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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

lunedì 21 novembre 2016

Lettera al mio dottore

L'altro giorno mi sono ritrovata ad ascoltare una breve discussione tra sondino si e sondino no; ovvero, quanto puo' essere utile e indiscutibile il mettere il sondino in quei casi in cui la paziente interessata sta in quel momento rischiando la vita. Il ritornare coi ricordi al mio passato è stato inevitabile. Io ho un passato di anoressia e bulimia. Quando mi sono ammalata, nemmeno si conosceva la malattia. Figurarsi parlare di sondino e alimentazione forzata.
Dal giorno che ho assistito alla discussione, sono stati molti i momenti della giornata che ho continuato e ancora continuo a pensare a questa storia del sondino. Ma è' mai possibile che una ragazza in cura per anoressia arrivi a questo punto? E, ancora una volta, l'attenzione, è mai possibile che sia sempre e solamente diretta al corpo? E l'anima? L'anima, da cui nasce tutta la malattia, dove è? Cosa sta facendo in questo momento? Quale è la sua sofferenza? Di cosa ha bisogno?
Da qui, è nato il mio desiderio, quello di Francesca quando ancora era malata, di scrivere una lettera al mio dottore.

" Ciao dottore, come stai? Siamo qui nel tuo studio. Lo vedo. Siamo simili per certi versi, sai? Guarda qui come tutto è in perfetto ordine. Niente è fuori posto. E guarda i muri: quanti attestati, diploma, lauree...Eh sì...L'unica a stonare qui dentro sono io vero? Io, con questo peso che non corrisponde ai parametri perfetti. Io, con questo viso pallido che non corrisponde al canone classico di ragazza in buona salute. Io, che con il mio mutismo e risposte ridotte all'osso ( come il mio corpo), non ti permetto di farti entrare nel mio mondo. Ma non è facile averne il permesso, sai? Cosa credi? Mi ci sono voluti anni...anni di lunga fatica per costruire questo muro di difesa e ora....Ora arrivi tu, con le tue lauree e le tue teorie, e credi di buttarlo giù? No, caro dottore, non te lo permetto. Ti dimostro che io sono più forte di te. Più intelligente di te. Ti farò sentire un inetto...mentre io...Io sarò la vincitrice. Tu , quello che non ha capito nulla!!!
E ora eccoti qui. Qui davanti a me. E io che mi devo sorbire le tue inutili domande. Basta chiedermi se ho mangiato ( non lo vedi da te???????) , se sono uscita da casa in questi giorni, se continuo a studiare e a vedere i miei amici ( ma non ti ricordi che ti avevo detto che si erano defilati tutti!!!!!!) , se ho parlato a mia madre. BASTA!!!!!!! Te lo chiedo per favore. Stai zitto!!!! Sono stufa! Stufa di essere considerata un oggetto rotto da rimettere a posto. Che ne sai tu dottore, dal bel camice bianco, che ne sai dell'immenso vuoto che c'è dentro di me? Che ne sai della mia angoscia? Che ne sai della mia paura? Niente...Ma hai ragione. Non ti permetto di entrare. Ma sai, io..non lo so, l'altro giorno, c'è stato un momento che ho tentennato sai? Se solo tu lo sapessi... In quel momento ho provato il desiderio di averti vicino. E ho addirittura pensato che forse....forse potevi azzardarti ad avvicinarti nel mio profondo baratro così tenacemente protetto....È stato quando mi sono seduta davanti a te, come al solito. Io tenevo gli occhi in grembo perché non avevo voglia di ascoltarti....ma mentre tenevo gli occhi bassi, non sentivo alcun suono, nessuna parola..Silenzio...Allora...ho alzato lo sguardo e...i tuoi occhi mi stavano guardando. Ho provato un tuffo al cuore... Non era un guardarmi così, tanto per....Tu mi stavi VEDENDO !!!! Finalmente! Qualcuno stava vedendo me!!! Eri lì, in silenzio.. Non avevi paura di me...non mi stavi provocando, e nemmeno compatendo...no...eri lì...semplicemente lì con me...con il mio dolore...

Caro dottore, ora a scriverti è sempre Francesca. Ma 20 anni dopo... Quello sguardo ha sciolto qualcosa in me quel giorno sai? Ma non te l'ho mai detto. Forse te l'ho dimostrato, visto che ora sono guarita.

Ora, vorrei rivolgermi a tutti i dottori. Il silenzio...quanta terapia e cura c'è nel silenzio autentico, nel silenzio vero. Il silenzio arriva laddove non arrivano le parole...Silenzio e sguardo attento: che miscela esplosiva...BOOM!!! Capace di abbattere un muro in un attimo....Consigli, farmaci, terapie, tabelle alimentari, diete personalizzate, esami.....sono tutti rimedi efficacissimi e utilissimi. Altroché!!! Ma non dimenticatevi mai l'importanza di unire a tutti questi metodi "lo stare con" il vostro paziente.. starci realmente . Da ex anoressica e bulimica, vi assicuro che da questa parte, ogni vostro gesto, parola, movimento viene registrato, recepito e catalogato in noi. Vi chiedo di non avere paura. Non avere paura della battaglia che a volte iniziamo anche contro di voi. Siamo noi le prime ad avere paura, se ce l'avete anche voi, dove andiamo?
Siediti, stai con me...se è il caso, tienimi la mano...il sentirti vicino a me è già un balsamo lenitivo per la mia anima ferita...Aiutami ad assaporare non solo il cibo, ma anche il profumo di un fiore. Insegnami a stare lì, a sentirne l'odore, a vederne i colori, a riscoprirne la bellezza...Aiutami ad ascoltare i suoni. Insegnami a stare lì e dare un nome ad ogni suono percepito. Insegnami a ritrovare l'archivio di ricordi dentro di me...Aiutami a toccare una coperta soffice. Insegnami a stare in quel tocco. Insegnami a sentirne la morbidezza e il calore...Aiutami a percepire nuovamente il mio corpo. Insegnami a stare lì a sentire le sensazioni che mi regala...Aiutami a vivere dottore.Insegnami a lasciarmi curare...Aiutami a volermi bene. Insegnami a farlo, volendomene per prima tu.."

Ritornando alla discussione iniziale riguardo il sondino si, sondino no, per me sarebbe bello se non arrivassimo mai al caso estremo del sondino. Ma se è necessario per la sopravvivenza, occorre , sempre secondo la mia opinione, metterlo...Ma non dimenticatevi mai, cari dottori, che non è solo il corpo ad aver bisogno del sondino.. Anche l'anima ha bisogno di essere nutrita.
E ora: "Ciao, mio caro dottore....che mi hai aiutato ed insegnato a credere in me e a spiccare il volo....Ti voglio bene...Mi voglio bene!"

Francesca

martedì 8 novembre 2016

Riflessioni


Capitano notti, notti insonni, in cui ci si ritrova soli, a piangere con i propri mostri, impreparati ad affrontare le paure che questi servono su un piatto d'argento. Hanno volti, ridisegnano gesti e sussurrano, urlano, parole che hanno ferito. E chiedono lacrime, in continuazione, tolgono il fiato, fermano il tempo e i pensieri in attimi eterni, interminabili, di sofferenza.

Sono notti in cui ti fai tante domande - su di te, sulle persone intorno a te, sulla vita, sulla morte - e nessuna risposta sembra riuscire a soddisfarle. Pensi che vorresti accanto qualcuno, qualcuno con cui condividerle, qualcuno a cui raccontare quello che ti passa per la testa, qualcuno a cui stringere la mano nei momenti di difficoltà, qualcuno che stringa la tua di mano quando la strada si fa ripida, qualcuno che ti sussurri 'va tutto bene' mentre ti asciughi le lacrime, qualcuno che ti dica che sei bella, anche quando piangi. Pensi che vorresti, prima di tutto, semplicemente sentire di poter contare su te stessa anche nel silenzio della notte buia.

E sono notti in cui rifletti che ogni giorno è diventato per te una nuova sorpresa, perché quando ti sei disabituata a sentire, ad ascoltare, le tue emozioni e ti stai rieducando a farlo, basta un niente per scoppiare a ridere o a piangere, basta un abbraccio per sentirti accolta dal mondo intero, basta un sorriso per ricordarti che c'è luce, vita, intorno a te. E quel sorriso, anche solo un accenno, che credevi di aver smarrito per sempre, è tornato anche sul tuo volto, che tante volte hai visto riflesso nello specchio, segnato dalle lacrime, sconvolto dalla malattia. Lacrime versate sul sedile di un treno, con la musica a tutto volume nelle orecchie, o accovacciata in un angolino nel silenzio della tua stanza, o ancora, su una bilancia, quasi fosse la tomba della tue fragilità, dei tuoi errori. Lacrime per dare forma, concretezza, al dolore rinchiuso dentro quel corpo fragile che la malattia avrebbe voluto strapparti via, insieme a tutto il resto; affetti, spensieratezza, divertimenti. Lacrime che sembrano essere lì a ricordarti che ancora non hai pianto abbastanza la sofferenza che ha segnato il tuo vissuto, che ancora non hai ne hai attraversata abbastanza per convincerti che anche tu, come qualunque altro essere umano, un po' di rispetto e di amore li meriti, che anche tu puoi concederteli.

Sono le maschere, i mille volti della malattia a gettare nello sconforto, a creare confusione, e nella confusione diventa difficile anche riconoscere cosa merita fiducia e cosa invece no, cosa ti appartiene e cosa invece appartiene alla malattia. Nella confusione diventa difficile riconoscersi, perché nello sforzo di scorgere cosa quelle maschere nascondono dietro per tentare di ricomporle in un'identità, si riesce a vedere soltanto un buco nero, che incute paura. Così, nella foga di seguire i fantasmi della tua mente, quei mostri che ti hanno strappato la dignità di giovane ragazza, hai perso tutto, hai perso di vista te stessa, ti sei persa. E soprattutto, hai perso tempo, un tempo prezioso, quello della giovinezza, che non ti sarà mai più restituito.

Dopo anni e anni di stasi, di immobilità, paralizzata dalla malattia, solo ora mi accorgo di quanto tempo, di quanta vita, la malattia mi abbia privata. Ho sempre respinto l'accusa, spesso rivoltami, di non avere tempo per gli altri, rivendicando che erano gli altri a non avere mai tempo per me. Ho capito che il problema, in realtà, stava a monte: ero io prima di tutto a non avere tempo per me, perché stavo tentando disperatamente di fuggire da me stessa. E se non avevo tempo per Sandra, come potevo averne per gli altri? E come potevano gli altri averne "in abbondanza” anche per me? Trascinata in una corsa frenetica, senza soste, nemmeno di fronte ai segnali di 'stop', ho bruciato tante tappe, ma con esse anche tante possibilità di vita, tante occasioni per vivermi la mia adolescenza, i piaceri e i divertimenti della mia giovane età. Ho sempre fatto gli straordinari, probabilmente nell'illusione che con questo agli occhi degli altri potessi risultare stra-ordinaria, cioè non un comune mortale dotato di ragione e sentimenti, ma un essere capace di spingersi oltre, oltre l'ordinario, e perciò degno di lodi e attenzioni. Come se l'unico modo per sentirsi speciali fosse spingersi verso quell'oltre, verso gesti eroici, non alla portata di tutti; come se l'unico modo per sentirsi "vivi" fosse ribellarsi ad un ordine prestabilito, costi quel che costi, anche la vita. Così mi era stato tramandato dalle esperienze vissute in passato. Strada facendo, è arrivato un momento in cui mi sono resa conto che non aveva più senso rimandare: è arrivato il tempo di dirottare pensieri, energie e sforzi altrove, verso un altro 'oltre', oltre la malattia, nonostante ricordi amari, esperienze traumatiche e vissuti dolorosi richiedono tanto, a volte davvero tanto, tempo per essere digeriti.

Il paradosso della malattia vuole che sia più facile scontrarsi, dare contro, anziché venirsi incontro, evitarsi piuttosto che confrontarsi, nascondersi dietro un piatto vuoto e rifugiarsi nell'isolamento, finendo così per non lasciare entrare nemmeno chi sa accettare le nostre debolezze e vorrebbe provare, anche solo provarci, a sedersi al nostro fianco a tenerci compagnia, nell'attesa che la furia della tempesta si esaurisca e che il sole torni a splendere. Eppure un tempo in cui tutto questo non esisteva, c'è stato. E allora deve esistere anche una possibilità per riscoprirlo. Forse per riscoprire la spontaneità di quei gesti così naturali, così umani – una cena in compagnia, la sincerità di un sorriso, il conforto di una parola amica - bisogna solo ritrovare le 'vecchie, sane' abitudini di un tempo. Forse è solo questione di riabituarsi un po' alla volta al calore della luce, al piacere del contatto umano, alla forza della condivisione, per scoprire che ci si può raccontare agli altri senza maschere, così per come si è, semplicemente se stessi. 

Sandra

domenica 6 novembre 2016

L'amore di un padre

       Maggio 2016: mio padre è venuto a mancare.
L'esperienza del suo trapasso è stata per me molto profonda.
Il rapporto con mio padre è sempre stato molto combattuto.. Ho fatto di tutto per essere vista da lui...ho persino creduto che se smettevo di mangiare, lui si sarebbe finalmente accorto di me......
Le ultime ore della sua vita, io e lui eravamo finalmente insieme. Ancora ho il ricordo della sua mano che cercava la mia. Il tocco di quella mano gelida e allo stesso tempo così piena di "calore"....Mio padre aveva su la mascherina per l'ossigeno e quindi non era in grado di parlare... Ma io ero abituata al nostro non dialogare.... Se ripenso a quante volte ho desiderato che mi parlasse come volevo io...Quante volte sono andata alla ricerca di un suo sguardo..Ma era impossibile tutto questo.  Impossibile per i tanti muri che avevo creato per la mia fottutissima paura di venire rifiutata da lui..
In quel momento, però, ogni resistenza, ogni timore, ogni imbarazzo si è sciolto in me, ed è venuto molto naturale dialogare con lui attraverso la mia anima.....Ho percepito la netta sensazione che la mia anima era in stretto contatto con l'anima di mio padre ..... Ho sentito che, dopo tanta ricerca, lo stavo ritrovando....Paradossalmente, proprio sul punto della sua morte, io l'lo trovato. Ho ritrovato mio padre....È difficile da spiegare con le parole, perché è stato come un percepire un qualcosa che è al di là di ogni comprensione razionale.... Vedevo tangibilmente che il corpo di mio padre stava morendo..... Ma non ciò che era dentro di lui.....
Vedevo la sofferenza di mio padre...Il suo corpo, una volta forte e pieno di vita, ora era lì, sdraiato  in un letto di ospedale..Un corpo di cui la malattia aveva risucchiato tutta la sua linfa vitale.  Nel corpo di mio padre vedevo riflessa tutta la mia sofferenza passata....Quanto ho odiato questo mio  corpo...Quanto dolore gli ho inflitto......Quanto l'ho straziato.....
Sapevo che ci stavamo salutando....sapevo che non avrei più rivisto mio padre attraverso quel corpo....ma ciò che lui mi stava lasciando e mi ha lasciato è qualcosa di grande, di immenso...è l'amore che in tutti questi anni io non sono mai riuscita a sentire ne' a vedere...un amore che, torno a ripetere, non si può  descrivere attraverso le parole....
Mio padre poi ha aspettato che arrivasse in ospedale mia madre, e in quell'istante,  (ricordo ancora vividamente il suo ultimo sguardo) la sua vita si è definitivamente spenta.... Prima di andare a casa, ho voluto avvicinarmi per dargli un mio ultimo saluto....Lì, mi sono accorta che dal suo occhio sinistro stava sorgendo una piccola lacrima..Ho raccolto sul mio mignolo questa ultima lacrima di mio padre e me la sono stretta forte al cuore.....Quella lacrima è stato un dono prezioso...come un dono prezioso è stato essere con mio padre ed esserci potuti ritrovare e salutare......
Ci sono momenti della giornata in cui cerco ancora fisicamente mio padre.....ma se chiudo gli occhi, sento il suo amore per me.....
Le mie sorelle non hanno vissuto la morte di mio padre come l'ho vissuta io...E più volte mi sono interrogata su quanta "fantasia " io abbia messo in tutto ciò...
Oggi ho trovato la mia risposta: non mi importa di sapere l'origine di tutto quello che ho percepito.....Ciò che mi importa è il dono prezioso che ha lasciato in me: non sono più frammentata....una colla dorata ( l'ultima lacrima di mio padre) ha riunito tutti i pezzi che erano  ancora frantumati dentro di me. 
Dietro i miei muri di paura...lui era lì.......Mio padre è sempre stato lì.

Francesca

martedì 1 novembre 2016

E' vita?

Anche questa notte le stelle disegnano un cielo perfetto.
Le guardo, mi guardo intorno e sono avvolta dal silenzio perfetto di questa notte immobile.
Vorrei che domani non arrivasse mai.
Il domani con il suo carico di futuro mi fa paura, mi risucchia tutte le energie, mi svuota, mi lascia inerme e sola ad affrontarlo. Ed io conosco un solo modo per attraversare indenne questo impervio percorso, so che se riuscirò a controllare il cibo ed il peso nulla potrà farmi del male, nulla potrà ferirmi.
Torna la notte. Rassicurante, immobile e perfetta.
E’ solo una breve pausa perché il giorno è alle porte ed io dovrò attingere a tutte le mie forze per riuscire a controllare tutto, di nuovo. E’ un girotondo infinito, pesante, insostenibile.
Voglio smettere di lottare per sopravvivere. Voglio cominciare a vivere.

Daniela