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lunedì 23 ottobre 2017

In un angolino


A distanza di tempo e con la mente lucida e funzionante mi chiedo: "A cosa è servito tutto quel dolore? Tutta quella ostinazione diretta solo verso quel numero?"
Forse oggi l'ho capito, magari non pienamente, però ora una visione parziale di quello che è successo posso dire di averla. Ho passato gli ultimi 3 anni in un inferno, in una gabbia dorata che all'inizio mi faceva stare bene, mi dava sicurezza, mi faceva sentire forte e indistruttibile, senza rendermi conto che se pur dorata sempre di una gabbia si trattava e che quella che stava diventando indistruttibile era l'anoressia e non io. E' stata come una caduta vertiginosa e velocissima verso un abisso dal quale non riuscivo più ad uscire, e nel quale all'inizio non mi rendevo nemmeno conto di essere caduta. 40, 38, 36, 35, 34, e 33 kg; dolore e confusione. Ossa che facevano male, calcoli infiniti di calorie introdotte meno quelle bruciate, 10 chilometri al giorno, doccia fredda per bruciare più energie. Poi le crisi dissociative, l'autolesionismo e una fase di binge mai ammessa e mai accettata. Un incubo che sembrava non finire mai.
Ho pregato per mesi di non svegliarmi più, che senso aveva alzarsi la mattina per dar vita a quel rituale ogni giorno identico a se stesso? Che senso aveva continuare a vedere il dolore negli occhi dei miei genitori senza riuscire a provare nemmeno dispiacere se non rabbia e voglia di continuare ostinata verso la mia meta? Che poi prima non lo capivo, ma ora lo so, la mia meta era lo 0, il nulla, il vuoto, la pace, la fine. Perché?
Perché non riuscivo ad accettare le mie debolezze, quelle che ognuno di noi ha, perché non riuscivo ad elaborare che nella vita possono accadere cose di cui non siamo responsabili ma che ci vedono solo come vittime, perché ostinarsi in qualcosa che mi riusciva probabilmente più facilmente era più semplice di affrontare la realtà, però è in questa realtà che vivo, che viviamo tutti, e allora ho capito che per morire c'era sempre tempo, mentre quello che mi restava per vivere in quelle condizioni stava per scadere. Oggi sono una studentessa di psicologia al primo anno, oggi ho degli amici, ho una persona vicino che forse potrebbe volermi bene per davvero, oggi cucino e mangio a seconda di quanto ne ho voglia e necessità, oggi non cammino più per raggiungere i 10 chilometri giornalieri ma perché fare una passeggiata mi fa stare bene e mi rilassa.
Ci sono voluti anni per avere i primi risultati, e le ricadute sono sempre state dietro l'angolo, ma la fame di amore che avevo per la vita ha superato la forza dell'anoressia e l'ha buttata in un angolino, nello stesso angolo dove ero stata io per anni senza capire che stavo solo sopravvivendo e non vivendo.
Con l'aiuto e con l'amore possiamo tutti tornare a riprenderci la nostra vita, non sarà di certo una passeggiata piacevole e senza inciampi, ma anche questo renderà la vittoria finale ancora più bella e scaccerà finalmente via la voglia di tornare a chiudersi in quella gabbia che toglie l'ossigeno e a lungo andare la vita.

Giorgia

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