profonda e sconosciuta  me, eppure comprenderlo e raccontarlo, separarmene, poi riconoscerlo e riassorbirlo è stato necessario. Quando provavo rabbia tremavo e mangiare diventava impossibile. Per il resto ho lottato e annientato una fame indicibile, una fame naturale, ma diventata incredibile.
Abbracciare uno schema fu come fare un passo ed entrare in una casa che cadeva a pezzi, in bilico continuo ogni gesto mi costava enorme fatica: non respirare per venti secondi, aspetta c'è la pasticceria trattieni il fiato, un boccone, una flessione, guarda una linea di mattonelle cammina in linea retta senza uscire dai bordi, metti la sciarpa senza far uscire l'etichetta, ripiega l'asciugamano in senso orario.
Ogni giorno sentivo una paura grigia, anzi la pensavo, perché tutto era testa, emozioni soffocate, vivevo in apnea.
Quando dopo quattro anni è arrivato qualcosa di diverso, l'ho accolto come potevo, con foga e disperazione. Un momento, un tentativo e la vita mi ha richiamata con forza e violenza, perché quando te ne dimentichi, lei non molla, come probabilmente la parte resiliente e vitale di noi non molla mai.
Ovviamente in questo percorso la mia famiglia c'era, io mi sono ammalata ma il dolore seppur diverso era condiviso. Dopo corse senza forze, 4 mandarini in inverno, un 3 sulla bilancia...sono esplosa. Non riuscivo a fermarmi, mani sporche nella bocca, ancora e ancora. Veloce silenziosa, vorace senza controllo e resistenza contro chiunque: non mi bloccare, non mi guardare, non mi ignorare, non ti arrabbiare...non ti vergognare di me!!
Dopo giorni e mesi di perdita, silenzio, e dolore, tanto tantissimo, perché al silenzio dell'anoressia si era sostituito un rumore incomprensibile, non capivo più nulla pensavo di impazzire...ho chiesto aiuto.
Sono passati quattro anni da allora.
Sono su un treno mentre scrivo, c'è il sole e fa decisamente caldo.
Avevo una paura enorme della vita e di morire paradossalmente, e ce l'ho ancora e mi guardo intorno e vedo che è di tutti, e mentre prima c'era una barriera ulteriore da dover affrontare tanto spessa da avermi convinto che oltre quello la vita fosse poca cosa, oggi la barriera è talvolta un vetro sottile, o una pellicola sospesa nella mia vita.
Vedo la guarigione fra virgolette come un percorso di vita, con i fantasmi propri di ogni percorso, presenti assenti, lontani, vicini. A volte ho paura di dimenticare, a volta mi aggrappo a ciò che sono stata, a volte mi fermo e riconosco i miei limiti a volte non vedo e basta.
Ogni giorno cambio visione, idea, paura e convinzione.
Respira! ...respiro, non c'è nessuna linea retta sulla quale camminare.

Alessandra G.


lunedì 5 agosto 2019

Una vita assieme


Cara Me,
probabilmente ti starai chiedendo il perché di questa lettera, o perché io stia scrivendo proprio a te e non a lei, a quella che abbiamo sempre chiamato “amica-nemica”, l’Anoressia.
Non ti nascondo che ho pensato di scriverle, ma poi mi sono ricordata che oggi sono una persona diversa, sono una ragazza che vuole mettere se stessa al primo posto, in particolare prima della malattia, che per troppi anni è stata la protagonista di una vita che non le apparteneva.
Sai, è bello ora scriverti con piacere e non con reticenza.
E’ bello guardarti allo specchio e reggere il tuo sguardo ora alleggerito di molti fardelli e più bramoso di vita.
Insieme, ne abbiamo passate tante. Ci siamo arrabbiate, ci siamo deluse, ci siamo lasciate, ci siamo riamate.
Com’eravamo piccole e fragili! Una fragilità che solo a pensarla poteva sgretolarsi in mille pezzi. E così purtroppo è stato, ci siamo ridotte a pezzi, in un’età in cui si dovrebbero contare i giorni che mancano al prossimo compleanno, e non quante calorie ci si concede di assumere; in un’età in cui ci si dovrebbe aprire alla vita, e non nascondersi da essa; un’età dove non importa se mangi uno o due cioccolatini, ma importa con chi condividi quel momento.
Ne eravamo schiave senza rendercene conto, ci illudevamo che dominare la fame significasse avere in pugno la Vita, con la ridicola pretesa di controllare anche le nostre emozioni. Da fuori, apparivamo forti e sicure, quasi tranquille, ma dentro le nostre urla silenziose bombardavano la nostra mente.
Evitare il cibo ci aveva reso immuni al gusto della Vita, un sapore che a prescindere ci siamo vietate di assaggiare. Eravamo diventate vuote, e più quel vuoto aumentava, più ci sentivamo piene. Un vuoto per riempirne un altro.
E ne avevamo, di fame, ma se prima questa era fame di cibo, ben presto si è trasformata in fame di comprensione, di attenzione, di amore, una fame a cui abbiamo cercato di resistere con tutte le nostre forze. Ma, allo stesso modo di quel vuoto, così anche quella fame aumentava.
Quale poteva essere la soluzione più rapida per farla tacere? Eliminarla dalla nostra esistenza, piuttosto di sfamare il nostro cuore.
Ma può un’esistenza essere tale senza amore?
E poi, ti ricordi cos’è successo?
Dal contare le calorie, abbiamo iniziato a contare quante persone ci rimanevano accanto, quante parole e sorrisi avevamo perso, quanti momenti di felicità avevamo lasciato passare, quante cose ancora avremmo voluto fare. A poco a poco, siamo tornate a contare su noi stesse e a capire il valore delle persone che non ci avevano abbandonato, che un sorriso è più utile di una lacrime, che quando ci sentiamo felici non dobbiamo automaticamente sentirci in colpa ma vivere quella felicità in ogni suo attimo, berla fino all’ultima goccia, mangiarla fino all’ultima briciola.
Non posso dirti che non incontreremo più la sofferenza e il dolore sul nostro cammino, o che davanti a noi ci saranno solo discese e giornate di sole, perché non voglio più mentirti. Ci saranno momenti bui, come momenti speciali e stupendi.
Una frase che mi piace tanto dice “non è la vita che diventa più facile, sei tu che diventi più forte”, e si diventa più forti solo se non ci si lascia andare alla sofferenza, all’Anoressia, e ci si lascia andare alla Vita sfamando il proprio bisogno di amore senza vergogna.
Ti devo ringraziare, sai, perché è grazie a te che sono la ragazza di oggi, e perché non mi hai abbandonata, nemmeno quando sembrava la fine.
Puoi credermi se ti dico che ti voglio bene, perché ora so di nuovo cos’è l’amore.
Con affetto, 
tua Elisa

 

sabato 3 agosto 2019

La mia ultima lettera a Bia


Cara Bia, come va?
Non avrei mai immaginato di rivolgermi a te in questo modo e invece oggi mi ritrovo qui, alla mia scrivania, a scriverti una lettera. Di solito sei tu che mi parli, sei tu che balzi fuori da un momento all'altro, così come hai fatto al nostro primo incontro, ricordi? Ne è passato di tempo da quando ci siamo conosciute e mai avrei immaginato che saremmo diventate così intime. Ti sei presentata a me quando ero inconsapevole di quello che saremmo diventate.
Da quando sei entrata a far parte della mia vita sono cambiate tante cose, ma tu non mi hai mai abbandonata. Sei stata lì, accanto a me, quando davanti allo specchio non sorridevo più; mi hai presa per mano e mentre il mio corpo cambiava, la mia mente cambiava, la nostra amicizia diventava sempre più forte. Io e te, unite per la pelle.
Ti ricordi di quando le mie amiche mi invitavano fuori a cena, ma io rifiutavo come mi suggerivi, per poter restare con te? Come eravamo soddisfatte di non aver mangiato di nuovo insieme!
Sai, un tempo sorridevo con le mie sorelle davanti ad una bella fetta di pane e nutella, mentre ci raccontavamo la giornata trascorsa ,ma adesso a cosa mi serve farlo? Io sto qui, in camera con te; questo è il nostro mondo e nessuno può varcarlo, vero?
Con te il tempo sembra essersi fermato, le giornate sembrano l’una il riflesso dell'altra, i progressi fatti riguardano solo noi.
Volevo ringraziarti per la scorsa volta, senza te non avrei mai saputo come fare, solo tu sai come non farmi mai sentire in colpa. Quando eravamo in bagno siamo riuscite a far tutto in silenzio, affinché nessuno si accorgesse di ciò che stavamo facendo, siamo state brave! Mi sono sentita felice per un istante mentre cacciavo fuori tutto quello che non riuscivo a contenere, tutto ciò che non era parte di me. Mi hai insegnato come fare, mi hai fatto vedere come eliminare il nostro peggior nemico.
Il suono dell’acqua che in un vortice cancella tutto ci dice che abbiamo terminato.
Possiamo tornare in camera, lì dov'eravamo prima: sul letto, io e te come sempre.
Mentre ti scrivo osservo le mie mani e vedo i segni, forse indelebili, della nostra amicizia.
Mi guardo allo specchio e dietro ad un sorriso forzato vedo te. I miei occhi non brillano più come una volta, non faccio progetti da quando hai preso piede nella mia vita. Vorrei uscire da questa stanza e vivere la mia famiglia, i miei amici, come facevo quando tu non eri qui.
Il mondo intorno a noi va avanti. Se fai attenzione, lì fuori si ode di gente che chiacchiera e ride in strada , perché noi non possiamo farlo? Perché non dai la possibilità anche a me di portare al parco i miei nipoti e dipingere le nostre labbra con i colori di un gelato?
Sto diventando adulta con te, siamo cresciute insieme, ma non mi hai mai dato la possibilità di scegliere, hai fatto della mia vita un film dove le repliche sono le nostre puntate; io non ho voce in capitolo: tu sei il regista, io l’attore di scena. Mi lascio guidare da te, da quando apro gli occhi al mattino a quando ritorno a chiuderli dopo esserci date la buonanotte.
Mi volto e dietro di me vedo la mia vita passata, vedo la persona che ero un tempo e, l’unica cosa che  vorrei in questo istante sarebbe tornare a conoscerla. Ricordo il suo entusiasmo, la sua gioia, la sua forza, la voglia di vivere e sperimentare con la sua famiglia.
Dove hai nascosto tutto questo? Perché da quando ci sei tu mi sono convinta che la mia vita non potrà più tornare ad essere quella di un tempo? Perché da quando ti sei presentata hai fatto di me la persona che detesto, che vorrei cambiare, ma che non riesco a cambiare? Perché continui ad osservare compiaciuta i miei regressi? Perché ti complimenti con me quando vado a letto con lo stomaco brontolante? Perché continui a farmi sentire in colpa quando assaggio qualcosa che va oltre il tuo schema? Perché mi fai cedere ed andare oltre? Perché mi fai scappare in bagno subito dopo affinché io me ne liberi per cancellare i sensi di colpa? Perché mi privi della compagnia degli altri? Perché mi fai avere paura di sorridere? Perché aspetti che io resti sola per mangiare?  Vorrei anche io stare seduta tranquilla e sorridere attorno ad un tavolo, riapprezzare il sapore, quel sapore che non hai tolto solo ai miei piatti, ma anche alle mie giornate, alla mia vita...
Da quando siamo insieme non ho registrato alcun progresso, ho solo accumulato carte su carte, buste su buste e, mentre osservavo gli altri andare avanti, io cancellavo istanti, attimi, giorni, anni, eliminando tutto con il colpo di una catenella.
Mentre gli altri intraprendevano nuove relazioni e provavano piacere nel sentirsi stretti in un abbraccio, io ho trascorso il mio tempo migliore stringendo tra le mie braccia una tavoletta quando il mio capo non si faceva cullare e sostenere da una spalla.
Ti odio!
Sei parte di me e sei arrivata a far odiare anche me stessa.
Vorrei non averti mai conosciuta.
Mi hai trasformata, mi hai fatto credere di essere forte, mi hai convinta che sarei riuscita a stare sola, che avevo già tutto quello di cui avevo bisogno vicino a me, dentro me: avevo te!
Solo adesso ho capito cosa potrebbe significare essere forti: non vuol dire fissare inermi il soffitto trattenendo le lacrime che invece vorrebbero scendere ininterrottamente.
Essere forti non vuol dire evitare un abbraccio, scostarsi dinanzi ad un bacio.
Essere forti non significa tenere tutto per sé, una persona forte non diventa l’involucro di se stessa.
Chi è forte non nega le proprie debolezze, le proprie paure ,non finge di star bene senza gli altri, non rifiuta l’aiuto dinanzi ad un problema che si trova ad affrontare.
Una persona forte sorride, scherza, gioisce, non si abbandona a sé stessa.
Una persona forte non è quella che tiene sotto controllo la sua vita senza alcuno strappo alla regola, per poi cedere quando meno se l’aspetta.
Una persona forte tende la sua mano perché ci sia qualcuno ad afferrarla e stringerla.
Essere forti significa non credere di poter fare tutto da soli.
Chi è forte non sta male in silenzio: urla!
Una persona forte chiede aiuto e si lascia aiutare, i forti combattono!
Le persone forti non fanno soffrire chi le circonda, chi ci tiene a loro e spera un giorno di vedere un solo sorriso sul loro volto.
Essere forti non significa pensare sempre al peggio, ma cercare la soluzione.
Ecco Bia, io voglio imparare ad essere forte. Voglio che queste siano le ultime parole indirizzate a te. Voglio dimenticarmi di te, cancellarti, eliminare dalla mia testa il nostro primo incontro.
Voglio tornare ad essere la stessa di un tempo e questo sarà possibile solo se non ci sarai più tu.
Voglio distruggere questa gabbia che mi hai costruito attorno, così da poter riprendere il volo e poter urlare al mondo intero di non essere più sola; si, voglio urlare e far sentire a tutti di non essere più sola con il mio disturbo!
Ti saluto con la speranza di vedere la mia vita cambiare in meglio, senza te. Ti saluto nella speranza di non dover parlare più di te, della nostra “amicizia” e, anche se adesso sei seduta ancora qui accanto a me, ti dico addio! Spero tu possa lasciarmi presto in pace!

Simona

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In foto: opera di Malika Favre.