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giovedì 2 agosto 2018

A mia madre


Oggi ho accompagnato, come di consueto, mia madre al cimitero per portare il quotidiano saluto sulla tomba di mio padre. Mia madre arriva, si pone davanti alla foto di lui, e mentre io sto cambiando l’acqua ai fiori, lei lo saluta. Lo fa in maniera delicata, intima, lasciando trasparire l’amore e il sentimento che l’ha unita una vita intera a quell’uomo che da due anni e mezzo non c’è più.
Durante il tragitto di ritorno però, qualcosa è cambiato rispetto agli altri giorni e abbiamo incominciato a parlare di quando ero piccola. È stato strano per me riportare la memoria a quei momenti non richiamati direttamente da me, ma raccontati attraverso le parole di mia madre. All’improvviso, è come se fossi stata inondata da una dolorosa malinconia che arrivava dall’aver visto nitidamente la sofferenza di mia madre. Una sofferenza che mi è arrivata come uno” schiaffo” in pieno volto nel vedere il suo rammarico e senso di colpa per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. I miei genitori hanno trascorso tutta la loro vita a lavorare per assicurare a noi quattro figlie un certo futuro economico, ma per farlo, hanno dovuto sacrificare il loro tempo da trascorrere con noi. Io e le mie sorelle, siamo state cresciute dalla nonna paterna che è stata la classica nonna matriarcale che dettava legge in modo severo e autoritario e che, purtroppo, ne sono consapevole solo ultimamente, soffriva di un disturbo dell’alimentazione. Ricordo ancora vivamente il cibo nascosto negli armadi della sua camera dove si chiudeva a chiave per mangiare senza essere vista e sgridata per le conseguenze che allora si credeva fossero solo legate al diabete.
L’antica rabbia che ho sempre provato ricordando il passato, oggi non ha avuto modo di esprimersi perché lo “schiaffo” ricevuto nel vedere tutta la sofferenza di mia madre è stato più forte. Era lì, piccola, indifesa, racchiusa nel suo corpo curvato e indebolito dallo scorrere degli anni e dalle fatiche sopportate, eppure, nella sua delicata fragilità, era ancora lì presente, con la forza dignitosa che caratterizza solo chi ha attraversato enormi tempeste.
Ora mi ritrovo qui a scrivere, e mentre lo faccio, sento rifiorire dentro di me il prezioso senso del  perdono.
Per anni ho provato astio per non aver avuto i miei genitori vicino nei momenti di bisogno...
Per anni mi sono rinchiusa nell’illusoria gabbia dell’anoressia, rifiutando qualsiasi contatto esterno per la paura di non essere vista ed essere abbandonata.....
Per anni ho creduto di non essere amata perché non degna di amore...
Ma oggi mia madre mi ha regalato un dono prezioso: la vita non è solo sofferenza, non è solo sacrificio, non è solo malattia, non è solo solitudine, non è solo rabbia....C’è sempre l’altra faccia della medaglia....che ci dimentichiamo spesso di andare a vedere....e dall’altra parte della medaglia c’è l’amore.....l’amore con il senso profondo della vita....
Grazie mamma.

Francesca

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