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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

martedì 28 febbraio 2017

L'alba è chiara



Ti alzi una mattina, ti guardi allo specchio, ti trucchi soddisfatta: hai nel tuo beauty la migliore cosmesi: lavori, guadagni e non vuoi rinunciare a ciò che ti piace.  Palestra. Abiti semplici. Un filo di eye liner, il cane che ti lecca i piedi. E quindi? Cosa c’è che non va? Ti sei svegliata tardi, perché comunque da anni il risveglio è sempre difficile, perché quella cappa depressa ti sorprende appena apri gli occhi, non lo sai perché, sarà perché vivi sola, sarà perché a colazione hai voglia di dolce ma poi sai che se cominci così la giornata è persa… pensi a tutte le cose che devi fare come se fossero impegni pesantissimi…e che magari sì, questa mattina starai a casa...crogiolandoti un po’ nel tuo malessere muto. Non parla, il tuo malessere. La bocca la apre solo per mangiare. Già. Lei, Mia. Da sette mesi è tornata ma è stata così silenziosa da rimettere sul contorno della tua figura otto chili in più… da settembre. Ottobre…dicembre…febbraio… l’altra mattina ti sei svegliata, era una mattina più o meno come questa, qualche settimana fa. Un'alba chiara, nella quale hai capito che lei c’è di nuovo, che ti lasciata in pace qualche mese ma poi silente, approfittando del fatto che hai finalmente incontrato l’amore dei cinquant’anni vero e profondo, del tuo bel lavoro, delle cose che ti piacciono e che quindi ti distraggono… ecco lei ne ha approfittato… andando ad aprire quel vuoto ancestrale che tu, nei mesi passati, negli anni, hai sempre pensato fosse colpa delle cose che non vanno come vuoi. Ma ora? Ora tutto va come vuoi. Eppure lei è lì. Appena entri in casa ti aspetta con la prima cosa mangereccia disponibile, accompagnata magari da martini bianco, e tu ancora col cappotto addosso, ingurgiti. Sei scollegata da te stessa. Sono settimane che hai cominciato a mangiare male, senza controllo… che ti sfianchi in palestra per bruciare cioccolata fontina biscotti…due giorni a barrette, un giorno a panettone. Ti senti sciocca perché sciocco è questo tuo conflitto con il cibo ma poi pensi che potrebbe essere l’alcool, il gioco, lo shopping.. qualsiasi cosa che riempia…sì ma cosa? Quel vuoto ancestrale, appunto, la carezza, l’attenzione, la coccola, il vizio dell’infanzia non concesso, esser cresciuta troppo presto, il cibo mangiato di nascosto… dì la verità, ti sei accorta di esserci ricascata quando l’altra sera ti sei chiusa in bagno con il cibo. Per strafogarti di nascosto? Ma da chi, se non dal cane che ti guarda coi lucciconi mentre mangi perché ne vuole un po’ anche lui? Eccoci dunque, di nuovo in campo, tu e lei… lei ed io. Perché è come un grande campionato a gironi lungo una vita, questo con Mia che non si ferma mai. Cara…Mi hai incontrata all’uscita della scuola 38 anni fa, e non te ne sei più andata. Ora ti conosco, non ti ascolto, ma tu cambi strategia. A te ho affibbiato l’immagine del dolore e invece no, ti presenti nei momenti di gioia, quando io sono poco attenta…e gusti, gestualità, quantità vanno a riempire… quel vuoto dentro il quale guardare è impresa biblica per ogni umano. Si ricomincia. Un tempo mi sorprendevi a dire “non ce la faccio” adesso dico “va bene, sei tornata, ma io sono in gamba e non mi freghi. Vaffanculo. Ti prenderai la soddisfazione effimera di qualche imbarazzo davanti a grammature scappate dal controllo salutare che ho imparato. Ma poi te ne andrai. Perché è solo questione di tempo, ma vinco io”. 

Albachiara

sabato 11 febbraio 2017

Aspettando domani: da domani smetto...



E' oggi 'domani'?

"DA DOMANI SMETTO. Da domani smetto di saltare i pasti, di addossarmi tutte le colpe, di pesarmi di continuo, di percorrere a vuoto km e km, di contare le calorie, di trovare scuse, di buttare il cibo, di nascondermi, di affamare il mio corpo, di sfamare il mio istinto masochista, di cercarmi nello sguardo altrui, di rimproverarmi ingiustamente, di dire no al cibo, agli amici, alle feste, ai sogni, di dire no alla vita.
Ancora un giorno e poi basta. Ancora un giorno e poi da domani smetto. Da domani smetto."

DOMANI ARRIVA.
E' ora di smettere.
Ci provi...
...ma non ci riesci.
Non smetti. NON RIESCI A SMETTERE.

DOMANI ARRIVA E TU CONTINUI. Continui imperterrita ad ubbidire a testa china agli ordini del tuo io più severo, che tenti d'interrogare ma che non sembra disposto a collaborare. Continui, aspettando un altro 'domani', posticipando di continuo il tuo 'domani' a domani, ancora e ancora. E di domani in domani passano i mesi, gli anni, al punto che il tuo 'domani' svanisce, si dissolve nel buio che ti accerchia, te ne dimentichi. Ma non può durare a lungo, del tuo corpo non puoi dimenticarti a lungo, perché anche se tenti di ignorarlo, lui è forte, è forte anche quando è debole, anzi, diventa tanto più forte quanto più è debole, perché si avvale dell'aiuto di un'alleata che non teme scontri e non conosce freni, la malattia. Meno gli dai e più lui chiede, meno ti curi di lui e più lui implora pietà, meno assecondi i suoi bisogni e più lui si ribella contro di te. E non se ne sta zitto, cerca una via di fuga qualunque per far sentire la sua voce, manda segnali di fumo, per ricordarti che c'è: che a te piaccia o meno, che tu lo voglia o meno, che tu lo accetti o meno, il tuo corpo c'è. Tu ci sei, tu sei. E ti chiedi chi sei, ti chiedi come sia possibile essersi allontanati così tante miglia da se stessi da non riconoscersi più, da non volersi più. Tu sei anche quel corpo che talvolta ti stringe addosso. E invece che sentirtelo stretto, tu vorresti dargli aria, permettergli di respirare. Tu vorresti sentirti degna, degna di quel corpo: il tuo corpo, con tutte le sue medaglie, le sue ferite, le sue cicatrici, da poter schierare senza timore davanti agli altri, con gli altri. Tu vorresti sentirti degna di rispetto, di cure, di attenzioni, di ascolto, degna di amore.
Ma allora perché continuare ad aspettare 'domani'? Perché non spezzare il cortocircuito quotidiano facendo del 'domani' il tuo 'oggi', anticipando ad oggi il tuo domani, riconquistando quella dignità che dovrebbe spettarti di diritto in quanto essere umano?

"DA OGGI SMETTO. Smetto, senza scuse, senza incertezze. Smetto perché io voglio smettere, e se lo voglio, posso farlo, perché sono IO che scelgo che voglio smettere."

DOMANI ARRIVA MA IO CONTINUO: continuo la ricerca del 'mio oggi'.

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Oggi ho smesso, ho smesso di aspettare 'domani': ho iniziato a costruirlo ripartendo da me, dalla mia sofferenza, dall'affetto che mi sono sempre negata. Lo sto costruendo giorno dopo giorno, caduta dopo caduta, anche, e soprattutto, grazie all'affetto di chi ogni giorno mi accompagna in questo viaggio chiamato Vita e mi ricorda che lottare, per quanto faticoso sia, vale davvero la pena.

Sandra

venerdì 3 febbraio 2017

Scoprirsi fragili


Quando la malattia s'insinua nella tua vita, inizi a credere che per sentirsi vivi si debba sempre e necessariamente passare per il dolore: se non soffri, sei invisibile. Ecco che allora la vita diventa una gara a chi sta peggio: più soffri, più ti senti il male addosso, e più ti sembra di sentirti "viva", più ti nascondi e più ti sembra di proteggerti, più tenti di svuotarti (mangiando sempre meno, sentendo sempre meno) e più ti sembra di essere 'potente' e padrona della situazione. TI SEMBRA... Ma quella potenza in realtà è solo illusoria: uno scudo difensivo, un MURO che la malattia innalza tra te e il mondo, per proteggerti dai colpi e dalle colpe (anche e soprattutto quelle inesistenti, quelle che la 'voce' malata impone di vedere) ma per trascinarti via dalla vita vera verso qualcosa di ancora più doloroso, un'agonia quotidiana. Quante volte ho sbattuto contro quel muro nel tentativo di sfondarlo, non capendo che invece il muro va smantellato un po' alla volta, mattone dopo mattone! Ed è solo quando si inizia a smantellarlo che oltre quel muro s'intravede l'alba di una vita nuova, la possibilità di una direzione alternativa, la propria alternativa.

La malattia ti risucchia in un vortice di rituali ossessivi a cui pian piano ti abitui, al punto tale che nemmeno ti accorgi più di aver perso il controllo. Per aderire ad un'ideale di apparente perfezione e di illusoria onnipotenza, ci si ritrova a nascondersi, a fuggire per rintanarsi nella gabbia delle privazioni, a sentirsi in dovere di mettersi a tacere e di annullarsi: semplicemente 'IN TRAPPOLA', ti ritrovi intrappolata in schemi di comportamento rigidi, inflessibili, logoranti. E ti senti frantumare in mille pezzi per quel terribile senso di impotenza di fronte alla tua stessa vita, in balia di una forza che manovra ogni tua mossa, senza lasciare possibilità di replica. Ti trascini a fatica, ti lasci trascinare dalla malattia verso il buio più profondo. L'unica cosa in grado di definirti, di definire la tua identità, sembra essere la sofferenza che ti porti addosso, che ti porti dentro, scritta nel volto sconvolto dal pianto che non lascia tregua, nello sguardo spento e offuscato dalla lente della malattia, che altera e distorce la percezione della realtà al punto che non riesci più a vedere e a sentire il tuo corpo, o lo senti sempre e comunque troppo "ingombrante". Vivere il disturbo alimentare è ricordarsi e al tempo stesso dimenticarsi di avere un corpo, tentare di ignorarlo, tentare in ogni modo di mettere a tacere i suoi bisogni, riversare su di esso tutte le proprie paure per (non) dare voce al proprio malessere. Ma quando quel corpo grida che non ce la fa più ad obbedire, quando urla che le catene in cui la malattia lo ha imprigionato stringono troppo, ci si accorge di essere vulnerabili, fragili, tutt'altro che 'potenti'. E una volta che ci si è scoperti fragili, per non soccombere all'impulso violento e spietato della malattia, bisogna trovare il coraggio di affrontare il dolore a cuore aperto, quel dolore che affonda le sue radici più profonde nel nostro passato, nella storia della nostra vita.

Scoprirsi fragili costringe a togliersi la maschera dell'invincibilità e a guardarsi "nudi", impauriti, indifesi all'apparenza, ma per potersi (ri)scoprire forti anche senza quella corazza che crediamo possa renderci imbattibili, invisibili, e che protegge ferite profonde; quella corazza che difende, ma al tempo stesso separa e allontana. E allora ci si rende conto che la malattia, che nei momenti bui appare come un rifugio sicuro, protetto, in cui trovare riparo, è diventata in realtà una prigione, una gabbia che isola dal mondo, soffoca, opprime e oscura ogni luce: ci si ritrova soli, tristi, a piangere in silenzio, mentre tutto intorno sembra sfuggire e scivolare via…
Poi arriva il giorno in cui ti fermi, sei costretta a farlo, e d'improvviso ti sembra di non conoscere più nulla di ciò che ti circonda, di non conoscere più te stessa. Ti guardi alle spalle e vedi giorni, settimane, mesi, anni volati via e non ti riconosci più, tutto ti è estraneo. E ti chiedi dove ti sei fermata, dove ti sei smarrita, dove e quando hai perso la cognizione del tempo e dei fatti, dove ti sei distratta e HAI LASCIATO SCIVOLARE VIA LA VITA. Le lacrime dietro cui ti nascondi, scendono a ricordarti che anche tu sei viva, che anche tu provi qualcosa, sebbene sia solo dolore; a ricordarti che forse così felice poi non sei stata per il raggiungimento di tutti quei "successi" per i quali, in nome della legge del dovere, hai lavorato tanto, hai sacrificato tanto, troppo. HAI SACRIFICATO TE STESSA. E di tutti quei sacrifici ti sei ritrovata a raccogliere i frutti, ma anche i cocci.

Con il passare del tempo ho capito che continuare a scappare, a fuggire nel tentativo di evitare lo scontro con il mio dolore, non sarebbe servito a nulla: quel dolore bisogna attraversarlo, dargli anima e corpo per rimpossessarsi di quella pulsione di vita vera che c'è - c'è sempre finché c'è vita - in fondo al cuore ma che la malattia impedisce di ascoltare. Per dare peso a quella pulsione ho dovuto toccare con mano il "mio fondo", per scoprire che quell'energia ci sarebbe stata comunque, che non mi avrebbe abbandonata nemmeno nel buio più profondo: se ne sarebbe stata in un angolino ad aspettare fiduciosa che tornassi a raccoglierla e a prendermene cura.

La malattia è vivere sempre 'IN BILICO': sei sempre costretta a vivere 'in sordina', a tarparti le ali per timore di sbattere contro il muro e spezzarle. Sempre trattenuta, legata, imbavagliata da quell'istinto intransigente, che non concede nulla, che ti minaccia, ti condanna, ti "divora" lentamente. E' quell'istinto da cui diventa poi così difficile distaccarsi e differenziarsi perché nonostante la sua violenza, quando il buio ti assale appare paradossalmente rassicurante, protettivo, accogliente. Credo che la vera sfida nella lotta contro la malattia sia andare contro quell'impulso ormai dominante che scandisce le tue giornate, per riscoprire il desiderio: il DESIDERIO DI PERDONARE E DI PERDONARSI, DI FARE PACE CON LA MALATTIA PER POTER FARE PACE CON SE STESSI, con il proprio corpo, i propri difetti, le proprie imperfezioni, i propri errori, e ritrovare la fiducia nelle proprie risorse, quella fiducia indispensabile per tornare ad abbracciare la vita.  

Dopo tanto tempo, dopo tante rinunce, ho capito che l'unico modo per salvarsi, per cominciare a (ri)costruire una vita più serena, è ACCETTARE DI AFFIDARSI a chi è disposto a guidarci, DI FIDARSI di chi è in grado di fornirci gli strumenti, le "armi", per uscire vittoriosi dalla lotta contro la malattia. Così ora, giorno dopo giorno, nel mio percorso di cambiamento, impegnata in questa faticosa lotta, sto lavorando per ritrovare quello che ho perso, quello che la malattia si è portata via, perchè mi ha portato via un pezzo importante della mia vita senza avere il diritto di farlo, e nessuno potrà più restituirmelo. Sto lavorando per riconquistare tutti i diritti che mi ha negato, per trovare tra gli infiniti modi di dare un senso al vuoto che ha scavato, il mio, per poterlo colmare di parole, sensazioni, emozioni, esseri umani. Sto scoprendo che tra gli estremi di amore e odio ci sono infinite declinazioni possibili dell'uno e dell'altro, quelle sfumature che danno un senso alla vita e la rendono degna di essere vissuta fino in fondo, ogni singolo istante. Sto scoprendo i limiti e le possibilità che si nascondono dietro il muro della malattia, per vincere le mie resistenze al cambiamento, trovare la forza di rialzarmi e tornare finalmente a camminare 'IN EQUILIBRIO', libera dalle catene e dalle costrizioni della gabbia in cui per anni mi sono barricata. Sto investendo le mie energie per dare voce, per dare un valore, un peso, a tutto ciò che sento, ciò che penso, ciò che sono, PER CONQUISTARE LA LIBERTA' DI ESSERE, senza troppe paure e senza troppi vincoli, SEMPLICEMENTE ME STESSA.


Sandra

giovedì 2 febbraio 2017

La paura



Ogni giorno mi vesto, mi preparo ed esco per affrontare la mia giornata. Poi....capita quel giorno che non ho alcuna voglia di alzarmi. Come oggi...Vorrei starmene a letto, avvolta nel caldo tepore del piumino. Vorrei tenermelo stretto addosso questo piumino...sento che mi avvolge, mi protegge, mi dà calore, ma soprattutto, sento che mi nasconde. Sì, mi nasconde da questo mio corpo....Questo corpo così spesso dilaniato, odiato, controllato nei minimi dettagli. Mi vedo, lì, davanti allo specchio intenta a  scrutare minuziosamente ogni mio centimetro di pelle. Ogni sera il solito rituale, controllare che tutto corrisponda ai rigidi parametri fissi nella mia mente. Non un centimetro di più...altrimenti....sono guai .....
Ora sono sempre qui, sotto il piumino. Sento che oggi non ce la faccio proprio ad alzarmi per affrontare questo mio assurdo delirio di controllo.....Però devo....Devo....Perché fuori c'è la vita che, anche se in questo momento mi fa maledettamente schifo, lei è lì che mi aspetta...Peccato che per me vita sia diventata il  sinonimo di lotta con il cibo. Una lotta che mi gioco tra il tutto e il niente. Tra l'abbuffata e il non toccare nulla. Quando mi abbuffo, il dolore mi sembra quasi anestetizzato. Ho meno paura del vuoto che ho dentro, la mia testa è leggera, quasi in estasi...e il corpo, si sente finalmente libero da ogni mio divieto imposto...Ma dura poco. Puntualmente arriva il mio senso di colpa. Mi sento un'inetta, un'incapace e mi faccio schifo....Basta. Da adesso non tocco più cibo. Passano le ore...tante ore... Ho di nuovo il controllo su tutto...Niente può scalfirmi, niente può farmi male..Ma anche qui, dura poco...perché....perché io in realtà ho fame..il mio corpo ha fame...ma niente riesce a saziarmi davvero...È un inferno qui dentro di me... Non capisco nulla, non so che fare...non so che cosa voglio...se voglio qualcosa.. Mi sento persa, non ho riferimenti...sento che da sola non ce la faccio più a sostenere questi ritmi...sto male....AIUTO!!!!!! Ma aiuto a chi? Sono bloccata in questa straziante altalena che mi sta portando in una solitudine senza fine...una solitudine senza argini....una solitudine che non posso contenere nel mio corpo... non ce la faccio...non la voglio dentro di me. Non voglio sentire questa solitudine!!!!!! No......È un vuoto che mi spaventa....mi fa male...È un vuoto che mi toglie il respiro. Non so neppure più come è fatto il mio respiro. Non riesco neanche più a distinguere cosa c'è nel mio corpo. Qualsiasi cosa ci sia, la rifiuto. C'è in me un totale rifiuto di tutto. Ogni giorno, credo di potermi difendere, anche fino a poco fa lo credevo..ma non c'è difesa che regge questa mia paura...lei è più forte di me. È l'unica che sopravvive al mio non sentire. La paura è costantemente dentro di me....
Poi, è arrivato un giorno in cui mi sono accorta che la mia paura poteva diventare invece una mia alleata. La sua presenza era diventata così invasiva dentro di me che, spinta dal forte desiderio di non sentirla più, sono andata avanti. Appena cadevo, appena c'era in me un momento di crisi, lei eccola subito pronta a riprendersi tutto lo spazio perso. Ed è lì...è  lì che misono sentita  spronata a non mollare. Paradossalmente, la paura ha fatto nascere in me la forza per superare la paura stessa. Sapevo che appena lei si mostrava a me, ero sulla strada giusta verso la guarigione. Si , perché lei era l'ostacolo necessario a me per andare oltre...oltre la solitudine, oltre il vuoto, oltre il dolore, oltre la malattia....Sono andata oltre...e ho incontrato  la VITA!!!!!!

Francesca