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mercoledì 31 luglio 2019

Per la mia vita


Dedicato a me stessa,
Perché per una volta, nella vita, ho scelto me.
”  

Una volta, in un sottile corridoio d’ospedale,
scrisse una lettera,
e la intitolò “Per l’anoressia”,
perché Lei era la sua migliore amica.

Era l’anno in cui i suoi voti erano eccellenti
e tutti la invidiavano per questo,
l’anno in cui poteva stare settimane assumendo le calorie di una mela,
e la sua forza di volontà era nota a tutti.
l’anno in cui gli allenamenti di ginnastica si intensificarono,
e lei cominciò a preferire un’ora sul tapis roulant, piuttosto che una pizza con le amiche.

Una volta, chiusa nella sua camera,
provò a scrivere una lettera e la intitolò “Inverno”,
perché quella era la stagione che stava vivendo.

Era l’anno in cui ogni briciola pesava un quintale,
ei mostri sotto il letto, ormai, erano diventati bocconi di pane.
Le sue amiche la sorpresero con due dita in gola,
e suo padre non era mai in casa, e non si parlavano.
Era l’anno in cui qualsiasi problema sembrava scomparire insieme ai chili persi,
e lei cominciò ad evitare le sue festività preferite come fossero la peste.
Era l’anno in cui teneva in mano pacchetti di cracker,
pieni di speranze di educatrici, medici e professori,
pronti per essere buttati al primo cestino.

Una volta, nello stesso letto d’ospedale,
scrisse una lettera e la intitolò “Perché?”,
perché quello era il quesito che si poneva su di lei.

Un medico le si avvicinò e le ripete che i suoi parametri vitali erano in collasso,
ma questo non le importava.

Era la volta in cui un infermiere le infilò violentemente una flebo in vena,
E lei urlò così tanto pur di non avere un liquido che la mantenesse in vita.
Era l’anno in cui le sue speranze morirono,
e lei dimenticò di contare i secondi prima di piangere.
L’anno in cui le fu imposto di smettere ginnastica ritmica
e perse un anno di scuola, perché non aveva le forze per continuare.
Era l’anno in cui fu portata in casa famiglia,
ma non le importava, perché Anoressia era più forte,
l’anno in cui tutti le chiedevano di mangiare e lei s’infuriava se glielo chiedevano.
Alle tre del mattino, si infilava nel letto,
si toccava le ossa,
e piangeva.

Ecco perché,
chiusa in un centro per disturbi alimentari,
provò a scrivere un’altra lettera
e la intitolò “Per la mia vita”.

E si sorrise, per aver trovato il coraggio di aver provato a salvarsi
E si abbracciò, così come si abbracciano le cose belle.

Chiara


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