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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

lunedì 15 giugno 2015

Un grazie all'amore



Caro Amore,
a te che inizi con la prima lettera dell’alfabeto,
a te che sei il motivo dell’esistenza di ciascuno di noi…
a te, che sei al centro della vita di tutti i giorni ed, al tuo significato a volte banalizzato
io devo un grazie!
Sì, un grazie perché poco più di quattro anni fa mi hai salvato la vita!
La mia intenzione è quella di rivolgermi a te come se mi rivolgessi ad un’entità concreta, conosciuta… ad un amico. Già, perché solo un amico può aiutarti a vincere un mostro chiamato anoressia.
Ed è per questo che dopo i meritati ringraziamenti, vorrei raccontare a tutti quanti come mi hai salvata.
Ero una ragazzina di 17 anni, uno scricciolo inerme davanti ad una battaglia così dura ma, nei miei occhi, era possibile intravedere l’unico sogno, l’unica speranza… dimostrare, nonostante tutta la sofferenza, la mia grande capacità di amare!
Le giornate sembravano non passare mai, i pasti erano infiniti e, già nel primo pomeriggio, percepivo una stanchezza tale da sperare di riuscire ad arrivare alla sera il più in fretta possibile. Non erano giorni, erano punizioni… non era una vita degna di un adolescente… non era la mia vita! Niente più hobby e passioni, niente più desideri di diventare un medico ed una brava ballerina… niente! Tutto era stato accantonato, reso impossibile dalla mia condizione e dalle mie convinzioni; solo il sogno di conoscere te ogni tanto mi dava quella speranza e quella forza per andare avanti.
Non ricordo precisamente il giorno, ma so che da un certo momento in poi ho capito che tu saresti stato la mia unica occasione… ho capito che avrei potuto combattere in tuo nome.
Ebbene sì, ho iniziato la mia lotta in nome di un grande amore, ovvero quello provato per i miei due meravigliosi genitori, e in nome di un forte desiderio: poter vivere un giorno un amore così travolgente come quello che ancora dopo anni di matrimonio li lega. Non so nemmeno il perché ho iniziato a credere di potercela fare, di poter risalire quel baratro… forse tu mi hai dato una forza, una chance, mi hai permesso di credere nelle poche energie che avevo.
Mi sono aggrappata a te e al sentimento che hai creato per legarmi stretta stretta alla mia famiglia… tu, insieme ai miei genitori mi avevate donato la vita regalandomi quella felicità che ciascuna persona merita ma che pochi riescono a raggiungere. Non potevo rovinare tutto, non potevo far svanire quel legame con la mia famiglia e non potevo nemmeno rinunciare a quel sogno! Meritavo il tuo aiuto per trovare la metà perfetta, quella metà che immaginavo fin da quando ero bambina… sapevo che anche io un giorno avrei potuto formare quella mela perfettamente combaciante che, la mia mamma e il mio papà, continuavano a nutrire giorno dopo giorno.
Non è stato facile… ogni gradino che risalivo rappresentava tanta fatica, tanta sofferenza, ma anche la consapevolezza di lottare per qualcosa più forte della malattia. Cominciavo a rendermi conto del fatto che ora, e solamente ora, mi stavo avvicinando alla mia perfezione, ben diversa da quella che l’anoressia mi spingeva a raggiungere e che pensavo di possedere ogni giorno. Avevo lottato per la mia vita, per la mia famiglia e per la nostra storia… sinceramente questo mi faceva sentire perfetta a modo mio.
Il trascorrere del tempo ha portato quella ragazzina a crescere, a divenire consapevole ed orgogliosa del suo passato… aveva combattuto e aveva vinto! Aveva vinto il premio migliore… la felicità delle persone a lei care.
Amore tu però non hai mai dimenticato il sogno di quello scricciolo di trovare la metà della sua mela… hai, infatti, permesso che costruissi il mio AMORE facendomi incontrare quella persona speciale che avevo sempre sognato e disegnato nella mia mente!
E’ per tutto questo che ti ringrazio e che dedico a te la mia felicità… quando infatti guardo me, la mia famiglia e la mia speciale metà insieme ogni battaglia persa di quella guerra svanisce e penso: “Ho lottato e vinto… ho meritato questa vittoria e vista la ricompensa… ne è valsa la pena!!!”


Michela Olivieri 

mercoledì 3 giugno 2015

Uscire dal coma,pagine del mio diario 20XX



12 aprile
Mia figlia in rianimazione.
15 aprile
Apre gli occhi e mi riconosce, ma quando una dottoressa le chiede «dove sei?», lei risponde «all’asilo!». Pesa 27 chili, è alimentata artificialmente, monitorata con mille aggeggi, non ricorda niente. Io e mio marito Umberto ci alterniamo giorno e notte, non la molliamo mai.
19 aprile
«Ciao nonna Ada!»
Avevo chiesto a mia mamma di venire a vederla visto che l’ha nominata. Le ha fatto un gran sorriso e riconosciuta subito. Ha mangiato. Verso sera sono venuti Sara con Ale, Eve e Mauro, Roberta. Ha chiamato col diminutivo “Sarotti” la Sara, riconosciuto Eve, non gli altri. Stava a guardarli finché scherzavano tra loro con un sorriso grande e gli occhi brillanti, senza parlare.
20 aprile
Ha poca voce, ma è un po’ più lucida, anche se debolissima... Fiorellini profumati sul comodino, le ho portato i primi mughetti e un narciso tardivo, Chopin nel lettore CD, cannette, sondino, ospedale… Tutto mescolato e non sono infelice. Sono normale?
Ho passato e passo momenti di ansia da crampi al cuore, come stamattina presto appena sveglia, crampi alle gambe e al cuore. Altri momenti di disperazione, e telefono, e cerco finché non mi accorgo che mi sto dibattendo, e rischio di affogare sul serio e devo controllarmi, fidarmi anche un po’ del mio istinto, convincermi che sto facendo non solo del mio meglio, ma forse tutto il possibile.
21 aprile
«Ho fame. Ho fame!»
Così stamattina  si è svegliata, sfinita... Nella tragedia, ha dimenticato anche di essere anoressica. Non avevo niente da darle da mangiare ed il bar apriva alle 8. Ha pianto, ho tirato avanti con qualche caramella e poi è arrivato il papà, con uno yogurt da casa.
Quando si agita, si emoziona, farfuglia, almeno spero sia solo questo, così si è aggiunto questo problema, oltre alla fame, ad innervosirla.
Hanno deciso di sospendere l’alimentazione via sondino per lasciarla mangiare come vuole, ma senza affaticare il cuore e rischiare...  «Vorrei tentare di finire per ricominciare…» dice lei,  «Cioè?» cerco di farmi spiegare. «Anche adesso, finire per ricominciareee!!!»
Chissà che pensieri le passano per la testa. Ansia, a cosa si riferisce? Ho cercato di spiegarle che le sono come saltati i tappi, le valvole, di sicuro qualcosa è ripartito. Ha ribadito «Vorrei finire, concludere. Dobbiamo pensare alla colazione.»
Penso si riferisca al tempo, al semplice cominciare e finire della giornata, ho tentato di spiegarle che essendo sempre a letto e quasi sempre con la stessa luce non vede il passare delle ore: «Ora è sera, hai appena mangiato, tra un po’ sarà buio, si dormirà e domani ci sarà la colazione.»
22 aprile - 10 di sera
Ho appena preso uno spavento. Alice non mi rispondeva, sono accorse un’infermiera e una dottoressa e mi hanno spedita fuori. Ha riaperto gli occhi e dopo ha anche risposto. La situazione è critica.
Oggi mi ha farfugliato «Quando posso venire a casa?»
«Certo appena ti riprendi, e ti tolgono qualche tubetto. Cos'hai di bello da fare a casa?»
«Tutto!»
«Dimmi una cosa almeno!»
«Andare a cercare le galline!»
Ho cercato di suggerirle: «e magari a prendere un po’ di sole in giardino, scommetto che ti è venuta persino voglia di tagliare l’erba…»
Mi ha risposto a cenni, ma per l’erba il no era sicuro.
23 aprile
Alice ha nominato per la prima volta la ginnastica. Non capisco perché l’ha associata al coma.
«Ti ricordi quando sono stata in coma?»; io le rispondo di sì, glielo avevo appena detto, del resto. Lei di tutta risposta: «Ma no, prima, quando facevo ginnastica!!!»
24 aprile
Notte da spavento per Umberto, che non mi ha svegliata, ma chiamata prestissimo perché Alice mi aveva cercata tanto. «Chiama la mamma perché tra 10 minuti muoio!», diceva.
Appena arrivata l’ho rassicurata… E lei «Sto morendo, ma forse ci vorranno più giornate.»
I medici mi dicono che è grave, ma non così grave… Che la crisi che ha avuto era quasi psicologica (rigida e affaticata nel respirare), quasi il respiro lo trattenesse lei. Continua a farfugliare.
25 aprile - notte decente, dalle 4 alle 6 ha dormito
Nel pomeriggio mi ha parlato di boschi con alberi e pini, le ho ricordato quelli di Buse, e poi di un giardino di giacinti e mughetti. Le ho raccontato com'è ora il nostro, e di come Ettore e Penelope i nostri gatti, rincorrono le galline e si è messa proprio a ridere. Dopo la cena si è lamentata del menù della giornata, così le ho promesso che appena sarebbe stata bene l'avrei portata da “Cencio”, dove fanno il budino di tarassaco. Lei  «Appena sto bene voglio la pizza!»
Il discorso è poi passato ai cavalli e al fatto che appena potrà lei farà “tutto”.
Verso sera, forse per troppa stanchezza, insisteva perché le aprissi la porta già aperta, e farfugliava di un altro piano, agitandosi perché io non capivo.
Ha chiesto la TV! Al telefono ha salutato con un bel ciao Luisa che mi aveva chiamato per sentire la situazione, facendola felice.
27 aprile
Ieri… Ha riso ad una battuta della reclam di un film “Come siamo piccoli di fronte a tutto questo!”, fa un ragazzotto sotto il cielo stellato, e la ragazzina “parla per te!”
Mi sono sentita subito gonfiare di pianto, ma quasi liberatorio. L’ironia. Ha riso ad una battuta ironica. C’è, mi dico, sta tornando! Ma è fiacca, il polso 126.
L’ho portata fuori con la sedia a rotelle. Abbiamo incrociato una mamma col bimbo in passeggino, lei ha fatto ciao con la mano come fosse anche lei piccola così.
5 maggio
Ora è presente, affamata anche di attenzione. Sono giorni pieni, con lei che parla e mangia in continuazione. Per distrarla camminiamo, con lei in carrozzina, in lungo e largo per l’ospedale.  Non so dove trovo la calma e la pazienza, anche perché ha scatti d’ira e d’insofferenza. Torno a casa ed ho attacchi d’ansia e agitazione. Appena torno da lei funziono.
Ieri ho pure trasgredito: sono uscita dall’ospedale per visitare il Parco Treves, lì vicino…
17 luglio
Bella serata, seduti fuori del caffè Pedrocchi di Padova. Ruggero Robin suonava jazz con la sua band così Anna ci ha radunate. Ho bevuto un margarita pensando all'aria di Cuba.
Mi hanno subito chiesto della mia nuova “biondezza”, e le amiche mi dicono che i bianchi si notano troppo, infatti l’idea è di non nasconderli più. Mi sto abituando, anzi mi fa sentire quasi a mio agio, mi sembra quasi un vezzo lasciar trapelare i bianchi tra le meches un po’ più scure. Mi viene quasi da dire: «perché nasconderli, me li sono guadagnati!»
Luglio
Scambi di pensieri via SMS. Alice ancora ricoverata.
Io ad Alice:
-E’ la vita che
entra ed esce
da noi
girovagando
curiosa
Le piace
sorprenderci
con anonime gioie
che forse dal dolore
non distingue…
Vuole la porta aperta e
abbandono.-
Alice a me:
-Esser(ci)
Col silenzio
urlo nell'aria
di vento che-
oro non è l’andare
ma- almeno fermi
riuscir(ci) a stare…-
Io in risposta:
-Niente da fare
col verbo fermare
Equilibrio andante
mosso, allegro con brio
grave, pesante
Ma andare
Nel tondo del mondo
Nell'incommensurabile
Nel nostro profondo
A volte inerzia
Esser-ci
come cosa
dal mondo in viaggio
dimenticata
apparentemente
Qualche girotondo
e al “tutti giù per terra”
a “cascare” pronti
Alla resa
di parole carichi e
niente guerra!
E ancora andiamo, lente ma andiamo-

Marina Grigolon