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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

sabato 30 settembre 2017

Parole per guarire.



Fine settembre 2013 - fine settembre 2017: 4 anni, sono passati 4 lunghi anni dall'inizio della mia terapia. E solo negli ultimi giorni, in occasione di questa ricorrenza, ricordo un episodio, un avvenimento che a modo suo si è poi rivelato essere terapeutico e che mi ha insegnato che è davvero possibile trasformare gli ostacoli in opportunità, anche quando ci si ritrova impantanati nel buio più profondo della malattia.

Era il 2015, una mattina di pioggia di metà aprile, la mia psicoterapeuta era impossibilitata a fare i nostri colloqui, a causa di un incidente. Non appena venni a saperlo, un nodo mi strinse talmente forte la gola che non riuscivo a trattenere le lacrime, scendevano ininterrottamente. Il mio istinto, quell'istinto di sopravvivenza che (per fortuna) prende il sopravvento nei momenti critici del percorso, mi suggeriva che dovevo fare qualcosa, qualcosa per fermarle, qualcosa per salvarmi.
Io che fino ad allora avevo rifiutato qualunque approccio o tentativo di avvicinamento, mi sentivo persa, abbandonata, completamente sola. Ero distrutta. "Come un castello di carte travolto da una tempesta di sabbia", scrissi poco dopo.
Quella mattina, mi tornò in mente un bigliettino da visita che la Dottoressa mi aveva lasciato e su cui aveva appuntato il suo indirizzo e-mail: "Mi scriva Sandra, ogni volta che vuole", mi disse all'inizio del nostro percorso insieme; era ormai già passato più di un anno.
Ma io, in realtà, non avevo mai scritto nulla, di me, su di me, non ci ero mai riuscita prima.
Com'era possibile che esistessero davvero parole per dare un senso a quel dolore che mi portavo dentro?
E invece esistevano, esistono. Lei che sin dall'inizio aveva tanto insistito sul valore e sull'importanza della parola, delle parole, nel momento in cui queste parole tra di noi erano venute a mancare, lei era riuscita a tirarle fuori dal profondo della mia oscurità, una dopo l'altra.
Solo quella mattina, solo allora, trovai il coraggio di scrivere, di mettere per la primissima volta nero su bianco quello che provavo. L'urgenza di comunicare il mio dolore era diventata tale, dopo anni e anni di silenzi che avevano accompagnato l'arrivo della malattia, che non potevo più soffocare quel disperato grido d'aiuto che portavo dentro. Per anni lo avevo nascosto dentro, camuffato agli occhi altrui per la paura del giudizio; ero un'adolescente, intorno a me c'erano continuamente occhi che misuravano, che sop-pesavano, la mia bellezza, la mia preparazione, il mio valore. Davo per scontato che avrebbero capito: i silenzi pieni di tutto e di niente, gli sguardi persi nel vuoto, a contemplare una sofferenza che a poco a poco stava strappando leggerezza alla mia gioventù.
Avevo finalmente trovato una "compagna di viaggio" capace di accoglierlo, di ascoltarlo, quel grido, con tutto l'amore e le attenzioni che solo una relazione terapeutica efficace sa restituire.
Avevo bisogno di aiuto, e fu quella la prima volta in cui mi resi davvero conto che "da sola" non ce l'avrei fatta, non sarei sopravvissuta alla violenza della malattia senza un aiuto esperto. Scrissi quelle parole di getto, con una franchezza a me ancora del tutto sconosciuta.

Ricordo ancora oggi, a due anni e mezzo di distanza, la grande emozione che provai nel ricevere la risposta a quella prima email: "Cara Sandra, nessuno riesce da solo, tutti abbiamo bisogno di compagni di viaggio e di riferimenti che ci aiutino e ci incoraggino nel percorso…".
Credo che in fondo già allora il mio inconscio sapesse che quello sarebbe stato l'inizio di un lungo e intenso dialogo, al fianco della mia guida, con la mia parte più intima, quella più bisognosa di ascolto e di attenzioni per poter ricominciare a vivere, per guarire.
E così, un po' alla volta, ho imparato che ci sono parole che possono davvero rimarginare le ferite e riappacificare gli animi.

Non sottovalutare mai la forza delle parole
possono ferire, come missili, armi da fuoco, per annientare il nemico.

Non sottovalutare mai il peso delle parole, 
possono diventare aria, da respirare, ossigeno, per vivere. 

Non sottovalutare mai il valore delle parole, 
possono essere carezze, per accogliere chi ci vuole bene, chi ti vuole bene.

E, soprattutto, non sottovalutare mai te stessa
vali molto di più di quanto la malattia ti fa credere.  

Sandra

venerdì 29 settembre 2017

Al punto di partenza


Quante volte ho avuto l'impressione e non solo, di tornare indietro. 
Ho cercato per tanto tempo di camminare per mano con me stessa e potermi accompagnare verso quel varco di luce, che dentro di me volevo davvero poter finalmente raggiungere. 
Anni in cui piccoli passi fatti in avanti, almeno così sembrava, mi facevano illudere di aver trovato la giusta chiave di lettura, quando in realtà era solo un altro modo per sentirmi brava, efficiente, di poter dire di aver fatto tutto come doveva esser fatto. 
Avvertire in certi momenti il sollievo dei medici che mi seguivano nelle cure per apparenti miei progressi, mi portava in tanti momenti a non esser completamente sincera con loro. Se lo fossi stata avrei letto la delusione nei loro occhi, e mi sarei sentita nuovamente una fallita. 
Cercavo di riprendere peso, quindi tornavo ad alimentarmi, senza render noto però, il piccolo particolare di tutte le volte che mi chiudevo in bagno a vomitare. 
La vergogna che mi divorava cercavo di buttarla fuori insieme a ciò che la provocava senza riuscirvi e confessarlo era davvero troppo per me, avrei preferito sparire piuttosto che raccontare quegli episodi così riprovevoli. 
Allora continuava la mia marcia tra passi in avanti dettati dalla paura, dalla volontà di non destare troppa preoccupazione, di essere ancora una volta perfetta e inevitabilmente passi cadenzati verso il punto di partenza. 
Ho continuato a cadere tante, tante volte anche quando nella mia testa è cominciata a diventare più nitida l'immagine di ciò che volevo conquistare, in quel caso però ho sentito, anche con dolore e timore, l'importanza e l'inevitabilità della caduta. 
In qualche modo l'aver perso il controllo anche sul raggiungimento dei miei traguardi verso la guarigione, mi ha dato modo di volgere la mia forza e attenzione verso la coscienza di me stessa e non verso ciò che dovevo dimostrare di essere. 
Aver perso l'equilibrio mi ha tolto fiato, restituendomi però aria da respirare. 
Il percorso di cura è diventato per me quindi una sorta di palestra, un modo per sperimentarmi per imparare a sentirmi, per sentire quando il fiato è corto, per incontrare e veder diventare debolezza e forza una grandissima risorsa. In quel microcosmo ho potuto distruggere e ricostruire, disimparare e imparare, per poi affacciarmi nell'unico mondo dove è giusto e bello che io stia, questo. 

Rosy

domenica 24 settembre 2017

Guarire è trasformarsi



Io non mi stancherò mai di dirlo, si può guarire! Ne ho sofferto per ben vent'anni, un’esistenza! Non importa quanti insuccessi collezioni, quanto tempo impieghi per uscirne, la malattia mi ha insegnato che ci sono delle fasi da attraversare:
  1) PRIMA FASE: ti riconosci con la malattia stessa, è come se questa ti "regalasse" una tua identità, paradossalmente te ne "compiaci", riempie la tua vita e i tuoi pensieri e ti da l'illusione di essere diversa.
  2) SECONDA FASE: è quella della disperazione e del tormento, vuoi uscirne, ti rendi conto di esserti arenata, stai male, ti senti inghiottita e non riesci a trovare la via d'uscita! La mente è incastrata in un sistema di pensieri a circuito chiuso che ti legano e ti ammanettano e ti lasciano stremata.
  3) TERZA FASE, la rassegnazione: nonostante i tuoi tentativi di uscirne, non ce la fai, la lotta è dura perché il tuo nemico ha il tuo stesso volto, ragiona coi tuoi stessi pensieri, non riesci ad essere lucida, sei stremata e stanca e ti senti sola.
  4) QUARTA FASE: se vinci la paura e ti fai aiutare, sei terribilmente spaventata di affrontare i tuoi mostri, fai resistenza alla terapia, "non ce la faccio", "butto la spugna" sono gli unici pensieri che ti martellano.
  5) QUINTA FASE: ti rendi conto che paradossalmente la malattia ti era "amica", era l'unico modo che avevi per affrontare il dolore.
  6) SESTA FASE: l'apatia, dopo aver affrontato i tuoi mostri, ascoltato la tua verità, non sai come ricominciare, ti senti nuda dopo esserti tolta quell'abito di dolore e vulnerabile, hai paura e ti senti inadatta, stai ferma, in attesa nemmeno tu sai di cosa, forse di una forza che non senti di avere per farti fare quel passo in avanti. Per anni mi sono sentita seduta su una valigia in stazione in attesa di un treno che non prendevo mai, mentre la vita mi scorreva d' avanti!
  7) SETTIMA FASE: il coraggio, inizi a muovere i primi passi incerti, rinunci ad un pensiero fisso che la malattia ti lascia come strascico: " voler essere a tutti i costi unica", questo ti permette di guardarti dentro, di vestire panni più leggeri, di non definirti in un modo e comportarsi sempre e solo in base a quello, ti restituisci libertà, anche se di preciso non sai ancora dove vuoi andare.
 
8) OTTAVA FASE: finalmente ti accogli, accetti di te i punti di forza e quelli deboli, smetti di avere il controllo su tutto, smetti di avere l'ansia di dover fare sempre la cosa giusta, vivi e accogli, ti permetti anche di sbagliare perché è umano, non permetti più a nessuno di oltrepassare quella zona che è tua, solo tua, selezioni e non accetti tutti per paura della solitudine. Accetti anche che una parte remota di te, torni a farsi sentire, ma tu sei più forte, riconosci i pensieri disfunzionali e li correggi, lasciando che l'ansia non ti incateni. Guarire non è cancellare ciò che è stato, è trasformarsi.
  9) NONA FASE: la nona fase non la so ancora, forse è semplicemente viversi ed amarsi, non rinunciare mai ad emozionarsi.
  Non importa quanti anni stai fermo perché ti manca la forza e il coraggio, non importa quante volte cadi, rinuncia al "tutto e subito", lasciati aiutare e lasciati tempo, quello necessario a te per comprendere, per ritrovarti, per aver la forza di agire!

  Guarire si può! ....ed è bello!!!.....
  Clara

mercoledì 20 settembre 2017

L'anoressia è UNA MALATTIA.



Una mattina come tante ti svegli e ti accorgi che niente ha più senso... ti sembra di aver perso tutto quello che avevi anche se hai ancora tutto... vedi tutto nero... nessuna sfumatura... tutto va come vorresti che non andasse.
Non aspettarti che qualcuno venga a salvarti, perché nessuno potrà farlo... è troppo tardi... nella tua testa la “voce” che consideravi la tua ancora di salvezza sta per trasformarsi nel peggiore dei tuoi incubi... Lei sarà la causa delle tue notti insonni, dei tuoi incubi, delle tue manie e delle tue ossessioni. Ti costringerà a fare cose che non avresti mai immaginato di fare e ti accompagnerà verso la tua FINE tanto attesa ...
Morirai per accontentarla, le obbedirai perché lei ogni volta che si manifesta ti promette che lei svanirà.. ma non succede, lei ci sarà SEMPRE... e sarà sempre più forte... la TUA debolezza è la SUA fame.
Questa “cosa” ti farà vivere nel suo mondo e sarà l'unica cosa su cui, dopo, potrai avere sostegno e appoggio, perché tu, del tuo mondo, non hai più nulla...
Tu, che chiedevi in po' di pace e un po' di felicità non hai niente di tutto ciò... perché mentre lo chiedevi sapevi già che non avresti ottenuto nulla e la tua tristezza ti si è rivoltata contro.
Ora sai solo disprezzarti e odiarti... ti guardi allo specchio e resti disgustata da ciò che vedi, non mangi nulla per non sentire il vuoto che hai dentro, pensi di fare la cosa giusta perché il mostro che ti divora la mente ti dice che è giusto così... tu sei destinata a soffrire, sei inutile, non vali nulla.
I giorni passano e tu ti rendi sempre più invisibile... le persone iniziano a notarlo. Ansia che si trasforma in felicità... iniziano a notarti... continui così... ti poni un limite. Quel limite non avrà una fine... 60, 55, 50, 45... Il controllo, la restrizione e i chili diventano la tua quotidianità.
I tuoi genitori sono preoccupati... non te ne importa nulla, ma le notti le passi sotto le coperte a piangere perché vorresti renderli fieri... pensi a come sarebbe la loro vita senza di te. Sicuramente migliore. Vuoi che tutto questo finisca... vuoi tornare indietro e pensare alla tua vita prima di tutto questo, quando sorridevi e ignoravi le prese in giro perché sapevi che eri circondata da persone che ti accettavano per quello che eri... ma forse non era abbastanza. Certo che non era abbastanza...
Vomiti tutti i tuoi sensi di colpa... Pensi di essere tu la causa di tutto ciò che é successo: la separazione dei tuoi genitori, le tue amicizie finite male, le prese in giro dal gruppetto più IN della zona.
TROPPI pensieri... non hai più il controllo su nulla. IMPAZZISCI, ma vuoi comunque fare qualcosa; TI PREOCCUPI, ma non te ne frega nulla...
E dopo tante visite, tra dottoresse e strizzacervelli ti ritrovi in un posto a te sconosciuto dove ci sono altre ragazze che ti assomigliano tanto... tu non te ne rendi conto ma SEI MALATA... te ne renderai conto quando sarai guarita... se questo non accade, allora non hai minimamente provato a guarire e non hai fatto nulla per te stessa ma lo hai fatto per accontentare gli altri. Tranquilla ci ricadrai e tornerai al punto di partenza, a quanto pare: “l'oblio è inevitabile”...
Ovviamente non sarà cosi per tutti, ed IO penso di essere la prova vivente che si può uscire da tutto questo.
Posso capire che non comprenderete a fondo ciò che sto per dire ma penso di saperne qualcosa in più di voi... L'anoressia é UNA MALATTIA. Certi penseranno che questo problema non ha nulla a che vedere con il cancro o qualsiasi altra malattia, ma avete mai pensato che le differenze non sono poi così enormi? Di ANORESSIA si muore, dopo un periodo di guarigione si può ricadere... Con il CANCRO è la stessa cosa ma quest'ultimo non ti divora la mente come fa l'anoressia. Quando questa si instaura nella tua testa non hai via di scampo... il cancro si può rimuovere e tutto torna come prima se si è fortunati, ma l'anoressia non se ne va MAI. Dici di stare bene, ma nella tua testa hai una voce che ti martella e non la smette di assillarti... certo, quando guarisci perde forza ma c'è... FA PARTE DI TE.
Ma ora che stai bene riesci a gestirla ma cosa ti fa pensare che non potrà succedere ancora?
Ora sai a cosa vai incontro ma è la tua testa che comanda... non darle il potere di dominarti.
Questo è quello che faccio da quando sono uscita dalla riabilitazione durata quasi quattro lunghi mesi. Ormai ho capito che ancora per un po' questa voce rimarrà con me, ma ora non ha nessun controllo su di me...
A volte penso come sarebbe se una mattina mi svegliassi senza il buon giorno di questa maledetta stronza ...Vorrei mangiare senza sentire nessun che abbia la forza di farmi sentire in colpa se mangio qualcosa di più; Vorrei avere gli occhi di un' altra persona per guardarmi allo specchio per vedere come sono veramente e non come mi fa apparire la mia mente... Per ora tutto ciò deve ancora succedere, anche se io non mollo e aspetto. “Ogni cosa ha il suo tempo”...
Ora sono più forte, e mi dispiace per te mia cara anoressia ma te la sei presa con la persona sbagliata.
Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno creduto in me anche quando io volevo che scomparissero dalla faccia della terra: la mia migliore amica,i miei genitori e tutte quelle persone, comprese le ragazze della comunità, che mi hanno detto “sii forte” anche se sapevano che non lo ero...ma ce la stavo mettendo tutta.
La malattia anche se mi ha portato via più di un anno della mia adolescenza mi ha reso più forte e coraggiosa, e per questo la ringrazio.
Con oggi sono passati quattro anni dal mio ricovero e tutto quel dolore, ma anche gioia perché è una gran soddisfazione per me avere la forza di raccontarlo.
Volevo condividerlo con voi e con tutte le persone che pensano di sapere cosa sia l' anoressia, ma non ne hanno la minima idea.
Oggi è un grande giorno... e sono felice di avere persone attorno che mi amano e che mi accettano anche se ho qualche rotella fuori posto.
E volevo dire a tutto le ragazze e i ragazzi che hanno questo problema: “non sarà una lotta facile, ma credetemi, vale la pena vincere! Ognuno è bello a modo suo, non cambiate per nessuno e siate voi stessi e se qualcuno OSA dirvi qualcosa mandatelo a quel paese, certa gente non merita neanche che gli respiriate vicino,credetemi!!

Alice Michilin

domenica 17 settembre 2017

Paura di mangiare



Io ho paura dei ragni...tu invece? Io ho paura di mangiare.

Ho visto il suo sguardo perdersi.
Ho capito che per lei era difficile capire. Incomprensibile. Inaccettabile.
Come si può aver paura di mangiare? È fisiologico. Un bisogno naturale.
Si, è così per una persona che non ha dca.
Razionalmente come dargli torto. Deve essere davvero complesso per lei provare ad indossare i miei abiti. Per questo non ho mai preteso di essere capita.
Ma pretendo il rispetto del mio dolore.
Vorrei custodire la mia malattia con delicatezza. Troppo spesso maltrattata, poco accolta addirittura derisa.
Vorrei proteggerla dai pregiudizi.
Vorrei che almeno lei non si sentisse così sola come spesso capita a me, che non ho paura dei ragni ma che in silenzio tengo la mano di chi li teme.

Roberta

venerdì 15 settembre 2017

Mente e cuore



La perfezione ti chiede di non sbagliare mai, di saper sempre ad ogni imprevisto scegliere la cosa che è eticamente la più giusta.
La perfezione si esprime in una bellezza che dona estasi a chi la guarda e eleva te da ogni bruttura.
La perfezione ti allontana da te, ti chiede di cancellarti e di seguire schemi e stereotipi sempre più complessi.
Ti dice che l'obbiettivo deve essere raggiunto a tutti i costi e non bada alla tua stanchezza e alla tua disperazione!
Ti chiede di accollarti tutti i pesi della vita, e di farlo con un corpo sottile, lineare e spigoloso.
La perfezione alimenta sogni che non si potranno avverare mai. Sferza colpi terribili al tuo corpo, troppo debole e umano, che prova sensazioni e sentimenti, lo vuole chiudere in una bolla insonorizzata.
La perfezione usa la mente per spronarti, per esigere, per colpevolizzarti.
E' una voragine di dolore, di bugie, di non amore verso se stessi, di rifiuto! La mente si scinde dal corpo e ti decentra a tal punto che il corpo diventa qualcosa da modellare, da punire. Il tuo corpo deve compiacerla e la mente lo analizza duramente. Solo rinunciando a questa illusione, riusciremo ad ascoltarci, a scegliere non la cosa eticamente giusta ma quella giusta per noi, ad ascoltarci e a lasciare che il cuore suggerisca alla mente e questa finalmente conduca una lotta giusta.
Siamo tutti in attesa di vedere il corpo migliorare come simbolo della guarigione! 
Ma è il connubio tra cuore e mente la pillola per guarire. 

Sono uscita dal Binge e non sono rinata subito, svestita della malattia ero solo nuda e spaventata. Poi ho iniziato ad ascoltarmi, ho avuto il coraggio di creare nuove cose ma ero troppo in ansia di vedere quel corpo cambiare per accorgermi che il vero cambiamento era dentro di me.
E quando ho iniziato a forzare il cambiamento del corpo non essendo ancora in sintonia con cuore e mente, ho avuto paura! Ho avuto paura degli occhi della gente che si appoggiavano di nuovo su di me, ho avuto paura di espormi troppo e mi sono nascosta ancora, e il corpo ha cambiato di nuovo forma.
E così capisco che ognuno di noi ha i suoi tempi ed io non devo avere fretta e devo ascoltarmi di più, avere il coraggio di migliorarmi per poter cambiare, la consapevolezza che ho bisogno di tempo.
La malattia ferma il tempo e quando ti rendi conto che in realtà è passato, hai l'ansia di non averne abbastanza, il tutto subito.
Ma per quanto io possa affannarmi le cose non stanno così, non ci sono scorciatoie c'è una vita da viversi, una te che sta crescendo. 

Non ho voglia più di cambiare il mio corpo, so che lo farà il tempo che mi darò, adesso ho solo voglia di rispettarmi!

Clara

mercoledì 13 settembre 2017

Ricominciare ad amar-si



E' sempre difficile iniziare a scrivere, poi, quando inizi, e' una strada in discesa.
Ho pensato per mesi di lasciare e pubblicare una testimonianza di quella che era stata la mia malattia, ma ogni parola echeggiava tra le pagine lasciando dietro di se' uno strascico di banalità infinita mista a una sicura non comprensione del lettore.
Non si può pretendere che tutti capiscano.
Non potevo pretendere che la persona che per sei anni mi ha tenuto la mano, lontano e vicino, capisse che stavo bruciando in un inferno molto dantesco.
Eppure, nell'infinita solitudine di una sofferenza che non dava tregua, io l'ho preteso, fino a perdere tutto.
Il mio disturbo ha portato via prima il mio appetito, di conseguenza il mio corpo, poi il sonno, poi il sesso. Si e' divorato gli istinti primari, poi e' passato alla sfera affettiva, l'ossessione per il cibo ha reso la mia coscienza vuota, il mio IO incapace di provare qualunque emozione. Non penso esista sensazione più drammatica che sentirsi soli e inanimati accanto a chi ci ama. Avere solo un lontano ricordo di cosa si provava per quei visi conosciuti, ma ormai non più famigliari. Niente famiglia, niente casa, niente amore.
Fase finale, l'annientamento. Totale, dei rapporti sociali, dei sentimenti, del corpo. Per due anni io e Lui abbiamo vissuto tra bugie, ricoveri, la mia vita sempre appesa alla lama di un rasoio affilatissimo. La sua costante paura di perdermi, che quella sarebbe stata l'ultima volta. La mia ambivalenza, tra il volerne uscire e la voglia di morire.
Non e' possibile comprendere cosa prova chi ti ama finchè la malattia danza senza pietà' dentro di te, che sei un corpo svuotato.
Oggi posso dire di avercela fatta, nel senso che non sono morta. Sono una brava professionista, lavoro con passione, vivo da sola e il terrore per il cibo e' solo un lontano ricordo. E' così che si va in guerra, quando ci si sveglia dal torpore di anni in cui la sofferenza la si spostava su versanti differenti, quando finalmente si decide di affrontarlo quel dolore e ogni giorno ne si capisce un pezzetto in più.
Oggi e' difficile svegliarsi e avere la consapevolezza che quelle energie restituite, quella forza vitale saranno dedicate al recupero di tutta una vita. Perchè e' proprio questo che succede, alla fine dei sintomi evidenti, della costante possibilità che il cuore possa fermarsi, inizia la fase di ricostruzione. E' come uscire per la seconda volta dal ventre materno, non conosci più nessuno, sei solo, devi imparare nuovamente ad amarti e ad amare, devi trovare nuovi stimoli e porti obiettivi diversi. Giusto ieri mattina, erano le cinque e dovevo iniziare il primo turno in reparto…ho aperto gli occhi e ho visto i disastri che Giorgio aveva combinato nella notte. A fatica mi sono alzata, con un sorriso ho guardato i suoi occhioni pentiti.. mentre pulivo ho notato la mia immagine riflessa nello specchio sottile della camera. Mi sono resa conto che non mi ero mai vista così, ho realizzato che ero sola in quella casa, da molto tempo ormai, Lui non c'era proprio più, io e Giorgio e i nostri guai.
Mi sono avvicinata alla cassettiera dove custodisco il Suo primo regalo di compleanno, la folgorite. L'ho guardata come se l'avessi aperta per la prima volta, ho sentito un carico emotivo che non provavo da anni. Ci rivedevo in quel negozio, con pochi soldi in tasca, a scegliere il mio regalo. Con l'entusiasmo di due persone che iniziano ad amarsi e si fanno le promesse che poi infrangeranno. In realtà non è andata proprio così, non abbiamo infranto nessuna promessa, è solo che non tutti riescono a sopravvivere agli tsunami. Noi siamo rimasti vivi, ma ognuno per i fatti suoi, lasciando andare un sentimento che col tempo si e' piegato per i troppi colpi.
Oggi, quando mi viene chiesto se lo amo ancora, la mia risposta è assurda per le orecchie di chi ascolta. In realtà io smisi di amarlo anni fa, perchè smisi di amare me stessa e ogni altra persona, oggi ho ricominciato ad amare me, di conseguenza a risentire l'amore di chi avevo perso. E' come se sentissi oggi l'amore che mi aveva donato per anni Lui e fossi pronta solo ora a donarmi nello stesso modo.
Non so dire se un giorno torneremo a sognare insieme una vita, a volerci unire in un abbraccio indistruttibile, non so se torneremo a parlare per ore e a fare l'amore. Però so che, anche se l'anoressia mi ha portato via tutto, c'e' una cosa che non ha mai potuto distruggere, i miei ricordi e la mia insaziabile voglia di rivalsa.
Questo e' per te... scusa Ninio se non sono stata la donna che meritavi, scusa se il mio dolore è diventato poi il tuo, scusa se a un certo punto ho smesso di essere una persona e sono diventata un problema, scusa perché per tutto questo non c'e' rimedio. Avrei davvero voluto passare la mia vita con te, avrei voluto non aggravarmi al punto di perdermi e di perdere te. Eri l'unica persona a cui avrei voluto e potuto dedicare queste righe.

Bu

martedì 12 settembre 2017

"Mangiatrice di vita"



"Adoravo che, anche se mi avessero ricoverata, avrei sempre potuto vincere io sulle loro cure. Io avrei deciso se avrebbero funzionato"

Ecco...a distanza di una manciata d'anni, vorrei poter tornare indietro ed accettare le indicazioni dei medici che si sono susseguiti. 
Vorrei poter entrare in una clinica/ospedale e seguire quanto mi si consigliava per riuscire a stare almeno un po' meglio. 
Vorrei poterci tornare, a quei ricoveri salvavita, per uscirne diversa, più sana e consapevole. 
Ora, ora che l'unico desiderio è quello di trovare un po' di pace e sollievo, ora che è troppo tardi, immagino di poter imboccare quell' adolescente e convincerla che vincere non è imbrogliare sulle cure. 

Ora, dopo anni ed anni di malattia, troppe sono le cose che non è più in mio potere (né di nessun altro) cambiare o migliorare. Troppe sono le conseguenze di questo martirio, di questa "mangiatrice di vita". Siano esse fisiche o mentali, sono oramai fuori da ogni controllo o potere. 
Prima era impotente chi mi stava accanto, ora al gruppo mi sono aggiunta anche io. 

Vi supplico, non date retta a quella voce che vi dice che siete più furbe ed intelligenti o forti degli altri solo perché rifiutate un alimento o una flebo o una pastiglia. 
Abbracciate i consigli e aiuti che vi vengono dati, abbracciate genitori e dottori e amici. 
Abbracciate l'amore che provano per voi e che vogliono farvi provare.
O vi ritroverete tra qualche anno a non avere alcun controllo su voi stesse, alcun diritto, alcun potere. Vi ritroverete a non capire più cosa vi succede (e neppure i migliori dottori lo capiranno), a non riconoscere più il vostro corpo e il suo funzionamento, a non avere possibilità di migliorare e a non voler più trovare una luce perché anche la speranza, quella dolce stronza, vi abbandonerà su un incerto, freddo e asettico letto d'ospedale.

Lara 
(autrice del libro "Piegata, diario di un'anoressia")

domenica 10 settembre 2017

Sperimentare e non preservare



Quale sentimenti ed emozioni stai nascondendo dietro ad un'abbuffata?
A volte è la somma di certi comportamenti a preparare l'abbuffata ed un motivo apparente non c'è!
L'abbuffata non è la malattia, è solo un sintomo, come lo starnuto per il raffreddore. Non sei malata di starnuto, ma hai il raffreddore!
Siamo concentrati ad allontanare l'abbuffata quando dovremmo chiederci cosa sta succedendo, di cosa ci stiamo riempiendo veramente nella vita!
Il Binge, di cui si parla poco rispetto all'anoressia e alla bulimia (ma in realtà nasce dalla stessa "fonte"), è bastardo perché ti ferma, ti blocca!
Il famoso blocco alla pancia che anestetizza dal dolore.
Chi soffre di Binge spesso è una persona che corre, che addossa su di sé sempre più ruoli e responsabilità, è chi non sa dire di no a nessuno, è chi fa entrare dentro di sé tutti i mali del mondo e non è capace ad allontanare gli altri.
È chi ha paura a lasciare andare.
Chi ha smesso di vivere per se stesso.
Allora l'abbuffata è l'unico mezzo che ha per placare tutto!
Per fermarsi.
Il vuoto emotivo che si crea quando non alimenti più te stesso, quando è colmo di mille cose che assorbi e ti riempiono, bisogna azzittirlo ed è bene ingerire fino a scoppiare per non sentirlo, per far tacere tutto.
Il desiderio di cibo violento? ...Cerchiamo piacere, piacere da una vita votata al sacrificio, a tutti i no non espressi! Perché ormai abbiamo disimparato a darci piacere e deleghiamo solo il cibo a farlo per noi!
Quando senti voglia di cibo, in realtà non ti interessa perché in effetti se notate, qualsiasi cosa che ingerite, non vi da' realmente piacere! Ci riempiamo fino a scoppiare perché abbiamo voglia di evadere da quella gabbia che ci siamo creati. Vorremmo allontanarci da quel personaggio che abbiamo creato! Vorremmo permetterci il "lusso" di essere noi stessi!
Quel "noi stessi" che non conosciamo più!
Il mio motto è "sperimentare e non preservare" perché per uscire dalla malattia ci vuole aiuto, ci vuole resettare e rielaborare nuovi pensieri e nuove lenti per guardarsi e guardare il mondo, ci vuole rompere gli schemi!
E li rompi solo attraverso gli esperimenti, la conoscenza, che quello che la tua mente ritiene un gran rischio, di fatto non lo è!
Dobbiamo imparare che la nostra tendenza a definirci in certi ruoli limita il nostro campo di azione.

Clara

giovedì 7 settembre 2017

Settembre



Settembre è sempre stato per me un mese particolare. 

Ricordo che, mentre gli altri si struggevano di malinconia perché le vacanze erano terminate, io tiravo un respiro di sollievo perché la grande fatica dell'estate era finalmente finita. Fatica che si poteva tradurre benissimo in sofferenza: il terrore di esporsi al mare, il perenne paragone con le altre ragazze che ai miei occhi risultavano sempre bellissime, felicissime, realizzate, facendomi sentire ancora di più quanto io mi ritenessi al contrario insignificante, inutile e di poco valore. 

C'era poi l'enorme difficoltà a stare sola in casa e quindi non riuscire a tuffarmi nel pieno godimento dell'abbuffata. E il continuo sentirsi dire: "ma quanto sei magra…devi mangiare!!!!!"…(non c'era possibilità di nascondersi dentro ai vestiti, e ricordo l'ansia di dover sopportare gli sguardi degli altri.)… L'estate era un vero e proprio calvario...

Ma poi, ecco arrivare settembre e finalmente potevo tornare a coprire il mio esile corpo dentro le maglie lunghe. Potevo stare a casa senza sentire le stridenti risate e il vociare delle persone in vacanza che venivano dalle finestre aperte e che mi portavano tanta angoscia. Quelle risate e quel vociare mettevano ancor più in risalto il mio essere e sentirmi sola, abbandonata, isolata... 

L'estate per me rappresentava l'evidenza di tutto ciò che era sbagliato nella mia vita, o semplicemente, metteva luce laddove io creavo lontananze e ombre. Ombre che oggi, dopo tanti anni, vedo chiaramente, poiché non erano altro che il mio avvicinarmi alla parte mia più intima. La parte spaventata, bisognosa di essere vista, di essere abbracciata, di essere protetta... Ecco allora che settembre era il ritornare alla mia intimità, alla mia riflessione, al mio mettermi in contatto con me stessa. Anche se era la parte di me malata.

Ora, che non sono più dentro i meccanismi dei disturbi alimentari, ora che ho imparato a guardarmi, ad abbracciarmi, a proteggermi, ora ho sentito quel velo di malinconia che settembre porta con sè e, paradossalmente, ho provato una dolcezza e una contentezza profonda... Sì, contentezza perché ho sentito che mi basto così come sono...e non ho  più  bisogno di rifugiarmi nella mia ombra.

Francesca

mercoledì 6 settembre 2017

Maledetta...



CI SI AFFEZIONA A TUTTO...PURE AL DOLORE

Eppure dovrei lasciarlo andare ma ogni volta poi mi manca.
Maledetta nostalgia.
Maledetta malattia.
Maledetti specchi.
Maledette bilance.
Maledette tabelle.
Maledetti calcoli, addizioni e sottrazioni, che per quanto io provi a modificare...il risultato poi mica cambia.
Maledetti pregiudizi e teste vuote, piene di parole insipide come il mio riso scondito dentro quella scodella a colori.
Maledetta rabbia che separa.
Maledetto dolore che se mi lascia in realtà non si allontana.
Maledette tante, forse troppe, cose...ma nonostante tutto...meraviglioso questo sole.

Roberta

martedì 5 settembre 2017

Rinascita



Da tanto avrei voluto scrivere qualcosa, da tanto mi ripeto che la mia missione consiste anche in questo, ovvero motivare più persone possibili per un loro percorso di rinascita. Perché in fondo é questo il tema centrale della questione: rinascere. 

Con l'Anoressia, ho scoperto una parte di me che mai mi sarei aspettata di possedere, in termini sia negativi sia positivi. Dico sempre che la mia parte peggiore ha preso il sopravvento, ma quello che non ho mai detto é che la mia parte migliore glielo ha permesso. Ma non sono qui a rivangare il passato, Reth ci insegna che "domani è un altro giorno".
La mia rinascita inizia quando sento una semplice frase da una persona a me molto cara: "sei tu il Soggetto della tua vita". D'un tratto, come un fulmine a ciel sereno, mi sono resa conto che fino ad allora la mia vita non l'avevo vissuta ma che la malattia mi aveva coperto gli occhi, mi aveva rinchiusa in una gabbia dalla qualcosa sarei potuta fuggire solo con la mia ritrovata Fiducia e Volontà. E così é stato.
Pian piano, il conteggio delle calorie e la sacralità delle tabelle nutrizionali hanno lasciato spazio al piacere di mangiare, alla condivisione di un momento con le persone alle quali volevo bene, alla riscoperta dell'amore per me stessa. 

La mia rinascita però sarebbe stata vana senza la danza. A causa della malattia, ho rischiato di non poter più ballare, e questa scomoda realtà mi ha risvegliata dal mio stato di apatia e mi ha donato la Forza per combattere, per riprendermi quello che mi ero ingiustamente e inutilmente sottratta. E tra le mille cose di cui ero sono privata rientra anche la voglia di vivere, la voglia di sorridere solo perché mi andava, o emozionarmi di fronte ad un tramonto senza un perché.
L'anoressia ti svuota, strizza il cuore come fosse una spugna e lo libera dei sentimenti che caratterizzano il tuo essere. Però sei tu il Soggetto, sei tu che decidi, sei tu che agisci. "Volere é potere", e prima di lanciarti in una sfida tra te e quella dannata bilancia pensa che comunque andrà a finire, chi ci rimetterà sarai solamente tu. E poi pensa se ne vale la pena. La tua vita é più importante, e ce la si può fare ad uscire da questo Inferno, fidati, ma devi crederci.
É difficile, é tremendamente difficile, lo so; figurarsi poi lottare contro se stessi e imporsi di cambiare quando si reputa di non doverlo fare. Ma la tua parte migliore vive ancora in te nonostante tutto quello che ti é capitato, é sempre stata al tuo fianco e non vede l'ora che tu la perdoni e ascolti ciò che essa ha da dirti: "amati".

Elisa Sossi